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Pannella Marco - 26 novembre 1991
(2) DENUNCIA NEI CONFRONTI DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA FRANCESCO COSSIGA PER ATTENTATO ALLA COSTITUZIONE.
di Marco Pannella

ALLEGATI: LE ESTERNAZIONI DI COSSIGA

SOMMARIO: Stralci delle dichiarazioni del Presidente della Repubblica Francesco Cossiga sulle ragioni delle sue esternazioni tratti dall'archivio dell'Ansa e da articoli pubblicati dal 1 febbraio 1990 al 5 novembre 1991.

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Il Presidente della Repubblica ha definito le proprie considerazioni "soprattutto una meditazione personale":

Ansa, 1.2.90.

"Io non sono cambiato, sono le cose attorno".

Ansa,7.6.90

"sono diventato così attivo, non per scelta, ma perché costretto infatti sono fondamentalmente ozioso e sarei rimasto volentieri nel mio grigiore"

Ansa, 8.6.90

Un riconoscimento poi della legittimità della più ampia critica degli atti del Capo dello Stato. "Ma non da parte di organi pubblici, chè altrimenti la critica sostituirebbe manifestazione di potere di sindacato,inamissibile perchè in contrasto con il principio della irresponsabilità del Capo dello Stato, fondamentale nel nostro regime parlamentare".

Ansa, 13.6.90

"Il Presidente non può certo dare istruzioni, non solo giuridicamente, ma anche politicamente rilevanti alla commissione (stragi). Egli ha solo il potere-dovere di esprimere il suo avviso, di dare consigli di mettere in guardia e anche di essere

informato.

Ansa, 6.7.90

"Il presidente della Repubblica sa bene di non essere organo dell'esecutivo, nè organo legislativo, ma il garante, in un senso morale soprattutto , della Costituzione, del funzionamento delle istituzioni e quindi del funzionamento della società civile e democratica, che delle istituzioni e della Costituzione è il supporto".

"Al problema della criminalità organizzata....non ci si può porre riparo se non si avrà una rivolta morale della gente".

"I cittadini devono avere un punto di riferimento dei valori per poter operare, dentro di sè e nella società in cui vivono ad ogni livello, quella rivolta morale di cui parlo, anche se la frase è forse un pò enfatica".

Ansa, 23.9.90

A proposito degli interventi di questi giorni: "Nei limiti delle sue competenze e delle sue responsabilità.... Questi limiti mi sono stati autorevolmente ricordati anche in questi giorni ipotizzando che io li abbia superati per aver scritto una lettera regolarmente controfirmata dal ministro di grazia e giustizia. Fra poco farò controfirmare anche la corrispondenza privata indirizzata a chi esercita funzioni pubbliche".

Ansa, 26.9.90

A proposito del suo cambiamento: "Non chiedetelo a me, chiedetelo alla situazione politica italiana"

Ansa 24.9.90

"in fondo mi manca poco più di un anno e potrei finire in bellezza, o meglio, in grigiore, senza sentire parole come attentato alla Costituzione e alto tradimento"

Ansa, 17.11.90

Sulla manifestazione di novembre a Roma: "Aver visto gli stessi cartelli con le "SS", l'incitazione al disprezzo e all'odio, i paurosi slogan e le paurose invettive di stampo brigatista...

non capisco tutto questo a chi giovi. Non certamente alla democrazia, non certo alla classe operaia, non certamente alla costruzione di una nuova società politica, non certamente alla gente comune".

Ansa, 21.11.90

"Altri ha il dovere della prudenza, io ho il dovere della chiarezza. Oggi che stato scritto che l'Arma dei carabinieri è un'arma discussa. Non sono parole miserande. Sono parole miserabili: Carabinieri, polizia di Stato, Guardia di Finanza sono certo discussi. Ma da due categorie di persone: dai criminali e dai farneticanti legati a una sub-cultura fatta di viltà e subalternità, che è la vergogna del nostro paese".

Ansa, 10.1.91

"Per quanto attiene all'esercizio delle funzioni attribuite dalla Costituzione al Presidente della Repubblica non posso che assicurare che continuerò ad adempiere ai miei doveri nel pieno e assoluto rispetto della Costituzione e delle leggi".

