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Loquenzi Giancarlo - 10 maggio 1992
A FROTTE DALL'EUROPA DELL'EST LE RECLUTE DI PANNELLA
Al primo congresso transnazionale dei radicali sono intervenuti rappresentanti di settanta partiti che provengono da trenta paesi diversi.

di Giancarlo Loquenzi

SOMMARIO: Cosa hanno a che fare con il vecchio partito dei diritti civili, del divorzio, dell'aborto dell'obiezione di coscienza i tanti iscritti radicali che sono giunti da ogni parte del mondo per partecipare al congresso radicale? Ha preso forma una sorta di partito di secondo grado capace di interloquire con i governi nazionali, e nelle relazioni tra questi; di intervenire nel dibattito delle grandi organizzazioni internazionali, colmando quella sorta di deficit democratico che lascia parlamenti e partiti nazionali muti davanti al potere dei governi. Perchè i congressisti vengono in maggioranza dai paesi usciti dal comunismo? "E' solo nell'Europa dell'est che oggi si riflette seriamente sul futuro della democrazia", spiega Pannella, "mentre altrove si è stabilita una specie di assuefazione a qualcosa che sta alla democrazia, come il socialismo reale stava al socialismo".

("L'INDIPENDENTE", 10 maggio 1992)

ROMA. In via di Torre Argentina Roma, nella nuova sede del Partito Radicale, giusto di fronte a quella storica al numero 18, sembra di stare nell'atrio di un aeroporto. E' appena terminato il primo congresso trasnazionale del partito e circa un centinaio di deputati di mezzo mondo si sono dati convegno qui per gli ultimi accordi prima del ritorno a casa. Probabilmente il contratto con gli interpreti è scaduto e questa folla di rappresentanti di popoli che per lo più si incontra per la prima volta fa una gran fatica a capirsi. Molto russo, un po' di inglese, serbo-croato, rumeno, ceco, polacco, qualche convenevole in francese e due in un angolo che confabulano in esperanto. Si stenta a credere che al di là delle loro mille fedeltà, dei tanti orizzonti che hanno negli occhi, in tasca abbiano la tessera di uno stesso piccolo partito. Che cosa vuol dire per tutta questa gente possedere quel rettangolino di cartone plasticato dal costo non indifferente seppure proporzionale ai redditi procapite dei loro rispettiv

i paesi e che ne fa dei radicali a tutti gli effetti.

Cosa hanno a che fare con il vecchio partito dei diritti civili, del divorzio, dell'aborto dell'obiezione di coscienza? Cosa hanno a che fare con Marco Pannella, che alla vigilia del congresso spendeva tutte le sue energie perchè il signor Oscar Luigi Scalfaro divenisse presidente della Camera dei Deputati italiana? Quale progetto comune può organizzare assieme i 1700 iscritti italiani e gli oltre 3000 che provengono in massima parte dalle macerie del socialismo reale? Non ci sono mai state risposte facili agli interrogativi che il Partito Radicale si è posto nei suoi oltre trent'anni di storia, ma oggi c'è qualcosa di disperato e di folle nel suo tentativo di dare un senso al caos del pianeta.

Nel congresso appena concluso si è manifestato un partito fatto in gran parte di eletti in parlamenti nazionali o locali di una trentina di diversi paesi, e membri di oltre 70 partiti chissà quanto lontani tra loro. Tutti assieme tentavano già di formare un'ipotesi di partito nuovo. Non tanto forse per le loro disparate nazionalità, quanto proprio per il fatto di essere, a vario livello, dei deputati democraticamente eletti dai loro popoli. Ha preso forma così una sorta di partito di secondo grado, più adatto a supplire ad un ormai impossibile partito di massa, specie se a dimensione planetaria. E' dunque l'ipotesi di un partito in grado di interloquire con i governi nazionali, e nelle relazioni tra questi; di intervenire nel dibattito delle grandi organizzazioni internazionali, colmando quella sorta di deficit democratico che lascia parlamenti e partiti nazionali muti davanti al potere dei governi.

Ecco l'utopia che corre attraverso questa sparuta e trasandata accolita di persone che forse per la prima volta hanno varcato il confine del loro paese per venire a Roma a parlare di un partito senza confini.

Molti di loro forse hanno colto l'occasione per un week end gratuito all'ombra del cupolone, altri forse pensavano di passare alla cassa di chissà quale misteriosa e munifica lobby planetaria, in tanti però hanno accolto la loro nuova fedeltà radicale come una possibile chiave dei mille problemi a cui non hanno mai smesso di pensare. Il disfacimento della Jugoslavia, le tensioni etniche e religiose tra armeni e atzeri, la palude dei comunismi rumeni o bulgari, la bomba innescata dei nazionalismi post-sovietici e mille altri insondabili tragedie hanno aleggiato nel salone del congresso radicale, ancora come una babele senza fine.

Da oggi il PR si è dato otto mesi per trovare il bandolo della matassa. Per trovare un obiettivo plausibile per tutti gli iscritti, una classe dirigente in grado di guidare il partito e le risorse necessarie a tenerlo in vita. Gli indizi non sono molti. Intanto c'è un problema: perchè gli iscritti stranieri vengono quasi tutti dall'est Europa e solo in percentuale risibile dai paesi occidentali, di antiche tradizioni democratiche? Che partito transnazionale viene fuori, se non attecchisce proprio dove democrazia e diritto sono di casa sempre? "E' solo nell'Europa dell'est che oggi si riflette seriamente sul futuro della democrazia", prova a spiegare Pannella, "mentre altrove si è stabilita una specie di assuefazione a qualcosa che sta alla democrazia, come il socialismo reale stava al socialismo". Neppure il grande impegno federalista dispiegato al Parlamento Europeo ha portato ai radicali un qualche successo nel vecchio continente. Eppure Pannella che ha sempre disdegnato eredità politiche, quella di A

ltiero Spinelli, fors'anche suo malgrado, l'ha dovuta sostenere: a Strasburgo come a Parigi, a Bruxelles o a Roma.

Forse sono proprio questi due cardini dell'empasse a occidente che hanno aperto al partito radicale le vaste plaghe dell'est. Democrazia e federalismo, e la loro difficile coniugazione per delle patrie che furono impero. Lo si desume dalle paure che Pannella ha cercato di installare nei suoi nuovi, esotici, adepti. "Attenti ad un disastroso trapasso diretto dal partito unico al multipartitismo, potrebbe non esserci alcuna differenza", così Pannella segnalava la possibilità di condividere, in Italia come all'est, il germe della partitocrazia. Un avversario comune è già un buon inizio per un partito. E lo scenario politico dei vecchi e nuovi paesi dell'Europa centro-orientale è da tempo conferma di questo sviluppo: ovunque decine di partiti, centinaia di fazioni, alleanze e coalizioni incerte e fragili, ovunque sistemi proporzionali esasperati per dare anche al più piccolo gruppuscolo, l'agio di un posto nei nuovi parlamenti. I radicali su questo riflettono da anni, sostenendo che le democrazie anglosasso

ni con sistemi uninominali, sono le uniche che nella storia non hanno prodotto i mostri del fascismo e del nazismo. Di qui il primo compito per vecchi e nuovi iscritti PR, scampare alla "democrazia reale" e battersi per sistemi politici con due o tre grandi partiti. In Italia con in Kirghizia. Ma come tutto questo sia possibile per un partito che dalla sua fondazione ha sempre vissuto con poche migliaia di iscritti, battendosi con avversari che ne avevano milioni, è un'altra storia. (1 - continua)

 
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