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Arnao Giancarlo - 17 maggio 1992
EROINA LEGALE, LO SCANDALO DELLA VERITA'
di Giancarlo Arnao

SOMMARIO: Giancarlo Arnao, responsabile del comitato scientifico del CORA (Coordinamento radicale antiproibizionista), contesta tre affermazioni di coloro che hanno giudicato negativamente la decisione del governo elvetico di somministrare eroina a 500 tossicodipendenti. 1) L'eroina è un farmaco ed è quindi perfettamente legittima la sperimentazione; 2) "non si incoraggia un comportamento a rischio", ma si sostituisce un comportamento "ad alto rischio" con uno "a rischio (relativamente) limitato"; 3) le strategie alternative sono rese necessarie anche dal fallimento della guerra alla droga, in particolare negli Usa.

(IL MANIFESTO, 17 maggio 1992)

La decisione del governo elvetico di somministrare eroina a 500 tossicodipendenti dal prossimo ottobre ha destato, come era prevedibile, reazioni indignate sia in Svizzera che in Italia.

A questo proposito sono necessarie alcune precisazioni.

1) Un argomento fondamentale dei proibizionisti è il fatto che lo stato non può assumersi la responsabilità di "sperimentare" su esseri umani una sostanza "tossica". Sarebbe il caso di ricordare che l'eroina è un farmaco, il cui uso si è rivelato prezioso in medicina. Premesso che tutti i farmaci sono potenzialmente tossici, non vi è una questione "di principio" per considerare l'eroina una sostanza intrinsecamente diversa dagli altri farmaci.

2) Circa la pretesa immoralità della "sperimentazione", va ricordato che, sul piano farmacologico, non abbiamo alcuna prova che l'assunzione anche continuata di "oppioidi" provochi alterazioni patologiche ("buona salute e un lavoro produttivo non sono incompatibili con l'uso regolare di oppioidi", leggiamo sul trattato di farmacologia del Goodman & Gilman, ed.1985, p.542), e sappiamo che certamente ne provoca meno dell'alcolismo.

Va poi considerato che lo stato non somministra eroina a chiunque, ma a un gruppo di tossicodipendenti che comunque se la comprerebbero al mercato nero. Nella pratica, "non si incoraggia un comportamento a rischio", ma si sostituisce un comportamento "ad alto rischio" con uno "a rischio (relativamente) limitato". E' strano che i proibizionisti nostrani (a cominciare dal ministri Jervolino) si dimentichino quanto è emerso dalla ricerca del Censis ("Droga, che fare, 1992"), secondo cui il 40,4% dei tossicodipendenti da eroina non ha alcuna intenzione di smettere, e il 35,9 intende soltanto ridurre il consumo. D'altra parte, le cifre ci dicono che in Italia i tossicodipendenti a contatto con i servizi non superano la proporzione del 25%.

Va poi ricordato che la "sperimentazione" con eroina non è, su un piano di principio, diversa da quella con metadone, che è ampiamente adottata da molti paesi, compresi gli Usa. Basti un dato: in Usa i soggetti trattati con metadone sono almeno quattro volte quelli assistiti dalle comunità terapeutiche. La discussione reale non verte quindi sulla "cattiva eroina", ma sul concetto della "riduzione del danno" e dei "sostitutivi": un approccio che appare oggi tanto più attuale, in quanto assistiamo ad un aumento di tossicodipendenti che De Rita chiama "ingrottati", vale a dire inseriti nella normalità produttiva - una categoria di soggetti per cui è evidentemente impossibile un soggiorno di anni in comunità.

3) Va poi considerato che, da parte di chi critica l'esperimento svizzero, non vengono formulate proposte alternative. Sotto questo aspetto, vanno ricordati due dati che abbiamo appreso dai mass media proprio in questi giorni. Il primo è emerso dal convegno "Droga: il nuovo impero del male" dell'Adn-Kronos, in cui un autorevole istituto di ricerca ha rivelato che tutte le strategie di "intervento sull'offerta", cioè sulla produzione e sul grosso traffico, sono clamorosamente fallite. A questo proposito, un dettaglio significativo: dall'ultimo rapporto dell'Ufficio Internazionale di Controllo sugli stupefacenti risulta che Panama (oggetto di un'iniziativa bellica Usa) continua ad essere "un punto indifeso del flusso di cocaina contrabbandata dalla Colombia".

Resta "l'intervento sulla domanda", considerato primario dai sostenitori delle leggi super-repressive. Ebbene, dove possiamo cercare una verifica della teoria che solo la punizione dei "drogati" risolve il problema? Dove se non negli Usa, che hanno instaurato una repressione di marca stalinista a carico dei consumatori, che per questa ragione hanno il primato mondiale di cittadini incarcerati, e che sono stati il "modello" della legge 162 italiana? Ma anche su questo fronte i bollettini di vittoria vengono attesi invano. Al contrario, abbiamo appreso che i ricoveri di emergenza per droghe pesanti sono aumentati, nel 1991, e che le emergenze per cocaina hanno raggiunto livelli analoghi a quelli dell'inizio della "war on drugs" di Reagan. Se i risultati della "guerra alla droga", sul doppio versante della domanda e dell'offerta sono questi, con quale base di serietà politica vengono rifiutate strategie alternative?

 
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