Ansa, 7.2.91

"Che cosa sia il potere di esternazione non si è capito bene ogni presidente della repubblica lo ha esercitato nei modi consueti. Prima mi chiamavano il canguro silente, il canguro triste, prima parlavo troppo poco, poi parlo troppo: Ho parlato troppo quando troppo si è parlato di me. Può darsi che lo abbia anche esagerato, per carità, chiunque può esagerare si immagini io che non sono un maestro di morale e di vita. Quindi si immagini se non posso sbagliare; può darsi che abbia sbagliato".

Ansa, 22.3.91

"Adesso il gioco è finito, gli scherzi sono finiti, il presidente della Repubblica parlerà per atti formali quali sono quelli previsti dalla Costituzione".

"Io ho dei doveri verso lo Stato dei cittadini e verso i cittadini, quello del linguaggio: quello di dire esattamente quello che penso".

Ansa, 24.3.91

"Il fatto che io non ho nessuna intenzione di comportarmi come un passivo registratore magnetico: io zitto che registro quel che dicono gli altri, ogni tanto annuisco, distrattamente prendo nota e poi faccio che loro hanno già deciso di fare. Neanche per sogno".

"La mia presunta pazzia è un elemento del gioco politico e quindi va affrontata in questo senso e per quel che vale. Cioè nulla".

A proposito del Governo: "Questo implica il fatto che io controlli, chieda, replichi, obietti e faccia tutto ciò che compete ad una persona e ad un ruolo per nulla passivi, per niente notarili ed inerti. Forse questo non piacerà a qualcuno, ma è così. Ed è bene che sia così, nell'interesse del paese".

"La gente mi conosce, gli italiani sanno chi sono e credo che prenderebbero loro per matto chi mi prende per matto".

Ansa, 2.4.91

"Il desiderio che io parli di meno è scritto, io lo leggo. Ed è anche comprensibile. Il desiderio che io non parli affatto, anche se minoritario, è presente anche in ambienti importanti. Magari vi sarebbe il desiderio che io dicessi cose diverse".

Ansa, 23.4.91

"Non mi sono lasciato nè intimidire, nè intimorire finora, non mi lascierò nè intimorire, nè intimidire neanche per il periodo di mandato che deve trascorrere. Credo o almeno spero che il mio passato mi dia se non il diritto almeno la legittima aspettativa di essere creduto".

Ansa, 27.4.91

"D'ora innanzi si parlerà per atti formali, messaggi, decreti, decreti respinti e leggi".

Ansa, 11.5.91

Alla domanda se i suoi interventi siano un "divertimento" o un "dovere, Cossiga ha risposto: "cerco di divertirmi alle cose che faccio. Il divertimento che uno prova nel senso spirituale del termine è la misura dell'autenticità con cui uno fa le cose".

Ansa, 19.5.91

"Il presidente della repubblica non guida, come è stato detto, con sciagurata espressione eversiva, la ribellione contro la Costituzione. Ma promuove lo sviluppo delle istituzioni democratiche sotto l'imperio della legge e dell'unico sovrano del nostro paese che è il popolo".

Ansa, 7.6.91

"Io stesso mi rendo conto di fare cose che i presidenti italiani potrebbero fare solo in teoria, in quanto prima non erano necessarie".

Ansa,17.6.91

"Innanzitutto, c'è chi non condivide quello che dico. E questa mi sembra una cosa perfettamente lecita. Siamo in democrazia, ci mancherebbe altro che tutti fossero d'accordo con quello che dico. E poi perchè io ho cominciato a toccare certi temi. Ho fatto on pò l'elefante che entra in una cristalleria e comincia a sfasciare tutto o a sfasciare qualche cosa. Ho detto alcune cose che prima era proibito dire. Erano tabù.

Alla domanda del perchè ha risposto: " Perchè non ne potevo più. Una delle cose che ha fatto traboccare il vaso è stata che si è arrecata offesa al popolo italiano, esponendoci all'ilarità generale e si è detto che il movimento comunista non aveva vinto in Italia, e quindi in Europa, per seicento brave persone che erano state arruolate in Stay behind".

Ansa, 13.7.91

"Perchè ho esternato? Pochi mi conoscono personalmente. Io sono un sardo che riesce a parlare non nei salotti, che non frequento, ma tra quattro cinque amici. Sono una persona silenziosa, un tipo taciturno,diciamo pure non di grande compagnia, nè molto simpatico, nè molto gradevole, lo so benissimo".

