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Il Partito Nuovo - 30 ottobre 1991
Ex-Jugoslavia, prova generale per il Golpe e il Terrore nella ex-URSS
Ma migliaia di eletti democratici del mondo possono subito consentire il rapido formarsi di un transpartito transnazionale di circa cinquantamila membri, cifra minima adeguata per affrontare il 1992. Le prime risposte al progetto: dopo poche settimane adesioni significative e incoraggianti.

SOMMARIO: I vecchi demoni del secolo tornano a minacciare e colpire il mondo. Uno scenario tremendo si sta disegnando, una tragedia senza precedenti per l'umanità e la vita stessa del pianeta. Occorre tentare di agire e di rispondere con la democrazia, con la nonviolenza, con l'efficacia di un nuovo soggetto politico adeguato e attrezzato ad evitare e superare una crisi senza ritorno.

(IL PARTITO NUOVO - N.IV BIS - Settembre/ottobre 1991)

La Comunità europea ha ormai deciso di non proseguire nel suo cammino federale verso gli Stati Uniti d'Europa, com'era nello spirito ed anche nella lettera dei Trattati costitutivi, oltre che nella coscienza storica degli stessi popoli che la compongono (come da dieci anni i grandi sondaggi hanno sempre clamorosamente confermato).

La Comunità europea ha rifiutato di costituirsi in uno Stato di diritto, democratico. Ha rifiutato poteri minimi essenziali al Parlamento, eletto democraticamente dai popoli dei dodici Paesi; ha di fatto trasferito dalla Commissione esecutiva di Bruxelles a nuove burocrazie emananti dagli Stati nazionali - cioè dalle burocrazie partitocratiche nazionali - i poteri di Governo »europeo . In tal modo essi saranno esercitati solo se al servizio delle lobbies multinazionali e degli interessi egoistici e ciechi di ogni Stato della Comunità.

Di fatto, i »dodici hanno stilato non un nuovo Trattato, ma altri tre o quattro Trattati di settore, e per anni (nel più favorevole dei casi) si sono affidati alla vecchia logica di potenza della Francia, della Germania, della Gran Bretagna, delle vecchie Cancellerie, con Spagna ed Italia ridotte a pseudo-machiavelliche mendicanti di favori e di ruoli, e Grecia, Danimarca, Irlanda e Benelux, a presenze di secondaria e subordinata qualità.

Tutti, purtroppo tutti, sono d'accordo nel confermare che, se un Paese avesse un ordinamento interno del tipo di quello che la Comunità europea si sta dando, e finora si è dato, esso non potrebbe essere ammesso nella Comunità stessa, per mancanza di democraticità e di rispetto dei diritti politici dei propri cittadini. Con l'alibi del trasferimento alla Comunità dei poteri nazionali, in primo luogo dei Parlamenti nazionali, si sta riducendo sempre più il margine democratico-parlamentare, di sovranità democratica del popolo; poichè il potere, tolto alla democrazia »nazionale , è trasferito non già alla democrazia ed allo Stato di diritto europei, ma alle burocrazie nazionali riunite nel Consiglio, ai Governi nazionali, che in tal modo possono di fatto operare senza più il rispetto delle proprie regole costituzionali e del controllo dei rispettivi Parlamenti. Nello stesso Parlamento europeo i deputati sono irreggimentati in gruppi burocratici, sempre più vessati da questi gruppi, le cui politiche sono le risul

tanti paralizzate e paralitiche delle varie origini partitocratiche delle proprie componenti nazionali. In tal modo la dialettica istituzionale della Comunità è stata politicamente demolita, anche per colpa della subalternità del Parlamento, ai disegni reazionari e confusionari, impotenti e indecorosi, di tanta parte delle classi dirigenti nazionali.

