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Guissou Basile - 30 aprile 1992
LA PENA DI MORTE IN AFRICA
XXXVI· CONGRESSO DEL PARTITO RADICALE - Commissione "Pena di morte"

A cura di Basile L. GUISSOU, Consigliere federale del Partito radicale

SOMMARIO: Documento sulla pena di morte predisposto per il 36· Congresso del Partito radicale (Roma, Hotel Ergife, 30 aprile - 3 maggio)

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Da tre anni, l'Africa intera vede attuarsi un processo di democratizzazione della vita politica, con nuove Costituzioni, elezioni amministrative e politiche pluripartitiche, e la separazione effettiva dei poteri legislativi, esecutivi e giudiziari. Le libertà fondamentali, a cominciare dalla libertà di stampa e d'opinione, sono più o meno garantite nella maggior parte dei paesi africani.

Questa situazione d'insieme costituisce un terreno particolarmente propizio per la nostra azione radicale e nonviolenta, che deve essere in grado di trovare vie e mezzi per una collocazione adatta alle condizioni specifiche della vita politica locale. Il problema della pena di morte sussiste tuttora in Africa, e la fondatezza del suo mantenimento negli ordinamenti vigenti, appare quasi "ovvia", agli occhi della maggioranza degli attori della vita politica.

Eppure la lotta per la vita del diritto che ha potuto portare ai mutamenti politici di oggi, non puo, né deve, essere separata dalla lotta per il diritto alla vita. L'illusione di poter stabilire la vita del diritto senza il diritto alla vita, prepara ulteriori arretramenti, che possono essere ancor più drammatici, come ne danno testimonianza quotidiana i molteplici scontri armati dei "nazionalismi", in tutto il Mondo.

La questione della pena di morte puo essere un tema portante, per l'introduzione delle idee radicali in Africa, sul duplice piano della transnazionalità e del transpartitismo, non appena le febbri elettorali di oggi saranno state in grado di creare delle istituzioni democratiche e funzionali. I partiti politici locali, per motivi elettorali molto comprensibili (la pena di morte è "popolare" presso le masse) non possono farsi carico di queste tematiche. Ancora meno lo possono i governi, perché di fronte all'insicurezza ed all'accrescersi della criminalità, la pressione popolare finisce col denunciare il lassismo delle autorità, e pretendere azioni repressive sempre più violente, come l'applicazione della pena di morte, laddove non viene applicata.

Tuttavia, è evidente che i militanti maggiormente informati ed aperti ad un "diverso approccio" del problema, saranno pronti a sostenere una azione transpartitica e transnazionale, che non impegni i propri partiti "nazionali" ma che consenta di riunire intellettuali e democratici preparati alla lotta contro questa pratica.

1) LA SITUAZIONE IN AFRICA, RIGUARDO ALLA PENA DI MORTE.

Su cinquantadue (52) paesi africani, sono quarantotto (48) quelli che mantengono la pena di morte nei propri ordinamenti nazionali. A quanto ci risulta, solo quattro hanno cancellato la pena di morte dai loro testi: Capo Verde, Sao Tomè e Principe, Namibia, Mozambico.

Negli altri paesi, possiamo distinguere due situazioni:

- paesi che mantengono la pena capitale, per motivi, secondo loro, "dissuasivi", e che non la applicano.

- paesi che condannano alla pena di morte, e che applicano la pena di morte.

2) PROPOSTA D'AZIONE RADICALE TRANSNAZIONALE E TRANSPARTITICA.

Nel quadro della nostra attuale campagna internazionale per l'abolizione della pena di morte, ovunque nel Mondo, è possibile ed auspicabile che il Congresso si pronunci sulla seguente proposta d'azione, destinata in modo specifico all'Africa: la promozione di un accordo regionale in Africa, a partire dai Paesi abolizionisti de jure o de facto.

Si tratterà in un primo tempo, di considerare assieme ai paesi abolizionisti i paesi o territori nei quali da almeno dieci anni non vengono più giustiziati i condannati a morte (sono sette: Comoros, Costa d'Avorio, Gibuti, Madacascar, Niger, Senegal, Togo), in modo da potervi individuare alcune personalità (giuristi, medici, intellettuali democratici, ect.) favorevoli alla nostra azione ed invitarli ad organizzarsi a livello africano. Lo scopo è quello di creare una corrente abolizionista organizzata in ciascun paese e tra i paesi stessi. Questa struttura africana potrà rinuirsi per elaborare un piano d'azione, in modo da scegliere la propria strategia e le proprie tattiche, secondo i propri mezzi e le proprie forze. I parlamentari eletti, i governi, le organizzazioni internazionali africane come l'Organizzazione dell'Unità Africana, possono facilmente essere sensibilizzati, e spinti ad agire, qualora si sentissero sostenuti o sottoposti alle pressioni di una opinione organizzata ed attiva.

Nelle attuali condizioni politiche dell'Africa, non risulterà difficile individuare personalità autorevoli, militanti di associazioni come quella per la difesa dei diritti umani, magistrati democratici, avvocati ed anche militanti di partiti politici nazionali, perché si associno in una battaglia puntuale, limitata all'unico obbiettivo dell'abolizione della pena di morte.

I Paesi seguenti possono intanto essere presi in considerazione per una prima presa di contatti:

Capo Verde (paese abolizionista), Costa d'Avorio, Senegal (che non applica più la pena capitale dal 1967), Togo (che non applica più la pena capitale dal 1978), ma anche Congo Brazzaville e Benin (paesi mantenitori).

Questa proposta ci appare come una azione concreta, per introdurre la pratica transnazionale e transpartitica in Africa, dove si contano a decine se non a centinaie i partiti politici per ogni paese.

 
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