di Vanna BarenghiSOMMARIO: Vanna Barenghi, già consigliere regionale del lazio della lista antiproibizionista, vicesegretaria del CORA (Coordinamento radicale antiproibizionista) intervista Ueli Locher, braccio destro di Emilie Lieberherr (Assessore agli affari sociali di Zurigo) e coordinatore dei programmi per i tossicodipendenti di Zurigo e in particolare dei progetti-pilota per la prescrizione controllata di morfina ed eroina. E' un primo passo verso la legalizzazione della droga? "siccome saranno positivi i risultati, potremo prima aumentare il numero di persone e poi forse arriveremo a cambiare la legge".
(IL MANIFESTO, 15 maggio 1992)
Lieberherr è davvero una donna straordinaria: forte come una roccia. E simpatica da morire. Intelligente e capace. Assessore agli affari sociali di Zurigo. Ne parlo perché è certamente a lei che si deve quel che oggi sta succedendo in Svizzera, è certamente lei che si è trascinata dietro i 26 cantoni del suo paese che - tutti - hanno chiesto al governo federale di inventarsi qualcosa di diverso rispetto alla "guerra alla droga". Così grottesca.
Il governo federale - forse al di là delle sue intenzioni - ha dovuto tener conto delle pressioni "cantonali" e ha ceduto: "Va bene - ha detto Flavio Cotti insieme al consiglio dei ministri - proviamo ad organizzare una serie di progetti-pilota per la prescrizione controllata di morfina, sostitutivi vari. E di eroina".
Già, questo è il punto più delicato, e qui che il governo federale ha dovuto fare, come si suol dire, buon viso a cattivo gioco, dopo che i suoi esperti erano tornati a Berna con le pressanti richieste avanzate dai Cantoni. Non basta la morfina o i sostitutivi: bisogna prescrivere anche eroina.
Dunque il tabù è caduto e un atteggiamento che noi definiremmo di
"consenso" ne ha preso il posto: certamente è soltanto il primo passo ma - al di la delle affermazioni governative - ci sembra di poter dire che a questo primo passo molti altri ne seguiranno, fino ad arrivare dove non è possibile non arrivare: la legalizzazione delle droghe, di tutte le droghe.
Non sono riuscita a trovare Emilie, che pure conosco molto bene (è anche venuta ed è intervenuta brillantemente al congresso del Partito radicale qualche giorno fa e proprio sull'antiproibizionismo). Non sono riuscita a parlarle perché è in giro, sopraffatta dalle riunioni, incontri, telefonate, richieste di ogni tipo.
Il Dipartimento degli Affari sociali è anche strapieno di richieste, di telefonate, di domande: i tossicodipendenti (ma non soltanto loro) vogliono sapere cosa sono questi programmi, chiedono di poterne far parte.
Ma anche noi qualcosa di più vogliamo sapere e allora ho chiamato Ueli Locher, braccio destro di Emilie Lieberherr e coordinatore dei programmi per i tossicodipendenti (ormai un caro amico, visto che c'incontriamo continuamente per organizzare le diverse conferenze delle "città europee coinvolte nel traffico di droga" e comunque in ogni convegno anti-proibizionista), ma questa è una cosa di cui parleremo un'altra volta, perché né vale la pena.
L'Europa si sta muovendo e non soltanto la Svizzera.
E' a Ueli che ho chiesto qualche notizia in più rispetto a quelle che avevamo.
Cosa succede adesso?
"Adesso avremo 10 progetti-pilota, dei quali faranno parte 500 tossicodipendenti, ai quali verrà prescritta la sostanza che serve loro: eroina, morfina o altri sostitutivi".
Perché solo dieci città o cantoni e solo 500 tossicodipendenti?
"Questo è il massimo che potevamo ottenere. Al di là non avremmo ottenuto niente".
In tutte le dieci città verrà prescritta eroina?
"No, solo in 5 su 10. E anche questo è stato un compromesso politico che abbiamo dovuto accettare: naturalmente c'erano delle pressioni contrarie, un po' come succede da voi: "In questo modo si rovina la nostra società" e cose del genere. Quindi si è detto: va bene, cinque su 10. Ma è già qualcosa. In effetti questo è davvero un massimo perché il consiglio federale è stato in qualche modo obbligato - al di là della sua volontà - ad ascoltare le contestazioni dei cantoni e a dire sì, almeno in qualche posto bisognerà prescrivere eroina".
Dunque saranno 500 i - diciamo così - privilegiati che potranno far parte di questi progetti. Quali saranno i vostri criteri di scelta, visto che in Svizzera di tossicodipendenti ce ne sono più di 20 mila?
"Anche qui la decisione è politica: dobbiamo scegliere quelli che stanno peggio. Gente che si droga da molti anni, gente che ha problemi particolari, donne che si prostituiscono, persone senza tetto. Insomma i più marginalizzati. E questo abbiamo dovuto farlo proprio per dimostrare che non era nostra intenzione legalizzare le droghe ma semplicemente intervenire con un atteggiamento sanitario certamente non repressivo nei confronti di chi più aveva bisogno. Mi rendo conto che può sembrare riduttivo e forse lo è, ma - credimi - è già molto".
