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Pannella Marco, Guzzanti Paolo - 9 novembre 1992
"Amato raccoglie quel che ho seminato io"
Per il leader radicale "il presidente del Consiglio ha colto il problema dei referendum"

Pannella: la parola "sinistra" è come "destra", non l'amo più

Intervista a Marco Pannella di di Paolo Guzzanti

SOMMARIO: Sinistra: »Il problema non è quello della rifondazione, ma della fondazione della sinistra democratica ; sistema elettorale: »la politica, quando non si rifà al modello anglosassone genera mostri ; partitocrazia: »Non ci sono alternative: o la politica appartiene ai cittadini, oppure appartiene ai partiti ; Amato: "Ha avuto una reattività istintiva che io ho apprezzato molto nel raccogliere il significato del problema della attuazione dei referendum di Giannini e delle riforme ; Craxi: »un nostro rapporto può riprendere, ma a condizione che sia disposto anche ad ascoltare. Anche a dare consenso, senza pretenderlo soltanto ; Martinazzoli: »lui sente molto la bandiera, quella interiore, e vuole lavorare per la rinascita dell'unità politica dei cattolici ... secondo me è un errore ; Partito radicale: »Se l'Italia non fosse in grado neppure di dare 30 mila iscrizioni, io fra 15 settimane esco e abbandono per sempre, per quanto un uomo possa dire 'sempre' .

(LA STAMPA, 9 novembre 1992)

Pannella è la fenice del panorama italiano: nasce e risorge, sfolgora e si eclissa. Chi non ha mai detto: è un uomo detestabile? Chi non ha mai detto: è un uomo formidabile? Irrita, coinvolge, invade, e da minoritario irreparabile, ecco che Pannella emerge, la sua immagine si moltiplica in televisione, la sua forza si dilata e compare ora a fianco - lo abbiamo visto in queste ore - del presidente del Consiglio, lo stesso Giuliano Amato che Craxi vorrebbe come suo successore.

D. Allora, Pannella, che succede?

R. "Lascerei perdere per il momento, tutto si svolge in modo così fluido..."

D. Un momento: lei è stato finora il bastian contrario della sinistra. Improvvisamente sembra diventare il rifondatore della sinistra accanto ai socialisti di cui è stato fratello interno, poi fratello separato. Che ruolo sta preparandosi?

R. "E' vero che con i socialisti siamo sempre stati fratelli o cugini. Io non l'ho dimenticato, ma loro sì che per tre volte dal '45 a oggi mi hanno negato la tessera..."

D. Quando?

R. "Va beh, adesso non mi va di ritornare a queste cose. Stiamo all'oggi. Il problema non è quello della rifondazione, ma della fondazione della sinistra democratica".

D. E cioè?

R. "Avere una politica senza i partiti".

D. Quindi abbasso la politica.

R. "Al contrario: viva la politica, abbasso i partiti. Ho sempre detto: via i partiti. Via i partiti dall'università, allora. E poi via i partiti dalle istituzioni. In genere: via i partiti "da". Da tutto. E viva la politica senza le fazioni, senza tutto ciò che la proporzionale comporta, e che distrugge la politica".

D. Di tradizione anglosassone

R. "Si, perché la politica, quando non si rifà al modello anglosassone genera mostri. E seguita a generarli: i Paesi dell'Est post-comunista adottano la proporzionale e sostituiscono alla dittatura di un partito la dittatura di un sistema di partiti. Non ci sono alternative: o la politica appartiene ai cittadini, oppure appartiene ai partiti. Questo è il vero modo laico di vedere le cose".

D. Lei ha ancora il coraggio di chiamarsi laico, anche in senso anticlericale, come i radicali di una volta?

R. "Si, in pieno".

D. E non le sembra un po' fuori moda il mangiapretismo?

R. "Che idiozia è questa? Io sono anticlericale perché sono portatore di una visione laica e rispettosa di tutto e tutti, dimensione religiosa compresa. Io però sono stufo e arcistufo di questa storia parallela di cattolici e laici che ci viene ammannita da decenni e che serve per servire il non-meglio degli uni e degli altri".

D. Sul concreto?

R. "Abbiamo avuto una politica di stereotipi: i liberali dovevano dire che erano cavouriani, i repubblicani che erano mazziniani..."

