SOMMARIO: Intervistato sulle iniziative per contrastare l'aggressione dell'esercito serbo in Bosnia, Marco Pannella spiega le ragioni del suo digiuno: "il prezzo di vite, di città, di monumenti, di umanità che si sta pagando è troppo elevato, intollerabile. Perché il disegno dei pazzi di Belgrado rischia di avvelenare anche la potenzialità democratica di tutti gli altri Stati dell'ex-Jugoslavia"; "l'Europa comunitaria non esiste"; se la Croazia accettasse la spartizione della Bosnia "noi saremmo accanto ai mussulmani"; "difendiamo, con Osijek, anche i diritti dei fratelli e delle sorelle, dei cittadini serbi-serbi, di Serbia".
(GLOBUS, Zagabria, dattiloscritto originale delle domande e risposte, 13 maggio 1992)
1. Quali sono le ragioni del nuovo digiuno?
- Perché ormai tutti i principi di diritto internazionale, tutti i diritti umani, civili, politici sono messi in causa. Perché non si può più attendere a concludere, ripeto: a concludere, questa tragedia ed occorrono impegni adeguati e che ciascuno si assuma le sue responsabilità. Perché il prezzo di vite, di città, di monumenti, di umanità che si sta pagando è troppo elevato, intollerabile. Perché il disegno dei pazzi di Belgrado rischia di avvelenare anche la potenzialità democratica di tutti gli altri Stati dell'ex-Jugoslavia, per limitarsi a questi (ma nei Balcani vi sono altri che già sono influenzati; e nell'ex URSS e nel mondo, come dimostrano le significative iniziative di riconoscimento della pretesa nuova Jugoslavia da parte di Mosca e dell'impero comunista di Pechino.
Infine perché sono un nonviolento, non uno dei soliti pacifisti, così come lo è il Partito Radicale. Questo significa che non prendiamo le armi perché le riteniamo inadeguate e, alla fine, dannose anche per chi "vince" con esse; ma che mettiamo in causa le nostre vite, per il diritto alla vita e la vita del diritto. Perché, infine nel Partito Radicale non v'è obbligo di disciplina, ma vale soprattutto la ragionevolezza e l'esempio e, con questo nuovo digiuno, (che, se necessario, tramuterò in sciopero della fame ma anche della sete nei prossimi giorni. Spero che non sia necessario!) e con questo esempio spero di poter incoraggiare i miei compagni, amici e colleghi di circa trenta parlamenti a non limitarsi a muoversi, come sicuramente si apprestano a fare, ma a muoversi subito e duramente.
2. Come giudica la diplomazia italiana ed europea?
- Un disastro. D'altra parte basta uno sguardo superficiale per constatarlo: l'Europa comunitaria non esiste, se non con la grottesca impotenza di un Lord Carrington e la vergogna dei suoi Consigli Europei, per la tragedia dell'ex-Jugoslavia; non esiste per il Medio Oriente: nei colloqui di pace fra Israele e paesi arabi non ha che uno strapuntino; non esiste nei confronti dei problemi dell'ex URSS ed è su posizioni fallimentari verso il Terzo Mondo. E, per finire, non esiste nemmeno come realtà politica istituzionale, come Stato di diritto e democratico, illudendosi di potersi affermare soprattutto come Comunità economica. Quanto alla diplomazia italiana è in contrasto con la posizione che siamo riusciti a far assumere allo stesso Parlamento italiano.
De Michelis è stato il più disastroso Ministro degli Esteri di questi cinquanta anni, ha puntato sempre sul peggio, con presunzione, irresponsabilità, e riferimenti torbidi e oscuri.
3. L'esperienza della visita ad Osijek, ed attuale situazione in questa città croata vista da qui, da Roma?
- A Osijek, a Nuova Gradisca, a Zagabria, perfino a Belgrado a Pristina o a Skopje, dove siamo stati, l'uno o l'altro dei compagni radicali troviamo una accoglienza fraterna presso tutti i democratici e i nonviolenti, i non razzisti ed i non nazionalisti. Certo, di Osijek c'è il ricordo della guerra in trincea, degli splendidi e pacifici ragazzi militari, dei radicali e dei democratici di quella città, del loro affetto e della loro fiducia. Ho con me le schegge di granata arrivate sul mio letto nell'albergo...