Nei confronti delle modalità o dei tempi della riunificazione tedesca, operata senza alcun rispetto delle prerogative comunitarie, oltre che degli interessi legittimi delle popolazioni direttamente interessate; nei confronti della caduta dell'impero sovietico, prima in Europa centrale ed orientale, poi nella stessa URSS; nella crisi medio-orientale, la Comunità europea non è esistita, se non come copertura alle contraddittorie e meschine velleità di potenza della Francia mitterrandiana, oltre che della Gran Bretagna dell'oltranzismo tatcheriano (ma le loro opposizioni nazionali non hanno certo brillato come alternative europeiste o federaliste!), grazie anche al minimalismo ed alla rassegnazione pseudorealistici del presidente della Commissione, Delors.

Questo vuoto d'Europa, e questo deficit democratico della Comunità, hanno prodotto e producono tragiche conseguenze, che richiamano quelle degli anni '30 e '40.

Si sono condannati, di fatto, all'isolamento ed alla sconfitta, tutti i movimenti o gli entusiasmi europeistici all'interno dei Paesi liberatisi dal giogo del socialismo reale, obbligandoli a caotiche e velleitarie politiche »nazional-democratiche , foriere delle esplosioni nazionalistiche, etniche, tribali, un pò ovunque e non solamente in Jugoslavia o nei paesi caucasici. Con un rapido passaggio dai regimi di Partito unico autoritario o totalitario a regimi partitocratici, e non democratici di modello anglosassone, l'unico che abbia retto nei decenni e, ormai, nei secoli, senza produrre mostri fascisti, nazisti, comunisti, militar-polizieschi, guerrafondai e violenti.

Si sono condannati i Paesi africani allo sterminio per fame, per desertificazione, per guerre, per dittature (»rivoluzionarie , in genere!), alla miseria ed allo sfruttamento da parte delle grandi concentrazioni militar-industriali e agro-alimentari, ora anche della narco-politica proibizionista, ai massacri tribali, esportando anche qui modelli nazional-statali antistorici e ingestibili da parte di chiunque. In tal modo, anzichè realizzare il grande disegno euro-africano (e oltre) dei quattro trattati di Lomé costituenti la Comunità ACP-CEE (Africa-Caraibi-Pacifico e Comunità europea), delle Convenzioni nate dal sistema delle Nazioni Unite (dalla FAO al PNUD), si sono condannate a morte o a migrazioni selvaggie intere popolazioni.

In estremo oriente prosegue la fatale illusione, già sperimentata con il nazismo e con il comunismo sovietico, di profittare dell'ordine imposto da feroci dittature contro sterminate popolazioni del mondo, come se non vi fosse altra possibilità che l'agonia di popoli interi, come nel Bangladesh o in Cambogia, nel sub-continente indiano o la disumana, folle dittatura di Pechino, e altre analoghe.

Intanto, anche nel mondo sviluppato e opulento, l'immensa accumulazione di sapere e di scienza, che negli ultimi due decenni ha superato quella di decine di migliaia d'anni di vita del pianeta, presente nelle grandi masse del mondo oltre che nel pensiero e nelle ideologie politiche, non riesce a trasferirsi nella politica e nel potere, nel Governo degli Stati e del pianeta.

Così avanza a passi spaventosi il disastro ecologico, con ferite, che si temono già mortali, della biosfera, delle acque, dei territori, nelle grandi megalopoli, ma anche nelle regioni artiche e antartiche; così la bomba demografica continua a colpire ben oltre il pericolo atomico, contro il quale si è mobilitato ideologicamente e ipocritamente tutto il mondo pacifista per decenni, del tutto incontrastata.

Così, nel cuore stesso d'Europa, s'accendono di nuovo guerre da anni '30 e l'Europa dominante si comporta esattamente come contro le resistibili ascese dei Mussolini, degli Hitler, degli Stalin, dei Franco e di nugoli di altre dittature di sinistra e di destra. Temendo le conseguenze della caduta dell'impero sovietico, e del criminale ordine che esso garantiva - così come si temeva il disordine successivo ai Trattati di Versailles e si limitava ad assistere al suo »superamento nazista e fascista - oggi si sta chiaramente indicando all'esercito sovietico ed ai nuovi dittatori giacobini la via da seguire: sostenere, come di fatto accade da oltre un anno, il golpe militarista e razzista, la provocazione arrogante e da guerra senza quartiere e senza giustificazione alcuna, dei quali si rendono responsabili un esercito paleo-bolscevico e un demagogo razzista e nazional-comunista come Milosevic, contro le scelte democratiche e antitotalitarie, europee e non-nazionaliste, di Slovenia e di Croazia, contro i diritti

umani, politici, civili, delle popolazioni albanesi del Kossovo, contro i democratici di Serbia.

