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Pannella Marco - 16 gennaio 1992
L'allargamento della comunità
Intervento di Marco Pannella al Parlamento europeo

SOMMARIO. Complessa polemica con i "realisti" presenti nel PE, ai quali chiede oggi di reagire e di rigettare le proposte presentate: occorre a volte essere "moderati" anche "nell'opportunismo". Si augura che il Presidente Delors possa essere il successore, in Francia, di Mitterrand, ma intanto gli chiede di essere qualche volta in sintonia con il Parlamento piuttosto che con il Consiglio. Purché questo non significhi "diluizione", si dichiara d'accordo sull'allargamento dell'Europa ad altri paesi, perché questi chiedono, hanno bisogno di una autorità europea. L'"ampliamento" delle competenze comunitarie è stato inadeguato; in generale, affidare al mercato politico intergovernativo o all'utopia economicistica le scelte necessarie per l'Europa è sbagliato. A questo punto, insomma, il PE dovrebbe respingere il trattato di Maastricht.

(DISCUSSIONI DEL PARLAMENTO EUROPEO, 16 gennaio 1992)

Pannella (NI). Signor Presidente, Signor Presidente del Consiglio, Signor Presidente della Commissione, se questo Parlamento fosse un Parlamento coerente con se stesso e cercasse di avere con i propri elettori e con la propria opinione pubblica un rapporto corretto, sia il Presidente della Commissione che il Consiglio, attraverso le sue presidenze successive, avrebbero probabilmente avuto una politica diversa e l'avrebbero diversa anche nei prossimi giorni e mesi. E ciò, per esempio, a proposito del nuovo pacchetto Delors, che è importante. Maastricht è stata l'ulteriore smentita, anche un tantino provocatoria ed oltraggiosa, di tutte le risoluzioni della maggioranza di questo Parlamento, dal voto sullo Spinelli fino al voto sul saggissimo Martin. Infatti, qui non c'è né Martin né Herman, non c'è nessuno dei mentori della maggioranza realistica del Parlamento. Sono tornati tutti a casa in attesa che la burocrazia dei loro gruppi, avendo avuto la prova che loro non hanno nessun affetto per le loro tesi e ne

ssuna coerenza, torni ad incaricarli di qualche altra relazione.

Per quel pochissimo che ci può riguardare, dichiaro, all'inverso dell'amico Colaianni il quale parla di critica ma non di rigetto che occorre invece reagire. Non per estremismo, ma per moderazione nell'opportunismo. Bisogna essere un po' moderati anche nell'opportunismo, colleghi. Dopo che tutti i vostri testi sono stati ridotti a carta igienica, quelli di voi socialisti, di voi democristiani, di voi realisti del Parlamento, io vi dico: siate un po' moderati. Adesso non ci vuole critica da parte vostra, ci vuole rigetto, ci vuole opposizione. Altrimenti i vostri testi, anche se noi guadagnassimo dei poteri immensi come Parlamento, voi non li usereste mai come un Parlamento ma come una camera di consultazione e dei partiti che occupano i nostri Stati e che occupano anche la costruzione europea.

Devo dire che, a questo punto, fra le poche cose che rimangono da augurarsi è che il Presidente Delors, che ha esaurito tanta parte della sua carica a Bruxelles, sia il Presidente che succederà a Mitterand a Parigi. Conto così poco, Presidente Delors, che questo mio augurio non può nemmeno nuocerle. Ed esprimo questa speranza perché so che lei, in certi momenti, serba quel minimo direi di capacità o di volontà o di gusto un pochino profetico che caratterizza certi cattolici e certi socialisti e che sono negati ai cattolico-socialisti di governo e di potere, in questo periodo, dappertutto. So che lei, qualche volta, si impegna a concepire il nuovo possibile, invece di consumare realisticamente il possibile che c'è. E, proprio perciò, mi sento di dirle: giacché Consiglio e Parlamento sono l'uno e l'altro autorità di bilancio, per la prima volta, inverta la rotta e crei un asse con noi sul pacchetto Delors, sulle risorse proprie, sulla riforma vera dell'agricoltura. In tal modo le vostre capacità di essere

