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Ricossa Sergio - 8 ottobre 1992
"Tra scioperi e giacobini"
di Sergio Ricossa

SOMMARIO: Commenta una dichiarazione di Marco Pannella sullo sciopero generale indetto dai sindacati ("la Trimurti sindacale non rappresenta tanto i lavoratori quanto la partitocrazia di cui ha le medesime responsabilità, e dunque non faccia finta di scandalizzarsi per le condizioni in cui versa l'Italia"). Un Pannella perfettamente rigoroso dovrebbe comportarsi come Diogene di Sinope, che, secondo quanto si legge, un giorno chiamò forte: "Oilà, uomini!" e quando quelli accorsero, li prese a bastonate: "Avevo detto uomini, non schifezze!"

(IL GIORNALE, 8 ottobre 1992)

Una volta si aprivano con trepidazione i telegrammi. Oggi sappiamo che normalmente contengono soltanto delle banalità accelerate. Il loro scopo è passato ai fax, ma poiché insieme alla storia prendono velocità anche le tecniche e i loro effetti psicologici, sono bastati pochi mesi perché i messaggi scritti col telefono cessassero di emozionarci. Tuttavia, io che non faccio politica, mi sorprendo ancora se a "faxarmi" (lo scrivo per provocare la benemerita Crusca) è il presidente del gruppo parlamentare federalista europeo della Camera dei deputati.

Per chi non lo sapesse, il titolare di questa lunga e presumo alta carica è Pannella. Il titolo del suo messaggio è invece: "No alla Trimurti sindacale e al suo mezzo-sciopero generale. In nome della democrazia e dei lavoratori". La tesi è chiara, a parte il fatto che non ne capisco bene il nesso col federalismo europeo. Dice in sunto Pannella: la Trimurti sindacale non rappresenta tanto i lavoratori quanto la partitocrazia di cui ha le medesime responsabilità, e dunque non faccia finta di scandalizzarsi per le condizioni in cui versa l'Italia.

La prosa pannelliana è più vivida della mia. "Il mezzo sciopero generale è nel merito grottesco, dannoso, anti-lavoratori. Non ha obiettivi, s'inserisce nella protesta e nel gioco di regime, dei vari suoi partiti e correnti di partito. E' inutilmente costoso per l'economia, non consente di misurare in alcun modo le effettive scelte alternative che il cittadino-lavoratore dovrebbe compiere. Rincorrendo la disperazione, la rabbia, le frustrazioni, la concorrenza demagogica, la nausea, anche, e la voglia di rivolta, tutti sintomi dei quali il sindacato e i partiti della partitocrazia sono concausa, si legittima e avvalora una reazione sfascista, di plebe e non di proletariato, non di "terzo Stato"

moderno e forte".

Giusto. Mi consenta però il presidente del gruppo eccetera di osservare che se egli cerca uomini puri, non conniventi col regime, faticherà a trovarne. Le istituzioni marce (partiti, sindacati) furono sorrette da milioni e milioni di italiani di ogni ceto, dal proletariato all'alta borghesia. Si è ripetuta la storia del fascismo, su cui, dal 1945 in poi, riversammo il nostro odio, scordandoci che una maggioranza di noi italiani lo aveva appoggiato o passivamente subito.

Le istituzioni non stanno in piedi da sole. La partitocrazia ha avuto più alleati che avversari, finora, e taluni avversari sono stati peggio dei partitocrati. Penso ai gruppuscoli sovversivi nati intorno al '68, peggiori dei partiti. Penso ai Cobas rispetto alla Triplice o Trimurti che dir si voglia. Penso al Pds, succeduto al Pci, che vuol tornare alla proposta giacobina della nominatività delle future emissioni di Bot e Cct, quasi come condizione politica per il suo ingresso ufficiale al governo. La prospettiva avrebbe ovviamente l'effetto di terrorizzare il risparmio e compromettere definitivamente il contributo che esso può e deve dare al risanamento delle finanze pubbliche. Un Pannella perfettamente rigoroso dovrebbe comportarsi come Diogene di Sinope, che, secondo quanto si legge, un giorno chiamò forte: "Oilà, uomini!" e quando quelli accorsero, li prese a bastonate: "Avevo detto uomini, non schifezze!".

Qui giunto, sento che Pannella d fors'anche il mio direttore stanno per estendere a me la qualifica di sfascista. Calma, non è così. Non voglio essere pessimista più del dovuto. D'altronde Flaiano, che era più pessimista di me, mi pare osservasse: "Il maggior difetto degli italiani è parlar troppo dei loro difetti". Sì, la nazione ha in sé abbastanza risorse umane da salvarsi ancora una volta. Non penso al ritorno di un "uomo delle provvidenza": ne abbiamo già fatto l'esperimento, e che esperimento. Ci basta. Penso a coloro, pochi o tanti che siano, disposti a continuare la trasformazione, ancora insufficiente ma in atto da decenni, della plebe in proletariato, del proletariato in "terzo Stato", del "terzo Stato" in borghesia onesta e capace. E, onorevole Pannella: le piaccia o no, lei pure è un borghese. Si lasci iscrivere nell'albo della borghesia e non faccia le boccacce quando sente questa parola.

 
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