"Craxi, giù le mani dal Partito radicale"di Massimo Teodori
SOMMARIO: Deplora il tentativo di Craxi di compiere una "incursione" nel partito radicale, utilizzando alcuni eletti nelle sue liste. Si dà notizia dell'incontro-dibattito al circolo "Mondoperaio", organizzato come "operazione tattica" di "egemonizzazione" da parte del PSI. Certo, per battere la DC è necessario un rafforzamento dell'area delle forze del socialismo: e sotto questo aspetto, una "iniziativa tra radicali e socialisti" sarebbe utilissima, come ci ricordano tanti esempi del passato, da Turati a Mitterrand. Purtroppo, oggi occorre chiedersi se esistano "le premesse" per un dialogo politico tra radicali e PSI. Su due temi come la vicenda Sindona e la P2 i socialisti hanno contrastato la battaglia radicale; in Parlamento, essi hanno appoggiato il nuovo regolamento della Camera e l'aumento del finanziamento pubblico. Così in molte altre iniziative e occasioni, RaiTV, ecc. Il PSI si comporta oggi come il PCI ieri con gli "utili idioti". Certi mezzucci consumano la prospettiva della "costituente di una
grande forza socialista".
(IL MANIFESTO, 2 marzo 1982)
Il Psi sta per compiere un'incursione nel Partito radicale, utilizzando alcuni "utili idioti" eletti nelle liste del Pr. Questa la tesi, questi i giudizi contenuti nell'articolo che ci ha inviato Massimo Teodori, deputato radicale. Il manifesto pubblicherà anche le repliche che gli altri protagonisti di questa vicenda politica vorranno farci giungere.
Si tiene questa sera un incontro - dibattito al circolo Mondoperaio di Roma, Un progetto per l'area socialista, a cui partecipano sei esponenti di primo piano del Psi (Benvenuto, Benzoni, Cassola, Landolfi, Martelli, Raffaelli e Spini) e sei deputati del gruppo radicale (Ajello, Boato, De Cataldo, Pinto, Roccella e Sciascia). L'iniziativa si inquadra nell'operazione tattica di egemonizzazione da parte del Psi di un'area non comunista o attraverso convergenze politiche fra partiti o provocando microscissioni. Di già a via del Corso e sui giornali collegati al Psi i deputati radicali sono denominati "scissionisti" e si prefigura lo smembramento del Pr di cui il craxismo dovrebbe fare la parte del leone.
Da molto tempo sono convinto che non ci può essere in Italia soluzione al problema democratico senza la costituzione e l'affermazione di una grande forza socialista. L'alternativa alla forza storica di destra in Italia, la Dc, e al suo sistema di potere, l'allargamento del consenso alle forze di rinnovamento sì da guadagnare la maggioranza del paese, e la realizzazione dei valori politici e culturali del socialismo democratico e libertario nello Stato e nella società non si avvereranno mai nel nostro paese se non si attraversa una fase di trasformazione e di rafforzamento delle forze che, sotto varie forme, si richiamano al movimento socialista occidentale, sia nelle migliori forme tradizionali che nelle nuove espressioni sociali e politiche degli anni settanta nate sulla base dei conflitti emergenti nella società contemporanea.
Sotto questo aspetto un'iniziativa fra socialisti e radicali sembrerebbe muoversi secondo la linea naturale e necessaria della soluzione di un problema che prima ancora d'esser politico ha ormai, dal dopoguerra, implicazioni storiche. Radicalismo e socialismo appartengono alla stessa famiglia. Il giovane Turati portò nel riformismo del Psi quell'anelito di libertà a cui si era formato con la milizia nella democrazia radicale. Carlo Rosselli poté dare nell'azione nuova linfa all'antifascismo socialista a partire dalla sua formazione radicale o liberalsocialista fuori dalle diatribe dottrinarie del movimento operaio internazionale. Gli uomini del Partito d'azione e, poi, di Unità popolare nutrirono nei momenti migliori di innovazione e non di gestione il filone socialista. Ai giorni nostri è stato un "radicale", François Mitterrand, con tutto il patrimonio di una cultura minoritaria anche se non tale per vocazione, a federare il migliore e più innovatore partito socialista dell'occidente.
