I radicali e la raccolta delle firmedi Marco Pannella
SOMMARIO: Resoconto, dettagliato ed esauriente, dell'andamento della raccolta delle firme per i referendum. Il partito radicale, con i suoi meno di tremila iscritti, ha raccolto e raccoglie ogni giorno firme su tutti i referendum; sul piano numerico, non vi è dubbio che con i loro milioni di aderenti PDS, ACLI, ecc., riusciranno alla fine a raccogliere firme sufficienti: ma c'è il rischio che "il referendum più odiato dai partiti e più amato e popolare fra gli elettori", quello sul finanziamento pubblico, insieme al referendum sulla droga, non ce la facciano. Il PDS conferma che appoggia solo "sei" referendum ma, avverte Pannella, deve stare attento, "chi semina vento raccoglie tempesta": "se sarà necessario faremo l'impossibile". Afferma di contare sull'"amicizia" di M.S. Giannini, e anche che "torni il miracolo radicale", ma anche auspica ancora che Segni cambi linea e appoggi tutti e nove i referendum, così come chiede la gente, anche quella che appoggia il leader referendario democristiano.
(IL SECOLO XIX, 14 novembre 1991)
All'incirca fra dieci giorni il Partito Radicale avrà già, da solo, raccolto sui referendum Segni e Giannini almeno centomila firme. Ad oggi, a meno di un mese d'inizio della raccolta, esse sono, infatti, oltre settantacinquemila. Il ritmo di raccolta media giornaliera è di tremila firme. Le cifre essendo inequivocabili, per i referendum più gettonati da un ampio arco di forze politiche e sociali non vi sono seri problemi.
Il Partito Radicale conta in Italia meno di tremila iscritti. Il Pds all'incirca un milione. L'Acli e le altre associazioni aderenti al nostro "Comitato Segni" ne raggiungono un altro milione almeno. Segni e Montanelli, dunque, come Occhetto e Scalfari, Pininfarina e Trentin, tutti quanti, insomma, possono esser tranquilli. Quando le enormi macchine partitiche e burocratiche si saranno messe in movimento (si fa per dire, ma insomma...), anche se non dovessero raccogliere nemmeno una sola firma fra i cittadini non iscritti, o se dovessero raccogliere solamente le firme dei loro impiegati e dei loro consiglieri comunali, non c'è alcun dubbio che le seicentomila firme prudenzialmente necessarie saranno amplissimamente raggiunte. Il successo numerico e quantitativo è dunque garantito, come fu garantito nella scorsa raccolta di firme, saldatosi però nel disastro dell'affossamento da parte della Corte Costituzionale partitocratica dei quesiti oggi riproposti. Il Pds potrà dimostrare urbi et orbi che è sulle sue ga
mbe che camminano le speranze montanelliane e segniane, e su quelle della sua fetta di lottizzazione partitocratica della Rai-Tv. Mariotto Segni non dovrà per fortuna immolarsi sull'altare di una sconfitta numerica che non vi sarà.
Tutti insieme potranno invece fregiarsi, probabilmente, del merito di aver tolto le castagne più scottanti dal fuoco referendario, ancora una volta. Difficilmente, infatti, il referendum più odiato dai partiti e più amato e popolare fra gli elettori, quello contro il finanziamento pubblico dei partiti, e quello di estrema serietà e responsabilità sui tre anni di esperienza della legge sulla droga riusciranno ad essere firmati dai cittadini. Il veto partitocratico li fa apparire come vieti. Lo sono invece solamente vietati.
Ancora oggi il Pds, con una presa di posizione del suo responsabile politico Salvi, conferma che questo Partito appoggia solamente i "sei" referendum, combatte quello sul finanziamento pubblico e ignora totalmente quello sulla droga. Sull'altare neo-consociativo e della politica dei doppi e tripli binari, il Pds non ha lezioni da prendere da nessuno, nemmeno dal Pci degli anni Cinquanta.
Il Pds si limiti a ricordarsi che chi semina vento raccoglie tempesta e che la farina del diavolo va in crusca. Il Pds e ogni altro.
Ma non è la prima volta che partiamo battuti, sulla carta. E' sempre stato così.
Se sarà necessario faremo l'impossibile. Contiamo, doverosamente, sull'impegno sui nostri referendum, sia della Rete sia di Rifondazione comunista. Speriamo che vi sarà il riscontro dei fatti. Mentre il Msi, che aveva deliberato di sostenere la campagna contro il finanziamento pubblico, per sovrana decisione del suo segretario nazionale, giustamente e finalmente così amato improvvisamente, dal Tg1 e dal Tg3, non lo sosterrà invece affatto.
Contiamo, anche, ed in primo luogo, non solo moralmente, sulla lealtà e sull'amicizia di Massimo Severo Giannini, che sostiene con decisione il valore e la necessità di una campagna su tutti e nove i referendum. Contiamo, però, in primo luogo, che torni il miracolo radicale, dei cittadini del divorzio, dell'aborto, della lotta antipartitocratica, dei diritti civili e umani in Italia e nel mondo, di quelli che sostennero i referendum antinucleari e della giustizia giusta, di coloro che imposero giustizia per le ignobili vicende del "7 Aprile", e contro Enzo Tortora. Perché si moltiplichino per fare tavoli, per sottoscrivere i quesiti e l'autofinanziamento.
Se sarà necessario, e se continueranno comportamenti egoistici e ottusi, o partitocratici nel metodo, avendo già dato un fortissimo, e per ora ineguagliato, apporto ai "referendum Segni", concentreremo su poche richieste, le nostre, il nostro lavoro. In molti casi potremo raddoppiare, se non triplicare, le medie di raccolta quotidiana di firme.
Non sarebbe più saggio, politicamente più responsabile, consentire ai cittadini di firmare, a loro scelta, tutti o una parte dei nove referendum, come facciamo noi, anziché impedirlo? Segni sa benissimo che l'immensa maggioranza dei cittadini che lo seguono con simpatia è anche tutta per appoggiare la richiesta di abrogazione del finanziamento pubblico dei partiti. Non sarebbe allora civile e democratico, oltre che opportuno, cambiare linea? Glielo propongo ufficialmente.