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Lamberti Amato - 14 settembre 1991
(8) Antimafia? ANTIPROIBIZIONISMO!
AMATO LAMBERTI, sociologo, direttore dell'Osservatorio sulla camorra di Napoli

SOMMARIO: »La legalizzazione della droga sarebbe la strada maestra per colpire il motore dello sviluppo mafioso, ma sarebbe anche la strada maestra per ridurre drasticamente il consumo di droga . »Non bisogna dimenticare che l'espansione di tutte le mafie nel Mezzogiorno si lega anche all'incapacità dello stato di assicurare un reddito alla popolazione marginale, di controllarne la conflittualità, ed al meccanismo che è stato trovato per governare queste due questioni che è quello di delegarne il carico alla Mafia, alla Camorra, alla 'Ndrangheta .

(»Antiproibizionismo sulla droga e politica criminale contro la mafia dopo l'assassinio di Libero Grassi a Palermo - Atti della sessione speciale del Consiglio generale del Cora, Bologna, 14 settembre 1991)

Sono molto d'accordo con quanto diceva Santino, perché si tratta, appunto, di definire meglio cos'è la mafia, come si articola. Partirei dalla situazione di grande allarme sociale che si registra oggi, sicuramente per molti versi una situazione nuova, perlomeno dal punto di vista delle dimensioni. Per la prima volta manifestano grande allarme anche gli imprenditori, si muovono commercianti, imprenditori, si muove la Confindustria, si muovono i giovani industriali. La mia impressione è che si tratti di una reazione all'ingresso accelerato ed evidente, mentre finora in qualche modo passava quasi inosservato, della criminalità organizzata e del capitale criminale o di dubbia provenienza nell'economia legale. Nelle regioni meridionali questo allarme da parte degli imprenditori si potrebbe anche leggere, probabilmente, come effetto di una rottura di equilibri. Il pagamento delle tangenti da parte di commercianti e imprenditori, in molti casi, era anche il prezzo che si doveva pagare per avere campo libero in cert

i rapporti privilegiati, per esempio, con la politica, garantendo alle organizzazioni criminali altre fonti di reddito e quindi in qualche modo scoraggiandone la concorrenza. Anche questo è un fatto di cui bisognerebbe discutere meglio, con maggiore attenzione alle singole realtà locali, perché c'è il rischio di generalizzare troppo, di fare analisi complessive che in realtà non tengono conto della estrema differenziazione di questi fenomeni.

Anche sul fronte istituzionale sembra che questo allarme riesca a produrre delle iniziative, nonostante per ora si siano prodotte solo delle 'grida manzoniane': aumento della repressione, potenziamento dell'apparato giudiziario, si parla della creazione di coordinamenti. E anche qui, per quanto riguarda le regioni meridionali, forse non è un caso che ormai da diversi anni i ministri degli Interni siano espressione di una realtà così conflittuale come la Campania: il caso Cirillo ha visto coinvolti, come diceva Di Lello, sia Antonio Gava sia Scotti, due personaggi per molti versi 'tangenziali' a tutta una serie di processi. Per quanto riguarda le regioni meridionali ho l'impressione che sia in corso una ridefinizione dei confini, dei limiti. E' una vecchia storia. Bisognerebbe, appunto, ripercorrere la storia della criminalità organizzata in Campania per capire come i rapporti tra politica e camorra si sono sempre giocati in questa alternanza di permissivismo/repressione. Un discorso generale, una brevissima

premessa, chiaramente non è questa la strada per sconfiggere la mafia, la criminalità organizzata, nelle sue diverse articolazioni. Uso il termine 'mafia' tanto per assumere un'etichetta sotto la quale c'è però un fenomeno molto complesso, ricco di articolazioni interne, che, come diceva Santino, vede la compresenza di organizzazioni criminali vecchie e nuove a differente livello evolutivo. Ad esempio non si tiene conto del fatto che queste organizzazioni criminali hanno anche una nascita differenziata, ce ne sono alcune presenti sul territorio da molti anni nel senso di gruppi familiari che gestiscono il potere da molti anni, altre che si sono affacciate più di recente. La mia tesi, che in qualche modo si avvicina molto a quella di Santino anche se usa un'altra terminologia, è che tutte le organizzazioni criminali si evolvono secondo un processo caratterizzato da fasi successive, livello predatorio, livello parassitario, livello simbiotico. Lo dico molto schematicamente, la specificità della mafia italiana,

