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Il Partito Nuovo - 17 febbraio 1992
La »beffa di Maastricht

SOMMARIO: Di fronte al nuovo fallimento del metodo intergovernativo e diplomatico è necessario mobilitare i Parlamenti e i cittadini per impedire la ratifica dei trattati proposti dal Vertice di Maastricht. Nello stesso tempo è indispensabile rilanciare il processo costituente democratico, affidando al Parlamento europeo, legittimo rappresentante del popolo, il compito di scrivere la Costituzione degli Stati Uniti d'Europa.

Quest'articolo è stato scritto il 2 febbraio 1992.

(IL PARTITO NUOVO - N. 5 - Febbraio 1992)

I testi dei progetti dei trattati sull'Unione politica e sull'Unione economica e monetaria (UEM), che dovranno dar vita all'Unione Europea, approvati al Vertice di Maastricht del 9 e 10 dicembre 1991 dai capi di Stato e di Governo dei dodici paesi della Comunità, dovrebbero essere sottoscritti dai Governi verso la fine di febbraio 1992 e sottoposti a ratifica entro l'anno (salvo slittamenti, non nuovi nella storia comunitaria).

Essi sono stati salutati quasi unanimemente come un evento storico: la creazione dell'Europa unita. Il giudizio deve essere un altro: il trattato che istituisce l'Unione politica - basato sui vecchi trattati di Parigi (CECA) e di Roma (CEEE e CEEA), modificati ed integrati dall'Atto Unico e dalle decisioni prese a Maastricht in materia di politica estera e di sicurezza e di politica sociale - non fa compiere passi avanti sul piano politico ed istituzionale; quello dell'UEM è legato ad incerte scadenze.

I risultati sono ancor più deludenti se si confrontano con le aspettative suscitate, alla vigilia del Vertice, dalle prese di posizione di alcuni esponenti politici (sulla base degli impegni assunti a conclusione delle due conferenze intergovernative di Roma, sull'Unione politica e sull'UEM) e del Parlamento europeo: il comunicato congiunto dei Ministri degli Esteri francese, Dumas, tedesco, Genscher, e portoghese, Ordonez; la lettera indirizzata da Mitterrand e Kohl al presidente di turno della Comunità, l'olandese Lubbers; il testo della risoluzione approvata dall'Assemblea di Strasburgo.

Nei documenti, tra l'altro, si esprimeva la volontà di progredire verso una Unione europea a »vocazione federale ; di dare avvio ad una politica estera e di sicurezza comuni come elemento determinante dell'Unione politica; di ricorrere al voto di maggioranza qualificata del Consiglio per l'applicazione di tale politica; di voler associare il Parlamento europeo alla formulazione della politica estera ed al controllo della sua attuazione; di pretendere il diritto di iniziativa e la funzione di vero governo per la Commissione esecutiva; di stabilire il potere di co-decisione legislativa del Parlamento e del Consiglio; di realizzare una struttura unica e comunitaria della politica estera e di sicurezza, commerciale, di cooperazione allo sviluppo, monetaria.

A Maastricht questi buoni propositi sono stati dimenticati: la »vocazione federale è stata sostituita dall'auspicio di una »unione sempre più stretta ; l'efficacia della politica estera viene condizionata da un elaborato meccanismo di carattere puramente intergovenativo, che sottopone ogni rara decisione a maggioranza ad un preliminare voto all'unanimità del Consiglio.

L'unanimità è anche richiesta non solo per le modifiche o emendamenti ai trattati, ma anche in tutte le materie più importanti, tra cui: adesione dei nuovi Paesi alla Comunità; ampliamento delle competenze comunitarie; concessione della cittadinanza europea e libera circolazione delle persone; problemi dell'armonizzazione fiscale; normativa in alcuni settori della politica ambientale; deliberazione in fondamentali settori della politica economica e monetaria; decisione sulle risorse proprie; attuazione della procedura elettorale uniforme; scelta della sede delle Istituzioni comunitarie; sottoscrizione di alcuni accordi internazionali.

