(REFERENDUM, BIPARTITISMO, VERDI, RAI ...)Intervista a Marco Pannella di Vito Cioce
SOMMARIO: Con la riforma uninominale del sistema elettorale Parlamento e politica sarebbero fondati sulle persone, non sulle fazioni. "Sto lavorando per creare le condizioni per un nuovo governo, con un programma più ambizioso e coraggioso"
(TV RADIOCORRIERE N. 42/92 - 18/24 ottobre 1992)
D. Onorevole Pannella, anche lei vede oscure manovre dietro l'ordinanza della Corte di Cassazione che ha messo in mora i referendum?
"Non è sempre necessario andare a cercare il diavolo, anche se Andreotti, a ragione, dice che è peccato pensare male. Ma molte volte se lo si fa, non si sbaglia. D'altra parte, non c'è da sorprendersi se i vertici dell'ordine giudiziario, che sono parte molto importante del ceto dirigente del nostro Paese, sembrano non rendersi conto che bisogna alzare il tiro, esigere da sè e dagli altri scelte più responsabili".
D. Per risolvere la crisi del sistema politico lei propone il bipartitismo all'americana. Come immagina questi due schieramenti che dovrebbero nascere da un quadro più frammentato che mai?
"Appunto, non schieramenti, non coalizioni di partiti che ne aumenterebbero il numero anzichè eliminarli, come voglio, ma due, tre "partiti" all'americana, strumenti esili di collegamento elettorale, di tendenza più o meno conservatrice e progressista. Ma con un Parlamento ed una politica fondati sulle persone, non sulle fazioni, come adesso. Gli eletti in Parlamento dovrebbero associarsi in base a formazioni e programmi di governo, ma soprattutto attorno a questo o a quel leader, come avviene negli Stati Uniti o in Gran Bretagna".
D. Se si arrivasse a due partiti, federalisti e radicali si unirebbero al cosiddetto cartello delle sinistre o ai referendari di Mario Segni?
"Se si arrivasse al sistema dell'uninominale secca, ad un turno, gli attuali partiti si troverebbero dinanzi a eletti, ed anzi a candidati prescelti non già su base di partito, ma di una leadership: in una parola scomparirebbero. Sia cartello delle sinistre, sia "referendari" di Segni non costituirebbero una base sufficiente e sufficientemente interessante per me. Sto già preparando, quindi, un "mio" movimento, quello dei "club Pannella".
D. I sindacati proclamano lo sciopero generale, i partiti d'opposizione promettono battaglia alla manovra economica, lei la difende e vuole evitare a tutti i costi una crisi di governo. Al di là della sua voglia di andare controcorrente, che cosa la preoccupa veramente?
"Lo sfascio di tutto, l'inflazione, una crisi al buio, che pagherebbero in modo feroce i ceti più deboli, non coloro che li stanno demagogicamente portando al suicidio, dopo averli ridotti in brache di tela. Spero che la gente non si faccia più ingannare nè dalla partitocrazia, nè dalla Trimurti sindacale".
D. Lei sostiene che il suo è il governo della porta aperta. Il Capo dello Stato, di cui lei è stato il primo grande elettore, come potrebbe favorire a livello istituzionale l'allargamento della base parlamentare dell'esecutivo?
"Dal 1· gennaio potrei tornare a candidarmi io a governare il Paese. Per quanto riguarda il presidente della Repubblica, si sa che in questo campo può solo consentire, suggerire, consigliare. E già al momento della formazione del governo Amato non aveva posto alcun limite alla base parlamentare e alla maggioranza. Purtroppo Amato, incredibilmente, volle per il suo governo la base più ristretta fino a rifiutare il nostro apporto. Ora sto lavorando per creare le condizioni per un nuovo governo, con un programma più ambizioso e coraggioso. Non è impresa facile. Non sarà certo il Capo dello Stato a interferire in questa fase della vicenda istituzionale".
D. Nell'arcipelago Verde si sono aperte vecchie fratture. Alcuni suoi ex compagni torneranno all'ovile?
"Non siamo un ovile. E spero che loro non siano pecore".
D. La Rai è diventata come la Nazionale di calcio. Ne parlano tutti da cittì. Secondo lei sta prevalendo il desiderio di protagonismo o la volontà di difendere le ragioni del servizio pubblico?
"Per ora continuano a prevalere le solite mafie televisive, partitocratiche, pubbliche e private. Ma la Rai la paghiamo noi".