NOI L'AVEVAMO CHIESTO DA MOLTO TEMPO"Intervista a Marco Pannella di Luciana Di Mauro
SOMMARIO: Marco Pannella è stato tra i pochi a non smettere di richiamare l'attenzione sul dramma della ex Jugoslavia. Egli ritiene giuste ma "tardive" le decisioni dell'Onu, critica la condotta italiana, rivendica al Pr il merito di aver visto giusto, La nonviolenza: "E' sempre stata lotta di minoranze". Il pacifismo: "Un'espressione della guerra fredda". I mass media: "L'hanno presentato come una catastrofe naturale".
(L'UNITA', 3 giugno 1992)
D. Pannella, la tua è stata una delle poche voci che si sono insistentemente levate, per richiamare l'attenzione sul dramma che si sta consumando ai nostri confini, nella ex Jugoslavia. Te ne ha dato atto, in un editoriale, anche il direttore de l'Unità Walter Veltroni.
R. Si è levata la voce del Partito radicale non di Marco Pannella. Perché noi: nonviolenti (e non solamente pacifisti), federalisti e transnazionali quali siamo, operavamo da oltre dieci anni in Jugo slavia. In più occasioni, nel corso degli anni, militanti radicali sono stati espulsi, e arrestati, per manifestazioni e azioni non violente. Per non dire degli incontri con i massimi dirigenti ju goslavi, sempre chiedendo: riforma democratica, adesione alla Cee, rispetto dei diritti umani e politici per le persone di tutte le componenti etniche e religiose. Abbiamo avuto riunioni del Pr in Slovenia, ci siamo visti negare un nostro congresso a Zagabria, abbiamo avuto lì centinaia d'iscritti e siamo stati la prima orga nizzazione politica cui degli jugoslavi poterono iscriversi al di fuori da quelle "ufficiali" del regime. Sicchè abbiamo visto giu sto su quanto stava accadendo, al contrario delle sinistre europee (tutte senza eccezione) e di buona parte degli Stati dei dodici. Abbiamo cercato di far riconoscere s
ubito Slovenia e Croazia. Da più di un anno i radicali, a cominciare da quelli italiani, sono presenti sui fronti di lotta. Oltre duemila, in queste settimane, hanno condotto un digiuno e fra questi deputati croati e mussul mani, membri del nostro consiglio federale.
D. Come mai tante voci, invece sono mancate all'appello?
R. Guarda, ormai la situazione cambierà. Ora che l'Onu, gli Ameri cani, l'Europa e forse l'Italia stanno per abbandonare l'infame politica di questi anni, ora che si colpisce l'aggressore, dopo che ha fatto danni irreparabili e criminali - contro questo cam biamento - vedrai le piazze ricominceranno a riempirsi. Il "paci fismo" tornerà ad essere aggressivo e dilagante, s'impiccheranno come sporchi guerrafondai chiunque non sarà d'accordo con loro e noi nonviolenti radicali per primi.
D. Perché finora di fronte a tanta morte e distruzione, nell'opinione pubblica non si è registrata la stessa reattività che ci fu per la guerra del Golfo?
R. Per le stesse ragioni per le quali, negli anni Trenta, le democra zie furono complici e deboli nei confronti del nazismo, del fasci smo e via via dello stalinismo. Per lo stesso motivo di realpoli tik e di.. pacifismo, per cui si è oggi tesi ad avere le migliori relazioni con l'impero cinese, criminale e sterminatore. Per le stesse ragioni per cui noi nonviolenti ci troviamo isolati da anni nel denunciare l'infame regime di Pol-Pot. Ma la responsabilità non è dell'opinione pubblica. Essa è sensibilissima e ci sostiene. Ma è la classe dirigente nel suo insieme, a cominciare dalla sua componente nei mass-media. Si è impedito qualsiasi confronto poli tico su una tragedia che Tg1, Tg2 e Tg3 hanno presentato come una sorte di catastrofe naturale, da contemplare atterriti come un ci clone o un terremoto.
D. Un movimento di pace, secondo te, stenta a nascere perché è in qualche modo orfano della fine dei blocchi e delle grandi opzioni ideologiche?
R. Nella guerra fredda, in Europa occidentale, le "grandi manifesta zioni pacifiste" generalmente ne erano un'espressione, un'arma. Le nostre lotte nonviolente, antimilitariste (e non semplicemente "antinucleari"), per l'obiezione di coscienza sono sempre state minoritarie e raramente di piazza e di massa. Come, d'altra parte, per tutte le lotte per i diritti civili nella loro fase più diffi cile e delicata: quella iniziale.
D. "L'altra Serbia" è scesa in piazza a Belgrado contro Milosevic, quale risposta può venire dall'Italia?
R. La stessa necessaria sul fronte della mafia, della partitocrazia, delle controriforme. Stiamo per realizzare un incontro di tutte le opposizioni democratiche serbe. "L'altra Serbia" quando include le forze nazionaliste non è di per sé democratica, tollerante, re sponsabile. Stiamo attenti a non rilasciare pericolose patenti e a autorizzare illusioni.
D. E il Parlamento italiano cosa può fare?
R. Quello che ha praticamente fatto: una mozione unitaria (ad ecce zione di Rifondazione e dell'Msi) che anticipa, precisa e rafforza le tardive decisioni dell'Onu e che ha già raccolto il 62 per cento di firme rispetto al totale dei deputati. Dobbiamo farne la base della politica italiana e europea.
D. E il governo?
R. Questo governo? Andarsene con la sua politica estera che è stata la più torbida e disastrosa sul fronte europeo e su quello ex ju goslavo da quarant'anni a questa parte.