Già durante il golpe d'agosto, quando sembrava che potesse trionfare, Mitterrand, Andreotti e la Comunità europea (nelle prime ore perfino Bush), avevano chiaramente indicato che si preoccupavano solamente, in via umanitaria, della vita di Gorbaciov, mentre erano pronti a »non interferire negli »affari interni dell'URSS, cioè a non condannare in alcun modo il »golpe , riconoscendo ai golpisti pienamente carattere legale di rappresentanza dell'URSS e delle sue Repubbliche e popolazioni.

L'Europa, un certo Occidente, stanno dando in questo modo la prova ai golpisti sovietici di domani, all'esercito militare ed all'esercito dei burocrati, ai »salvatori della patria contro il caos post-comunista e »democratico , che quel che loro importa più di ogni altra cosa è che, con qualsiasi mezzo, occorre imporre un nuovo ordine subito. Si incoraggiano esplicitamente, in tal modo, coloro che avessero dubbi, remore, timore di dover dominare l'ex-impero, tranne le sue frangie, a costo di nuovi massacri, guerre repressive, deportazioni di massa, se necessario, come per le popolazioni del Volga-Don negli anni '30.

E' questa stessa Europa, questo stesso Occidente, che si è precipitato in questi mesi a Pechino, per cancellare gli effetti della solidarietà del mondo agli studenti e alle vittime di Tien An Men, e che esprime la sua solidarietà a Pechino o contro quell'immenso Tibet cui si è ridotta in realtà tutta la Cina.

La stessa Europa e lo stesso Occidente che ha imposto o lasciato imporre la presenza dei Khemer rossi, di Pol Pot, nel nuovo ordine in Cambogia, che in definitiva preferisce consentire a Saddam di massacrare il suo popolo, essendosi limitato a cacciarlo dal Kuwait.

La stessa Europa che il Partito Radicale, che noi militanti della democrazia e della nonviolenza, abbiamo denunciato con le nostre lotte come solidale con l'impero di cartapesta di Mosca, con l'alibi di Yalta, contro i berlinesi che si ribellavano al regime di Pankow, agli ungheresi di Nagy e di Maleter, contro i cecoslovacchi della »primavera , contro i milioni di deportati, di perseguitati, di sterminatori dell'URSS.

La stessa Europa dei Mitterrand di allora, dei Major di allora, che lasciavano i Milosevic italiani, tedeschi, spagnoli, fare insieme le loro guerre ed i loro golpe di allora. Con la Comunità europea di allora, la Società delle Nazioni ridotta a vile ed ipocrita copertura delle loro scelte, filonaziste, filofasciste, filofranchiste, filocomuniste, per i popoli italiano, tedesco, spagnolo, dell'URSS e - ben presto - di mezza Europa. Premessa per il voto dei pieni poteri del Parlamento francese, a grandissima maggioranza, al Maresciallo Petain.

Noi siamo perfettamente consapevoli che quest'interpretazione, questo scenario, che andiamo tracciando, può apparire, e forse essere, troppo semplicistico, apocalittico, parziale.

Ma ci basta che esso sia possibile, non necessariamente probabile. Che contenga noccioli di verità, e non una verità piena e di già realizzatasi. Ce lo auguriamo di cuore.