della criminalità organizzata in Italia, nelle sue diverse articolazioni è che il passaggio al livello successivo non comporta l'abbandono del livello precedente. Se uno confronta gli studi sulla criminalità organizzata negli Usa nota subito questa forte differenziazione e quindi è chiaro che, per sconfiggere la mafia, per tentare di farlo, bisogna intervenire a tutti e tre i livelli e in particolare bisogna intervenire sulla fase della accumulazione primitiva, quella che permette la realizzazione di capitali necessari per investimenti significativi sul mercato illegale, ma soprattutto sul mercato legale.

Oggi questa accumulazione primitiva (dico oggi, ma, in pratica, tutti dimenticano che l'affare droga comincia a diventare significativo in Italia praticamente dal '56, quando Lucky Luciano organizza i primi collegamenti, anche se poi è negli anni '70 che diventa molto più significativo) si realizza attraverso il traffico e lo spaccio di droga. Certamente anche l'estorsione è un meccanismo di accumulazione, ma ha dimensioni diverse dal punto di vista economico ed ha anche altre funzioni in realtà, serve anche a delimitare e definire il territorio della sovranità. Chi si occupa di questi problemi sa bene che il punto non è quanto si paga, ma è comunque il pagare, le differenziazioni sono tra amici e nemici, non riguardano tanto le possibilità di chi contrae questo tipo di 'assicurazione'. In ogni caso è la droga che permette la realizzazione di ingenti capitali con i quali trasformarsi rapidamente in imprenditori. Non si riflette mai abbastanza su questo dato anche molto semplice dal punto di vista economico.

Controllare uno spaccio di droga o un supermercato di droga, e qui bisognerebbe parlare con maggiore cognizione di come si articolano sul territorio questi fenomeni, è come aprire uno sportello bancario con il quale si raccolgono ogni giorno centinaia di milioni, in qualche caso cifre dell'ordine di miliardi. Sono cifre che bisogna subito investire in attività economiche e soprattutto, date le dimensioni, riciclare nel circuito finanziario, perché sono troppi soldi e non si possono tenere fermi neppure un giorno.

Ho condotto una ricerca su Napoli basandomi su indicatori oggettivi, calcolando il dato economico a partire dal numero delle siringhe raccolte per strada, dato sicuramente sottostimato perché non tutti i tossicodipendenti buttano la siringa per la strada, non tutte le siringhe buttate si ritrovano, alcune finiscono nei cassonetti, altre distrutte. Appare evidente che a Napoli solo il giro dell'eroina, solo il giro dei tossicodipendenti, quelli abituali, è dell'ordine di milleseicento miliardi l'anno. Poiché i dati sulle siringhe raccolte li avevo disaggregati per quartiere, come tutti sanno generalmente si consuma la droga in prossimità di dove la si acquista, si poteva in qualche modo calcolare la resa economica di quel dato punto vendita. Ci sono punti vendita che realizzavano affari dell'ordine di diversi miliardi al giorno.

C'è dunque la necessità di riciclare nel circuito finanziario, si comprano negozi, si comprano case, si mettono in piedi imprese. L'importante per tutti è trovare un canale di accesso per far defluire questo denaro nel circuito finanziario, circuito estremamente permeabile all'ingresso dei capitali malavitosi e non solo per effetto del segreto bancario. Una delle questioni che ho posto anche all'attenzione della Commissione antimafia è quella delle finanziarie e delle fiduciarie, anche la legge Rognoni-La Torre, anche l'ultima modificazione, prevede che l'indagine venga fatta sull'amministratore delegato della società, che generalmente è un noto professionista o uno studio commerciale spesso anche dei più avviati, dei più rappresentativi della città e i nomi dei soci ed i capitali versati sono sui libri contabili che dovrebbe tenere l'amministratore delegato. Non conosco la situazione in altre città, ma a Napoli la Guardia di Finanza mi diceva che, in novantacinque casi su cento, ogni volta che si presenta a