E di questi 500 che cosa succederà?
"Intanto ogni città o cantone dovrà presentare un suo programma. Dopo, una volta approvato dall'ufficio nazionale della Sanità, farà le sue scelte valutando ogni persona prima di accettarla nel programma".
E poi?
"Poi, visto che il programma è previsto fino al 1996, ogni uno o due anni ci sarà un'altra valutazione. Un esempio: il signore o la signora X sul piano della salute è cambiata? In meglio? In peggio? Sul piano sociale è anche cambiata? E in che senso? E sul piano legale? Non ruba più o ruba di più? Ecco, daremo una valutazione su quello che il programma ha prodotto: prima era così, ora è così".
I tossicodipendenti hanno reagito in qualche modo?
"Guarda, la notizia è uscita sui nostri giornali martedì; due giorni fa e oggi di nuovo. E siamo in mezzo ad un mare di telefonate. Sì, i tossicodipendenti hanno risposto".
E la gente cosiddetta normale?
"Nella Svizzera tedesca il 6O% e assolutamente d'accordo: bisogna almeno tentare questi esperimenti di legalizzazione parziale. Nella Svizzera francese invece è il contrario: dicono che sarebbe meglio di no. Certo, noi abbiamo avuto Emilie Lieberherr che da almeno 5 o 6 anni si è esposta in questo campo, si è espressa in modo deciso sulla necessità della legalizzazione di tutte le droghe e credo davvero che
questo abbia avuto il suo peso. Pensa che nella Svizzera francese è difficile perfino fare accettare la distribuzione delle siringhe. Ma io penso che adesso poca gente si opponga di fronte a una sperimentazione limitata e sotto il controllo del medico. Certo non deve essere messa in discussione la legge".
Ma pensi che questo sia un primo passo verso la legalizzazione o no?
"Si, lo è. Perché mi ricordo che 5 o 10 anni fa ci consentivano di dare il metadone solo a pochissimi. Oggi, e solo nel cantone di Zurigo, abbiamo 2500 persone alle quali diamo metadone. E quindi questa ora è l'occasione di provare, di vedere gli effetti che produce questa strada, la prescrizione controllata di eroina, e allora, siccome saranno positivi i risultati, potremo prima aumentare il numero di persone e poi forse arriveremo a cambiare la legge. Per ora comunque politicamente questo è il massimo: ma solo per ora".
Cosa è successo dopo Ia chiusura di Platzspitz, il parco dei
tossicodipendenti a Zurigo?
"All'inizio, un disastro. Gruppi di tossicodipendenti si bucavano in mezzo alle strade, poi arrivava la polizia e loro scappavano con le siringhe infilate nel braccio. Non avevano più un posto dove andare: a Platzspitz noi distribuivamo 9000 siringhe sterili al giorno, preservativi, pasti caldi, c'era sempre un'ambulanza per intervenire in caso di overdose. Poi visto che la "roba" costava, non era legale, si è scatenata l'ira di dio: bande turche e libanesi, una violenza intollerabile anche tra i tossicodipendenti".
E adesso?
"E adesso abbiamo aperto tre "gassenzimmer", che vorrebbe dire camere di strada, dove in un nostro centro i ragazzi possono bucarsi. Entrano, stanno una mezzoretta e poi escono, lasciando il posto ad altri".
E i trafficanti?
"No, loro non c'entrano, c'è una sorveglianza per questo e non entrano. L'importante è che i tossicodipendenti trovino le siringhe, i preservativi, il personale medico che possa aiutarli. E che non debbano necessariamente sbattersi per la strada. Anche se, per procurarsi la "roba" si sono dovuti "sbattere" eccome, ma questo è
un altro discorso che presto, io credo, si aprirà".
Lo crediamo tutti Ueli Locher.
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DON CIOTTI COMMENTA IL PROVVEDIMENTO
Nel pomeriggio di ieri Don Luigi Ciotti, del gruppo Abele, ha commentato la decisione del governo svizzero. »In questo caso - dice Don Ciotti - non si tratta di legalizzazione ma di forme limitate e innovative di sperimentazione, a fronte degli evidenti fallimenti delle politiche incentrate sulla repressione . »Mi pongo molti interrogativi sulla praticabilità dell'ipotesi di legalizzazione, tanto più se questa si traducesse in semplice distribuzione di sostanze, disinteressandosi della persona concreta e dei suoi problemi, se non si accompagnasse a percorsi di sostegno e di aiuto a colui che vive il disagio . »In questa ottica - conclude Don Ciotti
- che è di vita e di lotta non di rassegnazione, ritengo pensabili da subito forme limitate e controllate di sperimentazioni pilota, intese non certo come una resa al problema. Una strategia globale che tenga conto di tutto questo, non può che vedere l'intreccio fra prevenzione, sostegno psicologico, terapie farmacologiche, accompagnamento, sperimentazioni e l'interazione sinergica fra pubblico e privato. Una strategia differenziata che si deve basare, a mio avviso, su di un unico comune denominatore: la non punibilità del consumatore. Ciò da cui non è infatti possibile prescindere è la constatazione del fallimento del binomio repressione-terapia .