un esecutivo, anziché uno strumento ambiguo di gestione, verrebbero esaltate e, all'interno del Consiglio, sarebbero premiate politiche che probabilmente sono all'unisono con lei e con noi, se teniamo presenti le posizioni dei Parlamenti nazionali. L'errore è gravissimo, signor Presidente: lei, per realismo politico, ha continuato a cercare un asse con il Consiglio a detrimento del Parlamento. Certo, la capisco: era giustificato che lei disprezzasse il Parlamento, perché sapeva che, se avesse fatto l'asse con noi, a un certo punto si sarebbe trovato poi solo in prima linea con gli Hermann e gli altri che si sarebbero defilati sicuramente. Per quanto mi riguarda, con il partito radicale, farò l'impossibile, ossia il poco che mi è possibile, perché alle elezioni politiche italiane ed in altre il no a Maastricht sia un argomento elettorale preciso di decoro parlamentare e politico.

Sull'allargamento, oggi ci troviamo abbastanza d'accordo. Ma perché già quattro anni fa un federalista come me, signor Presidente, diceva: attenzione, l'allargamento non vuol dire diluizione? Perché? Perché i grandi Stati potenti dell'Europa, oggi, sono interessati non al potere politico europeo, ma sono semplicemente interessati a che il potere politico democratico non disturbi le loro politiche nazionalconservatrici. Mentre interessati all'Europa di diritto e all'Europa politica sono i paesi in dissesto: solo i poveri, gli umili dentro all'Europa, quelli dell'Est, i quali non ci chiedono l'elemosina, ma ci chiedono un momento politico di equità e di giustizia possibili, per cui un'autorità politica europea forte sia in condizioni di non rimettere tutto alla Bundesbank, nella migliore delle ipotesi, o ai gruppi multinazionali che attraversano invece, in agricoltura, nell'agroalimentare, nel militare industriale, le politiche nazionali. Pensiamo alla politica di Mitterrand nel settore militare. Almeno il vec

chio Hernu, il buon Hernu, di cose militari se ne intendeva e qualche argine lo sapeva mettere. Ma quando François Mitterrand oggi passa a gestire l'esistente e il sommergibile atomico, siccome si tratta di realtà che non appartengono alla sua storia, ci dà meno garanzie di quante non ce ne darebbe addirittura Chirac o Giscard.

Sul piano politico, abbiamo avuto l'ampliamento delle competenze comunitarie. Punto e basta. E' una proposizione, non è una frase complessa. Voi avete avuto, quindi, nel settore della crisi dell'Europa, semplicemente la conferma dell'esistente e noi saremo, grazie a Maastricht, sempre di più l'Europa di fronte a Gheddafi, l'Europa di fronte al terzo mondo con il suo atteggiamento cieco e suicida, l'Europa nei confronti dell'unità tedesca, l'Europa nei confronti della caduta dell'impero sovietico, l'Europa vile, cieca, torbida, da anni trenta, nei confronti dell'ex Jugoslavia. Io le chiederò, Presidente Delors, di rendere pubblico l'ultimo rapporto che le è stato inviato dall'osservatore della nostra Comunità, assassinato deliberatamente su questo darò delle prove dall'esercito golpista perché aveva maturato autorevolissimevolmente certe convinzioni.

Ciò di cui non tenete neppure voi, signor Presidente Delors, sufficientemente conto è che, anche in politica la politica cattiva scaccia la buona come la moneta cattiva scaccia la buona. Affidate al mercato politico intergovernativo le scelte su quel che deve essere l'Europa e lei fa una proiezione e dice: quando saremo venticinque o trenta dovremo eleggere uno di noi. Ma sarà eletto il peggiore, il più impotente, il meno significante per portare avanti la non-politica dei trenta. Noi abbiamo bisogno, invece, di ritornare ad una costruzione rigorosa minima, ma nella direzione giusta di poteri che non sono poteri che si intrecciano. La sua tentazione, che si è manifestata più volte, di fare economia della politica, di fare economia dell'istituzione per cercare di fare dei passi avanti mediante una politica economica importante, ancora una volta si scontrerà col fatto che l'economia della politica è un'illusione, un'utopia economicistica, condannata in tutto questo secolo.

Signor Presidente, per terminare, vorrei solo ribadire che l'aiuto che il Parlamento può dare a sé e alla costruzione europea consiste nel respingere Maastricht. E le forze politiche, lungi dal dare per scontato il risultato di Maastricht, dovrebbe avere il coraggio di reagire con decisione.

 
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