ll'amministratore delegato e chiede i libri contabili gli viene invece presentata la denuncia del furto di questi ultimi. Se questa denuncia è precedente di un mese la Guardia di finanza può fare una multa e dare un termine per la presentazione dei nuovi libri. Nel caso che sia trascorso meno di un mese può solo dare un termine per la loro presentazione. Generalmente poi la società si scioglie e si riforma con un altro nome, un meccanismo di una tale semplicità su cui praticamente non è possibile intervenire. Nessuno ha interesse a modificare, a stabilire per legge, che all'atto dell'iscrizione alla Camera di Commercio le società finanziarie e le società fiduciarie debbano anche esplicitare i nomi dei soci che hanno versato quote, si capiscono tutte le ragioni di una tale ostilità perché non è solo la criminalità organizzata che utilizza questo strumento.

Rispetto alla questione della droga - parlo sempre della situazione di Napoli perché è quella che ho studiato più approfonditamente - c'è un altro dato da tenere presente. La droga ha fatto moltiplicare i clan criminali, ventisei nel 1983, centoventi nel '90 e, naturalmente, questa moltiplicazione non è stata senza effetti sulla dinamica complessiva delle organizzazioni criminali. E' chiaro per esempio che a Napoli ha favorito lo slittamento verso l'alto delle vecchie famiglie, quelle storiche che, come dice il giudice Mancuso che ha studiato meglio questo fenomeno, hanno accelerato l'assalto ai Comuni e alle amministrazioni locali proprio per liberarsi in qualche modo del peso del controllo del territorio su cui ormai molte bande di nuova formazione imperversano. L'aumento della conflittualità omicida a Napoli si spiega proprio con questo dato, ma ha favorito anche la dislocazione territoriale di queste famiglie. I grandi boss della camorra sono da anni tutti all'estero, basta vedere i luoghi in cui vengono

individuati, arrestati, ammazzati, in Francia, in Spagna, in Germania. Questo testimonia che hanno poco interesse al controllo del territorio, hanno altri tipi di affari probabilmente di livello nazionale o internazionale. Ciò non significa però che non hanno contatti con il territorio. In molti casi assumono una funzione diversa, ad esempio quella di riciclatori del denaro che magari altri raccolgono sul territorio attraverso il controllo della droga.

E' chiaro che, da questo punto di vista, la legalizzazione della droga sarebbe la strada maestra per colpire il motore dello sviluppo mafioso, ma sarebbe anche la strada maestra per ridurre drasticamente il consumo di droga. Se si consuma tanta droga è anche perché c'è una grande disponibilità di droga sul mercato. Questo è un discorso che vado ripetendo da anni e mi ha confermato questa idea una recente visita in Polonia, anche volendo lì non avrei mai potuto mangiare una bistecca di vitello perché non ce n'erano assolutamente, nemmeno nei negozi di stato. E' abbastanza probabile che ciò accada anche in un sistema come questo in cui la droga è disponibile a tutte le ore del giorno e tutti i giorni dell'anno, come giustamente diceva Di Lello, un sistema che da anni vado definendo come 'sistema di liberalizzazione criminale del mercato della droga'. A Napoli abbiamo contato 416 punti vendita, oggi non sono più così tanti, oggi ci sono quindici 'supermercati', ma anche un 'ipermercato'. L'attenzione diversa de

lle forze dell'ordine ha costretto la criminalità a ridurre il rischio dell'individuazione, quindi a concentrarsi in alcune zone e anche a rafforzare il controllo del territorio. Ci sono realtà a Napoli, a proposito di 'ipermercato', come Ercolano diventata una zona in cui il controllo mafioso è diventato ferreo, la polizia e i carabinieri, per esempio, non ci possono neppure più entrare, con degli effetti complessivi sull'ordine pubblico estremamente importanti. Altre strade diverse da quella della legalizzazione si sono dimostrate impercorribili. La stessa legge Rognoni-La Torre non ha prodotto alcuno degli effetti sperati, al di là della sua maggiore o minore applicazione ci si è limitati ad azioni esemplari.

