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Giannini Massimo Severo, Negri Giovanni - 29 ottobre 1991
La ventata dei referendum
di Massimo Severo Giannini

e Giovanni Negri

SOMMARIO: I promotori dei referendum sul ministero delle Partepazioni Statali, sulle Nomine Bancarie e sull'intervento straordinario nel Mezzogiorno, a dieci giorni dall'inizio della campagna di raccolta firme registrano già un notevole consenso dell'opinione pubblica attorno alle tematiche referendarie. Migliaia di cittadini sembrano ritrovare nei referendum uno strumento non di protesta ma di proposta e numerosi sono i partiti e i parlamentari che stanno aderendo ai referendum "Segni" e "Giannini": perché dunque non tradurre anche in iniziativa parlamentare le istanze di riforma democratica insite nei referendum?

(La Repubblica, 29 ottobre 1991)

I primi giorni di campagna dei referendum registrano - nonostante il maltempo e grazie alla fatica di tanti giovani e anziani impegnati ai diversi punti di raccolta - un notevole consenso della pubblica opinione attorno alle tematiche che abbiamo inteso sollevare.

Nessun facile ottimismo è autorizzato, né mancano agguerriti avversari e pesanti difficoltà.

E' tuttavia ragionevole sperare che in questo autunno infine si manifesti - attraverso i referendum - una forza tranquilla, propositiva, animata da persone di diversa opinione, fede, cultura, unite nel tentativo di consentire al Paese qualche passo avanti e comunque non rassegnate all'autunno della politica e di questo sistema dei partiti.

Il conforto delle forze sociali - dalla Confindustria alle più autorevoli componenti e ai leaders sindacali - non è meno rilevante di altri eventi, marginali ma significativi per la loro spontaneità: ad esempio l'autonomo organizzarsi in comitati referendari di diversi dipendenti della pubblica amministrazione e del "pubblico allargato" (bancari, funzionari di enti locali, impiegati delle partecipazioni statali) che intendono emancipare la propria onesta professione dalla grigia cappa del controllo partitico, e l'elevato consenso che il referendum sull'intervento straordinario nel Mezzogiorno registra nelle città del Sud.

Tutti i dati mostrano infatti che le firme raccolte a Napoli e Palermo per questo referendum sono persino superiori a quelle di Milano e Torino. E' un filo, per ora tenue, di speranza democratica ed europea volto a ricomporre - anziché a lacerare ulteriormente come qualcuno paventava - il Nord e il Sud d'Italia.

L'istanza di quanti hanno dato voce allo sdegno civile attraverso le iniziative contro la mafia (dalle coraggiose marce di Palermo a Samarcanda) pare ora tradursi in una pacifica e intransigente richiesta di ripensamento integrale della forma e dell'organizzazione della presenza statale in un Mezzogiorno ove i fenomeni dell'appalto-traffico, del narco-traffico e dell'estorsione mafiosa fanno quotidianamente strage di legalità e vite umane.

* * * *

Grazie a quanto vi è di libera stampa in Italia, e consapevoli dei loro diritti, migliaia di cittadini sembrano dunque ritrovare nei referendum il civile, pacifico, composto strumento non di protesta ma di proposta.

E' la più serena risposta a quanti si lacerano le vesti per il "disordine referendario", giacché il disordine è purtroppo altrove; dall'immane debito statale alla criminalità dilagante, sino ai pubblici servizi nei quali l'inefficienza si accompagna al privilegio.

Ma infine qualcosa si muove, ed è cosa che induce a una considerazione, a un appello.

Attorno ai referendum dell'amico Mario Segni (che insieme ad un ampio schieramento di personalità laiche e della sinistra pone la cruciale questione di una nuova regola elettorale uninominale-maggioritaria) ed attorno ai temi da noi sollevati (nomine partitiche nelle banche, intervento nel Mezzogiorno, Ministero PP.SS.) si registra infatti l'adesione di numerosi partiti e diversi parlamentari.

Nella fattispecie, per quanto attiene ai referendum da noi promossi, essi sono il PDS e la Sinistra Indipendente, il PRI, il PLI, i radicali, i verdi, il MSI, numerosi deputati socialisti (fra i quali, sul Ministero PP.SS., l'importante consenso del vicepresidente del Consiglio) ed ancor più numerosi deputati democristiani.

Perchè, dunque, non tradurre tempestivamente in iniziativa anche parlamentare le istanze di riforma democratica insita nei referendum, superando ogni rischio dissociativo fra le parole pronunziate nell'Agorà referendaria, a favore di un nuovo patto di cittadinanza, ed il coerente esercizio del mandato rappresentativo nelle istituzioni?

Se le forze politiche e i parlamentari aderenti ai referendum acquisissero consapevolezza di se, superassero divisioni antistoriche e - seppure per un momento - si coalizzassero, già potrebbe ottenersi per via istituzionale ciò che siamo stati costretti a ricercare per via referendaria. Con grande beneficio per la società, si dischiuderebbe in tal modo una nuova prospettiva. Riforma elettorale, liberazione del pubblico dall'ingerenza partitica, nuova disciplina del finanziamento statale ai cittadini che intendono promuovere attività politica, potrebbero finalmente trovare un fertile, vero, decisivo confronto nelle sedi più proprie, sollevandoci inoltre dall'onerosa fatica di una campagna referendaria che non costituisce il nostro fine, ma la contingente necessità alla quale siamo chiamati per ottenere, appunto, qualche generale passo avanti, forse non risolutivo ma certo significativo.

Massimo Severo Giannini

Giovanni Negri

 
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