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Il Partito Nuovo - 30 marzo 1992
Usa: stato di diritto ed esecuzioni capitali

SOMMARIO: Un passaggio importante della campagna per l'interdizione della pena di morte nel mondo potrebbe essere la formazione di un principio-consuetudine internazionale che vieti le esecuzioni legali. Questo tipo di norma sarebbe vincolante e prevarrebbe, secondo il diritto internazionale, sul diritto interno contrastante. Per questo, occorre che un maggior numero di Stati che godono di prestigio presso la comunità internazionale ratifichi gli accordi internazionali, che vietano o limitano la pena di morte. Costituirebbe una prova dell'esistenza di una consuetudine internazionale.

(IL PARTITO NUOVO - N. 6 - MARZO 1992)

Gli Stati Uniti, il Paese di più antica e solida democrazia, punto di riferimento obbligato nella Comunità e nel governo mondiali, costituiscono un luogo importante, decisivo della nostra azione.

Animati dalla propria tradizione democratica e liberale, ma bloccati dalla presunzione di ritenere la propria Costituzione insuperabile sotto il profilo della tutela dei diritti umani, gli Usa, fino ad oggi, hanno scelto di non aderire ad alcuna delle convenzioni sulla pena di morte. Liberi, così, da ogni obbligo di carattere internazionale, alcuni Stati della Federazione continuano a riservare ai condannati a morte il trattamento disumano della segregazione per anni nei »bracci della morte prima di essere giustiziati.

Contravvenendo a quella che ormai può considerarsi consuetudine di diritto internazionale - almeno 72 Stati mantenitori nel mondo ne escludono l'applicabilità, mentre per altri 12 il divieto nasce dall'adesione a trattati internazionali - negli Stati Uniti si condannano a morte i minorenni, anche se, ipocritamente, si attende il compimento della maggiore età per eseguire la sentenza.

Nonostante 84 Stati mantenitori prevedano disposizioni particolari a tutela del nascituro e misure di salvaguardia nei confronti dei minorati mentali, negli USA si permette l'esecuzione di donne in gravidanza e alcuni minorati mentali sono stati giustiziati. Molte condanne a morte ed esecuzioni sono ancora la conseguenza di gravi pregiudizi razziali.

La nostra azione nei confronti degli Stati Uniti deve essere tanto più ferma quanto più convinto è il riconoscimento dei loro fondamenti di libertà, di stato di diritto, di democrazia politica.

La distinzione con i sistemi totalitari non può essere ideologica, ma marcata sulla linea di alcuni principi fondamentali, il diritto alla vita e la vita del diritto, sopra tutti.

Le nostre democrazie devono distinguersi dal totalitarismo anche in ordine alla pratica della pena di morte, a maggior ragione nel caso di delitti efferati, ai quali uno Stato di diritto non può rispondere con pratiche crudeli.

Ma, se siamo sempre più convinti della necessità di acquisire in tutto il mondo, a partire dagli Usa, all'alba del nuovo millennio, l'abolizione della pena di morte, scritta nel diritto internazionale e regolamentata nelle leggi di ogni Paese, allora non possiamo non essere consapevoli dell'urgenza di incontrarci, associarsi ed organizzarsi.

E' urgente, a partire anche da noi, da te, dalle centinaia di parlamentari, di Premi Nobel, di uomini di scienza e di cultura di tutto il mondo che hanno aderito alla campagna contro la pena di morte, costituire l'organizzazione politica transnazionale e transpartitica che questo obiettivo si è posto: il Partito Radicale.

 
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