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Cicala Mario - 23 agosto 1992
(14) Liberalizzare la droga? Un quesito drammatico
di Mario Cicala

SOMMARIO: Nel corso dell'agosto 1992 si è aperto sulla stampa un dibattito sulla legalizzazione della droga. Mario Cicala, intervenendo su Il Messaggero, rileva i resultati deludenti raggiunti in tutto il mondo dalla repressione penale del consumo di droga. Di qui la necessità di liberalizzare il commercio delle droghe per far fronte alla assoluta necessità di fermare i narcotrafficanti nella loro scalata all'economia mondiale.

(IL MESSAGGERO, 23 agosto 1992)

La repressione penale ha finora svolto un ruolo primario nella lotta alla droga: in tutto il mondo le leggi ne vietano la produzione ed il commercio; quai ovunque sono previste misure punitive anche nei confronti dei consumatori che, del resto assai sovente, costituiscono l'ultimo anello della rete di distribuzione e di vendita al minuto.

I risultati raggiunti appaiono però assai deludenti: la produzione ed il commercio di droga costituiscono una fonte di guadagno tanto rilevante da determinare la nascita di potenti imperi economici che condizionano la vita di interi Stati. Non solo: la ricchezza che nasce dalla droga si infiltra nell'economia di tutto il mondo, ovunque suscitando pericoli e problemi.

Pertanto la comunità internazionale si trova di fronte ad una scelta di grande difficoltà. Si può elevare il livello della lotta alla droga ricorrendo a vere e proprie operazioni militari che pongano sotto più rigido controllo internazionale le località di coltivazioni delle droghe di origine vegetale, con il rischio tuttavia di favorire la diffusione di altre pericolosissime droghe chimiche invece agevolmente fabbricabili in qualsiasi luogo.

Oppure si deve tentare di prosciugare il commercio illegale di droghe consentendone la lecita diffusione, in forme e misure da regolamentare? Si tratta di un problema drammatico irto di interrogativi, che può essere adeguatamente affrontato e discusso solo nell'ambito della cooperazione internazionale, in quanto la decisione unilaterale da parte di uno Stato di liberalizzare la droga lo trasformerebbe nel ricettacolo di moltitudini di tossicodipendenti.

Certo ripugna alla coscienza morale di tutti dichiarare giuridicamente lecita una condotta, come la distribuzione di droga, che è fonte di morte e di danni sociali. Ma poiché le leggi umane devono purtroppo arrendersi di fronte all'impossibile, si deve considerare la eventualità che oggi ostacoli insormontabili non consentano di impedire il commercio internazionale di droga. E che anzi questo commercio sia reso tanto redditizio proprio dall'esistenza di divieti e pericoli legali. Nell'ambito di questo approfondimento non si dovrà dimenticare che i criminali che traggono ricchezza dallo spaccio di droga si rivolgerebbero ad attività criminose di altro genere. L'amara discussione circa la sussistenza di uno stato di necessità che costringa ad abbassare, o ritirare, la guardia nel settore penale, non esime dal dovere di operare affinché sia contenuto il più possibile il numero di coloro che della droga si rendono dipendenti. E si deve pur tenere nel giusto conto che l'uso della droga rende meno capaci di affron

tare i doveri propri di una civile convivenza, e meno idonei a svolgere taluni compiti delicati.

Il consumo di droghe è, in primo luogo, espressione della fuga dalla difficoltà della vita da parte dei soggetti più deboli, che imboccano la via dell'autodistruzione psicologica e sovente della morte.

La lotta richiede perciò azioni preventive a vasto raggio: adeguati interventi sociali che offrano agli emarginati concrete prospettive di riscatto e di inserimento, sottraendoli alla tentazione di eludere con la droga, la dolorosa coscienza del proprio stato. Ma soprattutto un'educazione che tempri la volontà dei giovani nell'operare scelte di autentica libertà, in favore di valori civili e morali incompatibili con la dipendenza dalla droga.

D'altra parte, l'ipotesi di liberalizzare con norme internazionalmente valide, il commercio delle droghe trae forza dalla assoluta necessità di fermare i narcotrafficanti nella loro scalata all'economia mondiale. Per alcuni paesi, e tra questi vi è certamente l'Italia, si tratterebbe anche di sottrarre alle cosche mafiose, alla grande criminalità organizzata, l'arma più efficace: quel fiume inesauribile di denaro che deriva appunto dal monopolio nel traffico delle droghe. E' utile ed urgente una riflessione approfondita, un dibattito che esprima la ricerca ampia e rigorosa della soluzione più adeguata per il bene comune.

 
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