4. La Bosnia è stata divisa tra i serbi e croati (ieri hanno sottoscritto un patto a Graz). Ma si tratta di una repubblica riconosciuta dalla comunità europea. Come si reagirà?
- Spero che questa "divisione" non costituisca, per la Croazia, un atto definitivo e responsabile. Quel che Belgrado ha sempre voluto è che da voi prevalgano i sostenitori della "grande croazia", i nazionalisti non democratici, che anche voi mettiate in causa le vecchie frontiere delle Repubbliche, ora riconosciute dalla Comunità internazionale. Mentre scrivo sono nel Parlamento Europeo, a Strasburgo. La notizia di un primo scontro fra croati e mussulmani in Bosnia ha ridato immediatamente vigore alle lobby pro-serbe, qui, fra i parlamentari. La televisione francese, come quella italiana, ha "lanciato" la notizia, anche se per ora sembra essersi trattato di una scaramuccia. E' quel che vogliono i nemici dell'Europa, della democrazia, dei diritti umani e civili, di società plurietniche e tolleranti.
Se la Croazia si avviasse a questa politica si tratterebbe a livello internazionale ed europeo, italiano, della prima, tremenda sconfitta del popolo e della repubblica croata; quella che avete saputo evitare di fronte all'esercito golpista. Noi saremmo accanto ai mussulmani, ed alla Bosnia. Lo diciamo con franchezza. Non a nome del Partito Radicale, ne dovrà discutere al prossimo suo Congresso di gennaio 1992 e che, solo allora potrà avere una posizione, anche se libertaria e non obbligante i suoi iscritti. Ma per quanto concerne noi "di Osijek", noi che abbiamo l'uniforme croata con fierezza e amore, sicuramente questa sarebbe la nostra scelta. A favore dei diritti della Repubblica di Bosnia ed Erzegovina, per gli stessi motivi per i quali siamo stati innanzitutto "sloveni" e "croati".
5. E' vero che è da tempo stato deciso, tra gli emigranti serbi e croati, che si dovrà, anche dopo una guerra, decidere la spartizione tra questi due popoli la Jugoslavia?
- Non lo credo. Abbiamo rapporti con emigranti serbi democratici di grande rilievo. La loro posizione non è affatto questa. Essi vogliono gli stessi diritti politici, civili, umani, culturali, democratici per tutti gli abitanti di tutte le Repubbliche ex-jugoslave, a cominciare dalla Serbia. Comprendono che la situazione del Kossovo non può restare quella attuale. I croati d'Italia, quelli che conosco meglio, non mi sembrano affatto su queste posizioni. E nemmeno quelli di Bruxelles, che conosco. Lo ripeto: questo è quello che Belgrado vuole, che cerca di provocare, che spera si realizzi almeno in teoria, per ottenere che i problemi nazionali e quelli della democrazia e della tolleranza divorzino, di nuovo, per sempre. Come nei regimi comunisti ed in quelli fascisti.
6. E' vero che dietro questo piano ci siano i massoni?
- Senta, "i massoni", "gli ebrei", i "plutocrati" ecc... sono i demoni che si invocano sempre quando non si sa con chi prendersela, e non si sa bene quello che si vuole, tranne che il potere. Oggi "i massoni" non hanno più che pochissima potenza marginale. E non sono affatto uniti. Ve ne sono delle "massonerie", in senso metaforico, di tutti i tipi. I trafficanti e i produttori di armi, per esempio. I quali cercano di trovare ovunque alleati per scatenare guerre e dittature. Statene lontani, li avete usati per sopravvivere. Ora liberatevene invece che farvene usare, se ce n'è il pericolo.
7. Cosa ne sarà dei musulmani in Bosnia, avranno una piccola terra e saranno costretti a vivere come una enclave?
- Se i musulmani vivranno così (e non lo credo, non vi si rassegneranno) questo vuol dire che i cetnici avranno vinto anche in Croazia. Che avrete dato manche Spalato e il suo retroterra ai pazzi di Belgrado. Che avrete scelto di dimenticare che non occorre mai dividere l'ideale di patria da quello di democrazia.
Non sarebbe saggio, soprattutto.