D. Veniamo all'oggi-oggi. Lei siede alla destra di Amato.

R. "E beh, oggi il governo, attraverso Amato, mostra di saper raccogliere i frutti della nostra semina liberaldemocratica di riforma...".

D. ...E di sinistra?

R. "La parola "sinistra" non la amo più, è stata autoconservatrice di se stessa e ha prodotto mostri quanto la destra, e con la stessa coerenza perversa".

D. E Amato?

R. "Ha avuto una reattività istintiva che io ho apprezzato molto nel raccogliere il significato del problema della attuazione dei referendum di Giannini e delle riforme... E' un codice genetico che io ho rintracciato in lui, una affinità istintiva, quella dei liberalsocialisti, dei democratici, dei radicali...".

D. Con Craxi che rapporti ha?

R. "I rapporti che vuole lui: non ci sentiamo da quando si è messo in testa che non è diventato presidente del Consiglio per colpa mia".

D. Quindi inimicizia totale.

R. "No. Credo che ormai neanche lui creda più a questa baggianata. Però sa anche che un nostro rapporto può riprendere, ma a condizione che sia disposto anche ad ascoltare. Anche a dare consenso, senza pretenderlo soltanto. La sua solitudine è colpa sua. Io in questi sei mesi ho sempre evitato di attaccarlo, anche se non sarebbe stato difficile. Ho scopi costruttivi".

D. Sta di fatto che lei sostiene Amato, che è l'uomo di Craxi.

R. "No, questo dipende soltanto da Amato: abbiamo ricordato i nostri obiettivi, ne ha riconosciuto la ricchezza e li ha accettati".

D. Lui vi è venuto incontro sul tema della droga, capovolgendo l'antica posizione di Craxi.

R. "Credo che in quel campo anche Bettino abbia cambiato idea".

D. E di Martinazzoli che dice?

R. "E' un uomo di rare amicizie e io ho il privilegio della sua amicizia: lui sente molto la bandiera, quella interiore, e vuole lavorare per la rinascita dell'unità politica dei cattolici".

D. E questo non le piace?

R. "Secondo me è un errore: bisogna lavorare per l'unità laica, dove c'è posto e autonomia per tutte le correnti liberali, sia cattoliche che socialiste, liberali, radicali e anche liberal-comuniste...".

D. Ma lei propone come padre di una nuova democrazia?

R. "Io sono fermo al mio posto di lotta perché finalmente si realizzi la democrazia. Se oggi abbiamo forme politiche vecchie di settanta o cento anni, dobbiamo pensare a quelle che dovranno reggere per i prossimi cento".

D. Lei parla spesso di "scandalo dei radicali storici". Cioè?

R. "Lo scandalo è quello che abbiamo dato per più di 40 anni con la ragionevolezza. Oggi il partito radicale ha 130 parlamentari italiani di dieci partiti diversi e di 90 nel mondo, il radicale è già un transnazionale...Siamo una lunga teoria di formiche che da anni lavorano...".

D. Lasci perdere le formiche. Oggi che ruolo l'aspetta?

R. "Quello dei 'Club Pannella' per i quali stiamo lavorando, e con cui seguitiamo a dar scandalo...".

D. Ma quando?

R. "Sempre con lo strumento della ragione: per esempio quando abbiamo detto che si stavano riempiendo le piazze di plebi e non di proletariato, piazze suicide... Polemiche con il sindacato per il suo populismo, e così via".

D. E se fallisse il suo disegno?

R. "Se l'Italia non fosse in grado neppure di dare 30 mila iscrizioni, io fra 15 settimane esco e abbandono per sempre, per quanto un uomo possa dire 'sempre'".

D. Lei spesso agita le sue minacce per esercitare pressioni...

R. "Io non ho mai detto in vita mia, prima d'ora, che avrei lasciato la politica per sempre, se non si fossero date certe condizioni. Non l'ho mai fatto e ora lo faccio: mi preparo a uscire dalla politica, se occorre".

D. Per frustrazione?

R. "Per dolore. Sarebbe una sconfitta, come dice il grande sacerdote Ingrao, epocale".

 
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