Ma contro questa possibilità, nessuno sembra mobilitarsi, nemmeno sembra voler fare lo sforzo vero di confutarla, di discuterla. Come, appunto, negli anni '20 e '30, e poi '50 e successivi. Vi furono, in quei decenni più lontani, italiani e tedeschi e spagnoli e francesi, costretti all'esilio e imbavagliati in casa, che cercarono di far comprendere alle loro classi dirigenti, ai potenti »democratici del mondo, che non si poteva a tal punto essere »nazionali e ademocratici nelle valutazioni di quel che accadeva. Ma furono inascoltati, grazie anche alla viltà ed alla stupidità pacifista (e non, purtroppo, alla nonviolenza, che soltanto ora stiamo cercando di organizzare politicamente) ed alla sua influenza, fino alla vergogna degli accordi di Monaco fra Hitler e Mussolini, da una parte, e Daladier e Chamberlain, dall'altra; e dei (più naturali) Patti fra Hitler e Stalin, noti come il Patto Ribbentrop-Stalin.

Allora, sia aggiunto ad abundantiam, nessuno trovò da ridire sull'annessione al Regno d'Italia di quello dell'Albania: allora, come oggi, sembra che qualsiasi tragedia, adriatica e balcanica, sia gradita all'»Europa .

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Il Consiglio Federale del Partito Radicale, con la partecipazione di oltre 50 suoi membri, parlamentari ed eletti democratici di 20 Paesi europei, ha svolto i suoi lavori per quattro giorni a Zagabria, minacciata dall'aggressione militare »serba (ma i serbi ne sono le prime vittime), fra un allarme aereo e l'altro. E' stata una scelta d'iniziativa nonviolenta e di fraternità solida e solidale. Che il Presidente del Consiglio della Repubblica croata, il Vice Presidente del Consiglio, due Ministri, uno liberale, l'altro cattolico, il deputato di Dubrovnic, Presidenti e Vice Presidenti di molti Partiti, il Presidente del Parlamento del Kossovo, abbiano deciso di aderire formalmente e pubblicamente al Partito Radicale, con il suo emblema gandhiano, quale transpartito transnazionale, democratico e federalista - essendo tutti uomini di lunga e varia esperienza politica, che conoscevano da anni questo Partito - mentre da quel Consiglio Federale si elevavano voci di fraternità ed amicizia per il popolo serbo e per

i suoi diritti, è fatto che segnaliamo all'attenzione ed alla coscienza dei sessantamila eletti democratici di quasi tutto il mondo, alle personalità ed alle forze di pace e di libertà, di scienza e di cultura cui ugualmente questo foglio è dedicato e indirizzato. Perchè si mobilitino in ogni modo possibile, perchè non si tolleri che l'Europa torni a vivere gli anni infami e tragici dell'occupazione della Renania, dei Sudeti, dell'Anschluss con l'Austria, della Spagna, dell'Albania, dell'Etiopia e poi della Polonia, dei Paesi baltici, e poi, ancora, della Cecoslovacchia, della Romania, dell'Ungheria, della Bulgaria...Perchè non si crei, con l'accettazione del »modello serbo e del relativo comportamento europeo, la premessa e lo stimolo per un'analoga soluzione per l'URSS.

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Noi siamo certi che se, non più in centinaia, come ormai sta già accadendo, ma in migliaia di noi eletti democratici, e in decine di migliaia di donne e di uomini di buona volontà di tutto il mondo, aderendo al PR, ci organizziamo subito insieme - prima che le energie umane, intellettuali e finaziarie che con enorme sforzo abbiamo accumulato a questo fine si esauriscano, per invece moltiplicarle - il grande, semplice disegno di operare contemporaneamente con gli stessi testi parlamentari su puntuali e comuni obiettivi verso i Governi, o a livello più ampio e di iniziative nonviolente, dinanzi alle ambasciate, alle sedi di organismi internazionali, di decine di Paesi nel mondo, potremmo fare di tutto questo la scintilla attraverso la quale divampi un incendio di pace, di libertà, di democrazia, e, soprattutto, di concreto governo e superamento delle tragedie e degli immensi problemi che viviamo.

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Per finire: in questo quarto numero del »Partito Nuovo troverete molte altre indicazioni di possibili azioni, altre offerte di unità e di convivialità per tutti e per ciascuno. Vi saremo profondamente riconoscenti se vorrete in qualsiasi modo risponderci, corrispondere alla nostra fiducia ed alla nostra attesa.

Grazie. Shalom.

 
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