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Barenghi Vanna - 25 novembre 1992
Lettera aperta a Niccolò Amato
di Vanna Barenghi, Presidente del CO.R.A.

SOMMARIO: Vanna Barenghi replica a Niccolò Amato, direttore degli Istituti di Prevenzione e Pena, che aveva affermato, in un'intervista su "La Stampa", che in base alla riforma della legislazione sulla droga annunciata dal presidente Giuliano Amato "non un tossicodipendente potrà lasciare la cella". Vanna Barenghi ricorda che almeno le 1.061 persone, attualmente in carcere per "detenzione o spaccio di lieve entità", potrebbero uscire. Per quanto riguarda la stragrande maggioranza di tossicodipendenti arrestata perché ha commesso altri delitti al fine di procurarsi la droga l'unica soluzione - che anche Niccolò Amato sembra evocare con prudenza - è la fine del proibizionismo.

(IL MANIFESTO, 25 novembre 1992)

Ieri è apparsa su "La Stampa" un'intervista a Niccolò Amato, direttore degli Istituti di Prevenzione e Pena. E' molto interessante, più nel 'non detto' che nel 'detto', ma comunque merita una risposta.

Cosa dice Niccolò Amato, a proposito dei tossicodipendenti, delle carceri, delle scarcerazioni proposte e delle conseguenze che ne deriverebbero? e cosa dice del vero 'nodo' di tutta questa vicenda e cioè del proibizionismo, causa unica e prima di tutte le carcerazioni di cui tanto in questi giorni si parla?

Amato comincia con l'affermare che, dei 49 mila detenuti oggi 'ristretti' 15 mila (cifra stimata 'per difetto') sono tossicodipendenti, il 33 per cento del totale, e dice che in 18 mesi i detenuti sono passati da 25 mila a 49 mila, mentre le carceri potrebbero ospitarne non più di 29 mila.

Amato dice anche che dei tossicodipendenti "nessuno è dentro per semplice consumo" (ma questo, come vedremo, è solo un espediente non troppo nobile) e che dunque, in base alle dichiarazioni fatte dall'altro Amato (Giuliano), "non un tossicodipendente potrà lasciare la cella". E questo semplicemente perché, a suo dire non l'avrebbe mai occupata. Aggiunge però che nel passato, sì, qualcuno è entrato per semplice consumo. E noi - per parte nostra - aggiungiamo il ricordo di tanti suicidi avvenuti proprio dentro le carceri, per pochi grammi di hascish o marijuana. L'ultimo è di un mese fa, il ragazzo di vent'anni che non era in carcere, ma la notizia della sua condanna a quattro mesi venne pubblicata sul giornale del suo paese, tutti lo avrebbero letto e lui, semplicemente, non c'è l'ha fatta e si è ammazzato.

Ad ogni modo, nelle carceri ci sarebbero 1.061 tossicodipendenti, arrestati per "detenzione o spaccio di lieve entità". Con questo si vuol dire che i 1.061 sono in galera in nome della 'dose media giornaliera' che trasforma un consumatore automaticamente in spacciatore, solo che abbia una piccola parte in più rispetto a quello che il ministro De Lorenzo ha stabilito debba essere la quantità uguale per tutti. Concetto, si è detto da ogni parte, totalmente privo di scientificità. Comunque, per questa ragione ce ne sono "solo" 1.061 dentro le nostre galere. E' poco?

Forse questi potranno uscire, dice Amato. "Dipende da come la legge sarà articolata". Ma il fatto, aggiunge, è che la stragrande maggioranza di tossicodipendenti sta dentro perché ha commesso altri delitti: furti, rapine, omicidi, eccetera.

Che incidenza ha avuto la legge Jervolino-Vassalli rispetto a carceri e tossicodipendenti? Non così rilevante, afferma Amato, che però aggiunge come "negli ultimi sette anni siamo passati dal dieci per cento al trentatré per cento di tossicodipendenti in prigione". Fatto che, secondo lui, deriverebbe dalla "diffusione delle droghe nella società".

Basta questo per dimostrare come le leggi repressive nessun potere di repressione abbiano o abbiano mai avuto. Ma Amato dimentica di dire che, negli ultimi due anni e mezzo e cioè dal momento dell'approvazione della nuova legge, si è verificato un enorme aumento di tossicodipendenti arrestati e carcerati. Perché lo dimentica? Non dovrebbe farlo, sarebbe molto più credibile se dicesse la verità fino in fondo.

Ad ogni modo la conseguenza di tutto questo discorso è una e una soltanto: se si continua sulla linea del proibizionismo non resterà che costruire tante belle nuove carceri, tanti posti dove sbattere i tossicodipendenti "che aumentano sempre" insieme ai consumatori che hanno comprato qualcosa in più rispetto a quello che vuole De Lorenzo.

Altrimenti, dice finalmente Niccolò Amato, bisognerebbe affrontare "un problema di fondo, ma è una scelta culturale delicatissima, ed è la scelta tra proibizionismo e antiproibizionismo... Se la droga - dice Amato - entrasse in un circuito legale si ridurrebbero tutti i delitti commessi per procurarsi e spacciare (?) la droga.. Ma in un regime proibizionistico è difficile pensare di poter fare a meno del carcere".

"A meno" di un carcere che porta morte e distruzione, sieropositività e Aids, di un carcere che ospita migliaia di persone colpevoli soltanto di aver fatto una scelta per un periodo della loro vita: la scelta di usare sostanze stupefacenti, che se non comportassero i reati di cui parla Amato, se fossero legali, nessun problema carcerario creerebbero alla società mentre aiuterebbero anche i tossicodipendenti restituendo loro la dignità di una vita da vivere e non da buttare nelle latrine delle stazioni.

Da anni Niccolò Amato 'implora' i politici di non mandare più in carcere i tossicodipendenti, pena la disgregazione totale del sistema carcerario. Ho l'impressione che ci siamo arrivati e ho l'impressione che il direttore degli Istituti di prevenzione e Pena debba proprio prendere una posizione netta, quella posizione razionale di chi - come noi - chiede la legalizzazione delle droghe e che, sia pure non dicendolo esplicitamente, mi sembra che Amato (Niccolò) condivida.

E allora basta con tutta questa prudenza, le responsabilità di chi ha comunque posti di potere sono enormi: se le assumano una volta per tutte, mettendo fine al disastro che il proibizionismo ha creato e crea in ogni società repressiva. Aprendo su questo fronte il dibattito. Perché è su questo fronte che si gioca la partita. Tutto il resto è secondario.

 
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