Deludente anche il testo del progetto di trattato sull'Unione Economica e Monetaria, i cui contenuti e meccanismi vanno messi in relazione: ai tempi lunghissimi previsti per la realizzazione; alle difficoltà internazionali od interne ai singoli Paesi, che possono sopraggiungere (come avvenuto per il Sistema Monetario Europeo); ai problemi connessi al previsto ampliamento a nuovi Paesi europei; alla gestione tecnocratica del processo, che fa prevedere un orientamento restrittivamente monetaristico; all'assenza, soprattutto, di un parallelo progresso nel campo politico ed istituzionale. La realizzazione dei fini del trattato dell'UEM sarà quindi legata alla difficile creazione di coerenti maggioranze su temi specifici, che dovrebbero contrapporsi e superare le naturali e sperimentate azioni intergovernative, sollecitate dalle lobbies e dagli interessi nazionali.

Ancor più gravi sono state le chiusure sul piano istituzionale. La Commissione, il cui mandato coinciderà con quello quinquennale del Parlamento europeo (da cui riceverà l'investitura), vede il suo ruolo politico ancor più diminuito dalla creazione di nuove strutture intergovernative: il Comitato per la politica estera, il Comitato economico e monetario, il Comitato per la libera circolazione delle persone.

Quanto al Parlamento europeo, la richiesta di co-decisione legislativa è stata completamente disattesa dai nuovi dispositivi previsti: essa si applica, infatti, solo a sette casi del Mercato interno (che saranno utilizzati fino al 31 dicembre 1992, quando dovrebbe realizzarsi, secondo l'Atto Unico, il grande mercato comunitario); a tre casi di programmi pluriennali (ricerca, ambiente e reti trans-europee); a quattro settori (educazione, salute, cultura e consumatori), nei quali, però, i Governi auspicano che si proceda per »raccomandazioni e non per decisioni regolamentari. La stessa procedura di co-decisione, che prevede un tentativo di conciliazione in caso di disaccordo tra Parlamento e Consiglio, dà diritto a quest'ultimo di adottare la posizione iniziale, lasciando al Parlamento il solo diritto di veto, che risulta quindi un atto abrogativo e non di iniziativa legislativa.

Di fronte alla »beffa di Maastricht è necessario mobilitarsi subito per impedire nei prossimi mesi la ratifica dei due trattati e, contemporaneamente, riprendere l'azione al fine di affidare al Parlamento europeo il mandato di redigere la Costituzione degli Stati Uniti d'Europa, difendendo il progetto della commissione istituzionale del PE (elaborato sulla base del progetto di Unione europea di Altiero Spinelli), già approvato il 12 novembre 1990 dalla stessa Assemblea di Strasburgo.

L'azione costituente deve essere modellata su quella intrapresa con grande successo in Italia dal Partito Radicale e dal Movimento Federalista Europeo, in collaborazione con tutte le altre organizzazioni federaliste e gli esponenti di alcuni partiti, raggruppati nell'Intergruppo federalista del Parlamento italiano. Tale azione, che ha portato alla realizzazione di un Referendum di indirizzo, sostenuto dal voto di più dell'80% dei cittadini italiani, in occasione delle elezioni europee del 1989, deve ora essere suscitata in tutti gli altri undici Parlamenti dei Paesi della Comunità.

La costruzione federale è oggi necessaria ed urgente per combattere il deficit di democrazia che svilisce i Parlamenti nazionali, emarginati e spogliati di parte dei loro poteri senza lo sviluppo dei poteri legislativi e di controllo del Parlamento europeo. La sua mancata realizzazione colpisce politicamente ed economicamente i Paesi liberatisi recentemente dai regimi totalitari: un ulteriore ritardo potrebbe spingerli verso un preoccupante nazionalismo, che già presenta, in alcuni casi, inquietanti aspetti di intolleranza razziale e incapacità di rapporti interculturali e politici tra nazioni, regioni ed etnie.

 
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