8. Questo potrebbe scatenare il terrorismo islamico?
- Se non saremo attenti a difendere la grande, magnifica scelta nonviolenta degli albanesi del Kossovo, subito, cessando di rimuovere questo problema immenso, per pretesa realpolitik, avrete e avremo "terrorismi" e governi antidemocratici ovunque, non solamente in terre "islamiche". I paesi non devono unirsi sul piano razzistico delle etnie, ma su quello della storia, della convivenza, della diversità intesa come ricchezza culturale e umana, come maggior forza democratica e di tolleranza. Dobbiamo comprendere che si tratta di poter onestamente dire che difendiamo, con Osijek, anche i diritti dei fratelli e delle sorelle, dei cittadini serbi-serbi, di Serbia. E' stato vero. E' vero. Lotteremo perché lo resti.
9. L'Europa diventerà una comunità delle regioni, cioè anche i grandi stati come Francia, Germania, Italia si sgretoleranno?
- Forse no; e sarà il declino inarrestabile dell'Europa, a partire dal 2000. Altrimenti dovranno rafforzarsi di poteri di una "Washington" europea (sia essa Bruxelles, Strasburgo o un'altra città) da una parte, e quelli delle singole province e regioni dall'altra. Né Londra (come l'Irlanda del Nord dimostra); Né Madrid (come prova la rivolta basca), Né Roma, (come mostra la rivolta nordista; ma presto ci sarà anche quella sudista), Né "Belgrado", dunque, sono le capitali del 2000, se non in netta flessione di responsabilità. La concezione federalista-democratica della sussidiarietà - insomma - deve realizzarvi: si delega il potere "Maggiore" solo quello che non può esser soddisfacentemente governato dal potere "minore".
10. Come giudica i dirigenti croati, serbi, musulmani?
- Di fatto io conosco soprattutto quelli di loro che sono iscritti al Partito Radicale. E, evidentemente, li trovo straordinari, come europei, come compagni, come leader politici. Confesso che dopo la scorsa campagna elettorale croata di tre anni fa ero pessimista. Sono stato lieto di essermi sbagliato. Ma le prove vere sono ancora da venire. Belgrado ha fatto di tutto per renderle antidemocratiche, militariste, scioviniste, provinciali. Anche Bruxelles e Roma, con il loro atteggiamento cinico, cieco, vergognoso hanno pesato nella stessa direzione. Ma occorre constatare che, alla fine, stiamo vincendo. Stanno vincendo coloro che hanno reagito con democrazia e con tolleranza. Mi auguro che non cambino quando ormai siamo ai colpi di coda di Belgrado. Non vorrei che incontri come quelli di Graz, o meglio, come ci sono stati presentati, facesse vincere Milosevic che, altrimenti, sta per divenire il grande sconfitto, con tutti i suoi compagni di crimini di guerra e comuni.
11. Quale sarebbe la migliore soluzione per i popoli nella ex Jugoslavia?
- La stessa che in tutta l'Europa. Ora vittoria comune sul regime di Belgrado, con il massimo di democrazia europea nelle proprie società nazionali, nei propri Stati. Con la pace, immediatamente maggiori associazioni con la Comunità Europea (e, per mio conto, aggiungo: con l'Italia). Appena riconquistata la democrazia e la ragionevolezza a Belgrado si potrebbe iniziare con una unione doganale e altre forme di collaborazione confederale nell'ex Jugoslavia.
Per finire vorrei rivolgere un invito ai croati perché si iscrivessero in massa al Partito della Nonviolenza, al transpartito transnazionale radicale. Noi, come ovunque, non ci presenteremo in nessuna elezione nazionale, poiché non siamo in competizione con i partiti nazionali e nemmeno con le Internazionali ufficialmente esistenti. Ci auguriamo, quindi, che persone di tutti i partiti, che tutte le persone di buona volontà, democratiche davvero, accendano questa polizza di assicurazione per il diritto alla vita e la vita del diritto per se e per gli altri. Altrimenti anche il Partito Radicale non ci sarà più. Noi viviamo solamente del consenso, non di Stati o di altri potentati politici, economici, finanziari. Occorre stare insieme: ma, per farlo, bisogna essere praticamente attivi nell'esserlo gli uni e gli altri.