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La Repubblica - 29 marzo 1992
PANNELLA GIOCA ANCORA CONTRO TUTTI
(g.batt.)

SOMMARIO: »Ci fosse il copyright in politica, lui a quest'ora sarebbe ricco. Invece eccolo ancora una volta alle prese con una battaglia solitaria, controcorrente, all'apparenza disperata. Quasi narcisista. Marco Pannella stavolta si propone sulla scheda in prima persona, in presa diretta. Lista Pannella appunto. Padre padrone di stesso, pronto all'incasso politico d'un risultato che potrà gestire in prima persona senza render conto a nessuno. Neppure a quel partito creato a sua immagine e somiglianza che è il Partito Radicale. Un piccolo capolavoro di strategia politica per un piccolo "Impero" d'ideali sul quale ormai non tramonta il sole.

(LA REPUBBLICA, 29 marzo 1992)

Se non proprio il radicalismo, certo in meno di vent'anni di presenza parlamentare il pannellismo ha fatto breccia quasi ovunque. Ha inventato la battaglia contro la partitocrazia, oggi patrimonio collettivo. Ha messo in guardia contro lo sfascismo, oggi neologismo ereditato da Forlani. Ha inventato la politica referendaria, e anche su questo si scommette col voto del 5 aprile. Dieci anni fa ha rilegittimato i missini e da allora ha fatto scuola. Ha anticipato un nuovo ordine politico europeo prima ancora della caduta del muro di Berlino, inventandosi un partito trasnazionale; e per scuotere la sclerosi politica italiana ha aperto le porte del Pr agli iscritti d'altri partiti. Sistema doppia tessera, valido anche all'estero.

Adesso, a questo appuntamento elettorale che in tanti vogliono storico, la ditta Pannella raddoppia. Il profeta corre in proprio, con sulla scheda un marchio nuovo di zecca e in scuderia un buon numero di radicali "storici" (Bonino, Cicciomessere, Faccio, Melega, Tessari, più gli antiproibizionisti Barenghi e Taradash). Un'altra robusta fetta del radicalismo italiano (con accesso al Logo classico: la rosa in pugno) è finita nella Lista per il referendum di Giannini, formalmente in concorrenza sulla stessa scheda elettorale (e li si trovano Negri, Teodori, Calderisi). Pannella uno e bino. E non basta. Candidati iscritti al Pr sono dispersi, presenti quasi ovunque grazie al congegno della "doppia tessera", in tutte le liste. Così ecco i pidiessini (Bordon), liberali (Baslini), localisti (Lanzinger), socialisti (Mancini, Tognoli, Borgoglio), Verdi (Rutelli, Mattioli, DE Luca). Una grande confusione? Macché. Dispersione calcolata. A guardar bene, in fondo, è solo uno schema simmetrico e opposto a quello di Mario

Segni. Pannella vuole un sistema elettorale di tipo anglosassone o americano (due partiti contrapposti), Segni punta a un sistema alla francese: tutti i partiti in lizza in un primo turno di voto, al secondo giro alleanze in ballottaggio.

Accanto alla strategia istituzionale, che tien d'occhio i grandi appuntamenti del dopo-voto, c'è il piccolo sabotaggioquotidiano. Il meccanismo delle imprevedibili adiacenze e delle prese di distanza nelle quali Pannella è inarrivabile. C'è del nuovo anche qui. Lontani gli anni dell'aspra battaglia contro Cossiga ministro degli Interni, ecco un Pannella agrodolce verso il Quirinale (memorabile, mesi fa, un dibattito in TV). Eppure lanciato anche nella richiesta d'impeachment, che però ritira a metà febbraio; e ancora polemico nel criticare (unico nel silenzio diffuso) l'annuncio di Cossiga della possibilità di sospendere lo Stato di diritto per combattere la mafia.

Pannella a sorpresa. Imprevedibile, imprendibile. Mai dove lo si aspetta. Come con la difesa di Salvo Lima dopo l'assassinio (in effetti "un rischio per il quorum", ammette), tanto apprezzata da Forlani. Laico (il governo De Mita affondò su un impossibile "polo laico") ma anche tenace contestatore di laici come Giorgio La Malfa: e infatti è d'accordo con Spadolini che critica il "governo dei tecnici". Del quale La Malfa ancora nei giorni scorsi a Bologna ha criticato la "cosiddetta opposizione per acquisire al gioco politico tradizionale la fetta socialmente più alta della rivolta leghista". Curioso: la stessa accusa lanciata da Dc e Psi. Ma Pannella va ben oltre: "senza le trombe" della grande stampa, dice, "La Malfa resterebbe con un partito che da Roma in giù è tanto contiguo a camorra, mafia, 'ndrangheta e al trasformismo politico quanto possono esserlo DC e Pci. Anzi, per le sue piccole dimensioni anche di più". Pannella pentapartito allora? Sorpresa: "In questa campagna elettorale Dc e Psi hanno almeno

il pregio della chiarezza. Non pretendono di cambiare nulla ma solo di migliorare le loro condizioni in termini di potere. Mentre Pds e Pri non sono in grado di fare un'opposizione seria al regime perché hanno proposte confuse o demagogiche".

Cos'ha in mente davvero Pannella Giacinto detto Marco? Contro tutti come sempre, ma con qualche accanimento in più verso chi sta di traverso al suo traversalismo politico. Tentativo di malleveria liberal-libertaria d'un sistema che non schioda. Già lontana la breve stagione dell'epico avvicinamento alla Cosa di Occhetto ancora non Pds (ma da quel momento in poi, gelo) sembrano tornare giorni di tregua con Craxi. In vista di quali obiettivi?

Nel gran trambusto che seguirà questo voto frammentario non può essere escluso quasi nulla. Compreso un Pannella al governo. "Non mi sono mai seduto su una poltrona, non ho mai condiviso del potere", ha detto l'altro giorno in tv da Funari, "oggi tutti quelli che hanno amministrato potere e poltrone fanno finta di parlare come me". Non sarà allora che nella dilagante voglia d'opposizione frammentata di questo voto (solo quattro partiti su almeno venti sono assediati a difesa del governo) tocca a Marco Pannella un ennesimo sacrificio controcorrente? Un gesto di generosità interessata, magari in vista di opportunità ministeriali? L'interpretazione è libera. Ma sulla prospettiva lui non si scompone. Ha sempre detto di ritenere suo "dovere" guardandosi attorno, candidarsi alla guida del governo. Stavolta aggiunge solo una disponibilità in più. "Alla peggio", precisa, non rifiuterebbe il ministero degli Esteri.

 
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