Un problema che da qualche tempo vado ponendo è che sono migliaia gli appartenenti a gruppi criminali (appartenenti nel senso che sono già stati inquisiti dalla magistratura ai sensi dell'articolo 416 bis, non solo quelli indicati nei rapporti periodici di Carabinieri o polizia come sospetti appartenenti ad organizzazioni criminali) ma lo Stato non ha la capacità di sequestrare loro tutte le ricchezze e i beni accumulati illecitamente. Non si è mai posta la questione del sequestro dei piccoli capitali, qualche volta si è posto il problema del sequestro di grandi capitali. Dal punto di vista dell'opinione pubblica, è molto più importante questa rete di persone che vivono della loro appartenenza alla criminalità organizzata, e che attraverso questa appartenenza realizzano la casa, l'automobile, il piccolo negozio, la piccola attività commerciale, la piccola attività imprenditoriale, che non il grande capo generalmente lontano, con un'aureola di mitizzazione e rispetto al quale anche gli interventi riescono ad

intaccare il patrimonio in modo assolutamente irrisorio. Faccio il caso degli Alfieri, una rivista americana diceva che erano quelli con il maggiore patrimonio calcolato nell'ordine dei duemila miliardi. Si è gridato alla vittoria nel momento in cui sono stati loro sequestrati beni del valore di sei miliardi e questo può meravigliare magari il piccolo impiegato al quale sei miliardi sembrano una cifra consistente, ma per il patrimonio degli Alfieri era veramente una minutaglia. Bisogna anche dire che per sconfiggere la mafia non basterebbe nemmeno la sola legalizzazione e sostengo, mi sembra che anche Santino lo dicesse prima, che bisogna intervenire contemporaneamente a tutti i livelli, probabilmente a livello predatorio, a livello di accumulazione primitiva, intervenire sulla questione della droga attraverso la legalizzazione.

Per quanto riguarda l'estorsione ho l'impressione che la paura di commercianti e industriali si lega anche alla capacità dello stato di dare segnali diversi, probabilmente se lo stato fosse in grado di dare segnali diversi anche la paura diminuirebbe.

Ci sono alcuni livelli importanti ai quali accenno soltanto, il contrabbando, il gioco d'azzardo, il totonero, il lotto clandestino. Probabilmente su questo terreno è possibile pensare a interventi simili a quelli della legalizzazione.

Riguardo agli appalti e alle forniture, quindi agli intrecci con lo stato, forse bisognerebbe studiare meglio una proposta di separazione della politica dall'amministrazione. Questa è una tesi che viene portata avanti anche da alcuni livelli di partito, però secondo me andrebbe approfondita.

Voglio concludere dicendo che non bisogna dimenticare la questione irrisolta, la questione su cui la mafia nel Mezzogiorno cresce e si alimenta. Il Mezzogiorno ha da sempre quella configurazione sociale che Dahrendorf preconizza come destino per le società occidentali, vale a dire è da sempre una società dei due terzi. Ma a quell'un terzo di non garantiti, senza scuola, senza cultura, senza lavoro, senza prospettive di carriera e di futuro, con una carica enorme di violenza, di risentimento, di distruttività e anche di autodistruttività, non si può impedire di sperare, di lottare, con gli strumenti che posseggono, per un futuro migliore dal loro punto di vista. Su questa base sociale, su questo esercito criminale di riserva, tanto per parafrasare un'espressione dei meridionalisti classici, la mafia, tutte le mafie continueranno ad esistere, se non a crescere. A queste persone bisogna comunque assicurare un futuro perché questa massa di popolazione esprime un potenziale di conflittualità che va governato. Non

bisogna dimenticare che l'espansione di tutte le mafie nel Mezzogiorno si lega anche all'incapacità dello stato di assicurare un reddito alla popolazione marginale, di controllarne la conflittualità, ed al meccanismo che è stato trovato per governare queste due questioni che è quello di delegarne il carico alla Mafia, alla Camorra, alla 'Ndrangheta.

 
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