PANNELLA, INCUBO DEI LEADER DI PARTITO, IN LIZZA COL MARCHIO DOC DEL SUO NOME. DIREBBE MANFREDI, PRIMO "FAN" IN QUESTA CAMPAGNA: PIU' LO BUTTI GIU' E PIU' SI TIRA SU.LA STAR DEI RADICALI SEMPRE INCONTENIBILE. CON PAROLE FORTI, ATTACCHI E PROVOCAZIONI LANCIA NUOVE SFIDE "HO RIDIMENSIONATO LO SPETTRO DELLE TERZA ETA'".
DI ANTONIO GALDO.
SOMMARIO: Una "giornata" elettorale di Marco Pannella a Napoli. Perché la lista Pannella: "rappresenta una scelta giusta, di una democrazia che parte da Atene ed arriva al mondo anglosassone dove gli elettori scelgono gli uomini".
(IL MATTINO DI NAPOLI, 1· aprile 1992)
Napoli. Diavolo di un Marco Pannella! Più lo butti giù e lui più si tira su, per dirla con Nino Manfredi, suo "testimonial" in questa campagna elettorale. Un gatto di razza della mediocre politica italiana: con 9 vite. E sempre solo, contro corrente, innamorato della sua immagine e delle sue idee.
Da anni seduttore televisivo, incubo di segretari di partito e leaders nazionali che continuano ad evitarlo come la peste.
"L'unico che aveva questo coraggio era Giorgio Almirante - ricorda Marco Pannella - però, quando finalmente facemmo un duello televisivo, immediatamente cambiò idea. E da allora non mi sono più scontrato neanche con Almirante...". Adesso ha provato a litigare con La Malfa, Orlando, Bossi e Giannini. Gli hanno sempre risposto di no: Pannella fa ancora paura quando tuona via teleschermo. Ha avuto fortuna soltanto con Achille Occhetto, un quarto d'ora di faccia a faccia, poi andato in onda attraverso Radio Radicale in tutta Italia.
La giornata di Marco Pannella è un'agenda di appuntamenti in TV. Una raffica di "fili diretti", interviste, spazi autogestiti. A modo suo: con parole forti, attacchi, provocazione. Ecco qualche esempio.
"La Malfa è diventato un personaggio perchè può permettersi una campagna elettorale miliardaria, con alle spalle i soldi della Fiat e dell'Olivetti". "Tg1, Tg2 e Tg3 mi hanno dato 48 secondi in 8 mesi, questa è la partitocrazia". "Bossi ha imparato l'arte della scellerata demagogia". "Occhetto è pronto a fare l'accordo con quella DC che dice di combattere".
Si va avanti così per ore, fino alle 5 del mattino quando si spengono le luci sull'ultima fatica televisiva della star radicale. Non le sorge il dubbio, onorevole Pannella, che in questo clima anche lei ha stufato? Marco tira fuori dal cilindro storia e filosofia: "Stancarsi di un uomo politico può esserne la logica delle cose... Io sono contento di riuscire ancora ad avere un volto e delle convinzioni che interessano la gente. Inoltre, ho ridimensionato l'incubo della terza età". Cioè non si considera vecchio? "Credo che la terza età sia quella rinascimentale, della saggezza e della forza".
Che prodotto vende Pannella a colpi di super-spot televisivi?
Vende una delle più clamorose novità del voto del 5 aprile, una lista che porta il suo nome e cognome. Una ditta con diversi radicali storici (dalla Bonino a Melega, da Cicciomessere alla Faccio) e alcune creature politiche di Marco, come il consigliere comunale napoletano, Elio Vito. Ma l'articolo più importante è lui, l'uomo che ha portato il Paese ad una storica battaglia, vinta dai laici, per il divorzio. Il leader politico che ha fatto mille digiuni per la fame nel mondo, che si è battuto con tutti i suoi mezzi per i diritti civili, uno dei grandi temi in discussione nel mondo nel mondo occidentale e nell'ex impero sovietico.
Già, il gatto a 9 vite Marco Pannella, può certo presentarsi al pubblico con una di quelle frasi solo apparentemente banali: "Io l'avevo detto". Il leader radicale ha infatti inventato tante parole d'ordine sono entrate nel linguaggio e negli slogan della campagna elettorale per le politiche del 1992. Il rischio dello "sfascismo", la guerra senza frontiere alla "partitocrazia", l'idea della "trasversalità", quella che attraversa le forze politiche tradizionali, il cambiamento a colpi di referendum. Roba e idee dell'autobiografia di Pannella. Ed ora, le fa piacere di essere stato copiato a piene mani? "Spero che la gente sappia distinguere tra chi bluffa con queste parole e quanti, come me, da anni portano avanti una battaglia politica". Intanto, le invenzioni di Pannella sono altre. A parte la lista con il suo nome, il significato politico dell'operazione, il Marco, sempre contro corrente, trova fiato per nuove "bombe" politiche. Difende Salvo Lima, "linciato dai giornali e dagli avversari". Si candida al Mi
nistero degli Esteri, "ha la peggio", perchè Pannella sente "il dovere di guardarsi attorno e di essere anche pronto a guidare il governo".
Rischia, Pannella. Come gli è capitato altre volte. "Fino ad alcuni giorni fa, pensavo di non avere il quorum per la mia lista, adesso sono più ottimista". Marco è candidato in prima persona a Milano, Roma e Torino. Ha bisogno come il pane di 60mila voti in una di queste grandi città: soltanto così, infatti, per la sua lista può scattare il quorum e la "Pannella company" arrivare in Parlamento. Magari con un gruppetto di deputati. "Quando finalmente mi sono convinto che potevamo farcela - confessa - ho messo in moto alcuni finanziamenti sul possibile rimborso elettorale che scatterà se saremo eletti. Ho potuto raccogliere, attraverso prestiti, 350-400 milioni per parlare nelle televisioni".
Anche in questo, Pannella è contro corrente. Soldi per le sue battaglie ce ne sono sempre pochi, ma lui quando si mobilita muove mari e monti. Chiede, strilla, convince. Ed alla fine qualcosa porta sempre a casa. Anche se può ripetere, senza la paura di essere di essere smentito, che "Marco Pannella non si è mai seduto su una poltrona, non ha mai condiviso il potere".
E' notte fonda e il Pannella, "politico della notte", non ha ancora terminato. Ha macinato ore di dialoghi televisivi, si è tirato nei polmoni 110 "Celtique" ("Le stanno togliendo di mezzo, sono finite prima di me.."), ha ripetuto come un disco, perchè la lista Marco Pannella "rappresenta una scelta giusta, di una democrazia che parte da Atene ed arriva al mondo anglosassone dove gli elettori scelgono gli uomini". Ma non è stanco, domani fa il bis. E state tranquilli: di lui sentiremo ancora parlare. Non lo vedremo nè in pensione nè a scrivere libri sulla partitocrazia.