Oggi il nuovo corso socialista, nella palude di idee e di politica in cui rischiamo di affogare tutti, appare trainante. L'inno allo spregiudicato dinamismo craxiano è assai diffuso. Anche alcuni radicali, quelli che hanno accettato di partecipare ad una iniziativa promossa dal responsabile dell'"area socialista" del Psi, sembrano irretiti da un presunto successo socialista, di cui ci si potrebbe e dovrebbe rallegrare se non avesse i piedi di argilla.
Non ho pregiudizi tali da farmi ritenere improponibile un dialogo fra una forza come il Psi che si è fatta carico della "governabilità" ed una forza come il Pr che è portatrice dall'opposizione di valori nuovi sulla scena politica non solo contro la maggioranza parlamentare e governativa ma anche in opposizione al "club dei partiti" e alle sue pratiche omologanti. Ma la domanda che si pone è se nel momento attuale esistano le premesse per quel dialogo politico fra radicali e socialisti che pure per ormai vent'anni, fra alterne vicende, si è intermittentemente realizzato ma sempre e solo a partire dalla convergenza su comuni battaglie.
Durante l'ultima stagione i socialisti sono stati campioni nel contrastare e contrapporsi alle battaglie radicali. Abbiamo trovato il Psi sulla sponda opposta alla nostra sulle due questioni di profondissima rivelanza politica prima che morale: la vicenda Sindona e quella P2. Assenti nella battaglia per mettere a nudo il marcio decennale del sindonismo i socialisti non hanno saputo districarsi dal "sistema piduista" nel quale sono stati e restano immersi tutt'altro che marginalmente. In parlamento il Psi è stato la punta di diamante per la realizzazione di quella continua esplicita trasformazione autoritaria del regime che è passata attraverso la riforma del regolamento della Camera e l'aumento del finanziamento pubblico dei partiti su cui è stata posta la fiducia del governo contro i radicali. Non c'è stata operazione di potere e di sottopotere, qualificante il centro e non la periferia del regime, che non abbia visto il Psi in prima linea: la brutale occupazione della Rai-Tv; le operazioni stampa che aveva
no avuto il preludio nel lungo braccio di ferro per dare centinaia di miliardi a Rizzoli-P2; la spartizione di enti dello stato e del parastato. E, sul valore nuovo e "socialista" della lotta alla fame, nonostante la risposta positiva di quadri e militanti socialisti, il Psi ha brillato per indifferenza ed ostilità nelle decisioni governative e parlamentari.
Che dialogo politico, dunque, è quello oggi proposto? Un tempo il Pci era solito usare i "compagni di strada" spesso nel ruolo di "utili idioti" perché di tutto si preoccupavano meno che della sostanza politica delle convergenze. Il craxismo sembra voler usare metodi analoghi. Non è davvero un'operazione edificante e suscettibile di sviluppi un proficuo e necessario dialogo politico quella di andare a pescare fra i parlamentari radicali (supposti "in crisi") un paio di revenant Psi, due deputati di Lotta continua che hanno scelto di mai integrarsi nella prospettiva radicale, un prestigioso scrittore come Sciascia a cui deve moltissimo il pensiero civile del nostro paese ma che oggi è troppo ossessionato dal cosacco sotto il letto, e tutti quei radicali che hanno invocato il garantismo a proposito della P2 come il cavolo a merenda.
La costituente di una grande forza socialista resta il problema. Ma l'uso di mezzucci che troppe volte abbiamo rimproverato al Pci servono solo per consumarne la prospettiva. Della politica, della forza e dell'azione radicale, quasi tutti hanno riconosciuto in questi anni il valore innovativo, arricchente e per tanti versi "rivoluzionario" nella sinistra italiana. Provocare "scissioni", come scrivono le gazzette bene informate, oppure preoccuparsi di rosicchiare ai radicali quel paio di punti di percentuale che alle prossime elezioni dovrebbero dar fiato ad un Psi rampante, è una misera operazione che non porta da nessuna parte. Il dialogo fra radicali e socialisti si fa, e si deve fare, con i contenuti e le battaglie politiche e non con le manovrette che durano lo spazio d'un mattino.