"Ho fatto l'esternatore, forse sono diventato anche una macchietta per far arrivare dei messagggi. E sono convinto di averli fatti arrivare. Forse ho disorientato quelli del Palazzo perchè si trovavano di fronte una persona che non conoscevano più. Però

credo di aver usato un linguaggio per cui la gente capisce quello che dico, non quello che voglio, perchè non voglio niente. Credo che sarò costretto a continuare in questo modo".

"Io penso di aver rotto la cattiva abitudine del politichese".

Ansa, 6.9.91

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Perchè lo fa, presidente?

"Per rompere la stagnazione brezneviana. Ha visto cosa è successo alle Camere sul mio messaggio? E'prevalso, nettissimo, il fronte della conservazione. Questi conservano se stessi. E intanto sono paralitici".

"Ma io non sono matto. Io faccio il matto. E' diverso".

"Io ho cercato... di aggredire i tabù"

"Da un certo momento in poi ho preteso da me stesso chiarezza. E i politici, dal cui mondo provengo, hanno capito che questo era un attentato. E hanno perfettamente ragione: come si permette questo? Farsi capire, ma dove vuole arrivare, chi si crede di essere?"

"Io vorrei semplicemente mettere in condizione la gente, il cittadino utente, l'elettore, le persone che stanno a

casa, vanno a scuola, lavorano, di poter conoscere senza diaframma, senza enigmi, questo famoso Palazzo della politica, dove poi si decide il destino del paese e quindi anche il destino del popolo sovrano. Così io cerco di far capire con i pochi mezzi che ho cioè usando come unico strumento di comunicazione, quel che accade".

"Mi sforzo soltanto di usare parole e concetti di cui tutti i cittadini dei quali io sono il presidente possano capire il senso e anche i dettagli".

"Dispongo forse di mezzi di comunicazione? Non ho a disposizione nessuno strumento reale, qui al Quirinale: E neanche fuori, tant'è vero che io sono un isolato......Certo potrei affidarmi ai comunicati ufficiali, alle note di agenzia: E qualche volta lo faccio, ma non è uno strumento che regga il confronto con quello dei grandi mezzi di comunicazione che mi riservano un trattamento aggressivo, distorcente, sleale, insidioso quando non calunnioso"

Da Guzzanti P., Cossiga uomo solo, Milano ottobre 1991.

"Il presidente della repubblica ritiene di avere il dovere politico, istituzionale, morale di esaurire il suo mandato, ma se si determinassero condizioni per le quali gli sarebbe di fatto inibito l'esercizio utile delle sue competenze, il suo dovere sarebbe quello di giungere, per quanto lo riguarda direttamente, ad un chiarimento e semplificazione della vita politica ponendo in atto meccanismi necessari per un rinnovo sul piano istituzionale".

(ANSA - 19/9/91)

"Non è che io possa per molto tempo durare utilmente per il paese con questo stillicidio continuo, con questo lasciarmi attaccare e poi far finta di difendermi".

(ANSA - 21/9/91)

"...L'ormai confuso funzionamento delle istituzioni del nostro paese. E quando dico confuso non ho difficoltà a indicare per prima l'aura di incertezza che avvolge, forse anche per mia deficienza e per mia mancanza, la posizione delle funzioni dello stesso capo dello Stato".

(ANSA - 4/10/91)

"Io avevo bisogno di creare lo scandalo. Dovevo parlare di cose concrete e non c'è niente di più concreto di una persona. Io allora me la dovevo prendere con le persone. Anche se questo è contro la mia natura. Perchè chi mi conosce sa che io sono il pastore sardo che offre un pezzo di formaggio e un bicchiere di vino a chiunque va a trovarlo".

"Io non è vero che voglio archiviare tutto. Io voglio dire che bisogna passare a un altro periodo storico.

(PANORAMA - 20/10/91)

"Vedete io sono il presidente di una repubblica che mi considera un minorato, tanto da mettermi sotto tutela con il controllo di un sottosegretario". (allude a Vitalone che lo ha accompagnato in Svizzera dove ha rilasciato questa dichiarazione)

(L'UNITA'- 25/10/91)

"Se occorre uno choc, sono pronto a darlo. Pronto ad annunciare le mie dimissioni. Davvero. Quando? In qualsiasi momento a partire da dopodomani, quando rientrerò da Trieste".

"No non pongo la mia candidatura. Non accetto candidature. non accetterei nemmeno una candidatura per ispirazione".

(LA STAMPA - 3/11/91)

"I miei atti non sono impuntature da leguleio, nè atti di stizza personale".

(LA STAMPA - 4/11/91)

 
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