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Pannella Marco, Fusi Carlo - 25 ottobre 1992
Pannella in campo contro gli sfascisti
Intervista al leader radicale che rilancia la sua proposta di riforma e chiama a raccolta i referendari

di Carlo Fusi

SOMMARIO: "Mi batto per una legge elettorale per la quale i tre quarti dei seggi siano assegnati con il sistema maggioritario e il restante quarto con la proporzionale". "Pds e sindacati accumulano errori su errori". Appello a Craxi: "Le grandi riforme si fanno soprattutto con quelli erano inizialmente in disaccordo".

(da "Il Messaggero" del 25.10.92)

La Cassazione dà via libera ai referendum e in attesa della pronuncia, decisiva, della Corte costituzionale, Pannella rilancia la battaglia per una nuova legge elettorale. Al convegno dei referendari, tra esponenti illustri come Giannini e Martelli, il leader storico del Pr insiste sulla sua proposta: un solo turno elettorale, tre quarti dei parlamentari eletti con l'uninominale secco e un quarto con il meccanismo proporzionale. Ed è già pronto un comitato che faccia da volano, accantonando ogni distinzione tra "destra" e "sinistra", alla riforma elettorale.

D. Onorevole Pannella, che significa dire, come fa lei, che i referendum sono tutti radicali? Vuole appropriarsi anche di Segni, Giannini e gli altri?

"Dico che sono tutti radicali in primo luogo culturalmente, e dunque a partire dalle loro origini. In secondo luogo perchè lo zoccolo duro della raccolta di firme è stato il comitato creato dai radicali. E' un modo per sottolineare, oggi, la continuità di un impegno a sostegno di tutte queste consultazioni popolari".

D. Che valenza ha, politicamente e culturalmente, il via libera decretato dalla Cassazione ai referendum?

"La stessa della sentenza su Sofri e Marino: dimostra che c'è una ripresa di senso del diritto dello Stato".

D. Adesso tocca alla Corte costituzionale pronunciarsi. Lei ha detto cose tremende sulla Consulta. Perchè? Qual'è la sua paura?

"Io sostengo che la Consulta ha rappresentato la grande cupola partitocratica di questo regime in questi ultimi lustri. Per la prima volta, invece, stavolta dico che c'è qualche elemento che mi può indurre a sperare che non accada uno scippo volgare".

D. Onorevole Pannella, chi sono oggi gli sfascisti?

"Tutti coloro che non sono capaci di governare secondo una visione profonda della società e del nostro tempo e che quindi, necessariamente, vanno avanti facendo ricorso a demagogie. Queste sono le componenti maggiori dello sfascio. In particolare a sinistra: sfascista rischia di esserlo tuttora anche il Pds, con le sue incertezze che lo portano a cercare una risposta demagogica di consenso, di piazza o di apparato. Sfascisti lo sono, contro la loro volontà, dei sindacati che rappresentano il mondo del lavoro ancor meno di quanto i partiti non rappresentino la democrazia italiana".

D. Chi sono, a suo giudizio, e chi lei giudica come tali, gli alleati nella battaglia referendaria?

"Beh, essendo un po' il mister referendum da una vita, anche se non sono mai stato un referendarista ma uno che mette al centro la democrazia delegata, dico che si tratta di individuare chi è d'accordo sull'obiettivo. Ad esempio, se in ipotesi vi è chi è a favore dell'uninominale, ma contrario al referendum, personalmente lo riterrei un alleato".

D. Lei ha rivolto un appello a Craxi, proprio lui che nell'ultima consultazione popolare invitò i cittadini ad andare al mare, ad unirsi alla battaglia referendaria. Perchè?

"Le grandi riforme si fanno soprattutto con coloro che inizialmente non erano d'accordo. Altrimenti come? Vedo che, nel Psi, c'è il rischio che sentimenti e risentimenti di bottega facciano perdere statura e respiro storico a coloro di cui abbiamo sicuramente bisogno più come amici che come avversari. Ed ecco quindi l'appello a Craxi per dirgli: guarda, sta attento, ciò che avete votato non esclude che possiate convergere con il nostro obiettivo, poichè l'obiettivo referendario comporta tre quarti di eletti con l'uninominale ed un quarto con la proporzionale. Questo "compromesso" varrà se la Corte costituzionale non casserà arbitrariamente la richiesta referendaria. Mi auguro e spero che questo invito gli arrivi e che Craxi dia un segno di risposta".

D. In Italia è in atto una scomposizione delle forze politiche tradizionali mentre nascono nuovi raggruppamenti: la sinistra di governo, l'alleanza democratica, e così via. Lei pensa di poter giocare un ruolo aggregante? E quale?

"Ruolo aggregante? Bene, guardiamo ai fatti. Noi abbiamo una struttura, che chiamiamo transpartito transnazionale. Claudio Martelli comunica che si è iscritto al partito radicale. Ci sono 130 parlamentari italiani e altri 400 stranieri, appartenenti ad oltre 90 partiti o forze nazionali, che fanno parte del Consiglio federale del partito radicale. C'è dentro una marea di socialisti, craxisti e martelliani senza distinzioni; tutto il gruppo socialdemocratico e finanche otto o nove pidiessini, e questo lo sottolineo per chi dà valore alla partecipazione dei tre partiti all'Internazionale socialista. E poi vi sono moltissimi liberali e liberaldemocratici. I radicali storici, come me, rappresentano solo il 2 per cento del nuovo partito radicale. Tutto questo vorrà pur dire qualcosa. Ci sarà pure un motivo per il quale tutta questa gente paga la quota di iscrizione. Questo è aggregante rispetto al Paese, aggrega alla politica nuove forze. E poi c'è la nuova struttura che stiamo creando per le battaglie civili ed

ecologiche: i club Marco Pannella. In più ci sono le disponibilità, non formali, che mi giungono da Segni, dalla sinistra di governo, e così via".

D. Le Leghe le fanno paura?

"Niente affatto, mi fa paura la partitocrazia, così come temo un rischio analogo per i Verdi. Noi dovremo costruire il nuovo anche con la gente che vota Lega e ieri votava comunista, democristiano, ecc. Il vero rischio sta nel sommarsi delle Leghe con la partitocrazia. Per esempio sul sistema elettorale".

D. Come giudica la commissione bicamerale per le riforme istituzionali guidata da De Mita?

"La commissione costituisce oggi il tentativo meglio articolato, e per questo più pericoloso, di organizzare una controriforma. Ma se ce la facessero, e non staremo inerti a vedere, a realizzare quel papocchio di cui parlavo prima, ciò che metterebbero alla luce sarebbe l'ultima manifestazione del vecchio regime e non la prima del nuovo".

 
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