"La Bicamerale non tiene conto della realtà drammatica in cui si caleranno le nuove regole del gioco"Alla Dc di Martinazzoli "va riconosciuto di aver fatto passi più netti verso la riforma
Intervista a Marco Pannella di Paolo Franchi
SOMMARIO: Marco Pannella delinea per le prossime venti settimane una estensione delle iniziative giudiziarie contro la corruzione e, nel contempo, una rivolta sociale determinata dalla crisi economica ed alimentata dai gruppi contrari al sistema uninominale. In questo contesto, l'unica alternativa potrebbe essere quella di »concepire, preparare, assicurare partiti "altri" , altri partiti capaci di governare il cambiamento, di renderlo meno violento e distruttivo. L'unica risorsa disponibile per sollecitare questo cambiamento è il sistema elettorale anglosassone, uninominale.
(CORRIERE DELLA SERA, 30 gennaio 1993)
Roma - "Questo Parlamento? E' il migliore da trent'anni a questa parte. E lo stesso discorso, per inciso, vale anche per il capo dello Stato. E nessuno sarebbe autorizzato a ridere se dicessi che vale persino per il governo. Ma il problema è: basta, tutto questo?". La Camera ha appena varato l'elezione diretta del sindaco, la commissione di De Mita ha appena qualche giorno per trovare in extremis il bandolo della riforma elettorale. E piovono avvisi di garanzia e arresti eccellenti, voci fino a ieri incredibili si accavallano alle notizie, e le sorpassano. Un giorno di quelli destinati a lasciar traccia. Un giorno in cui vale la pena di sentire Marco Pannella.
D. Anche lei apocalittico, anche lei catastrofista, Pannella?
R. "No, adesso meno che mai. Ma stiamo ai fatti. Prenda le legge sui sindaci. E' venuta fuori bizantina, neogotica, rococò, faccia lei, piena di se, di ma, di lacci e di tagliole. Sì, il sindaco sarà eletto direttamente. Ma la legge risponde soprattutto all'esigenza di protrarre in qualche modo la vita dei partiti maggiori, di favorire aggregazioni attorno alla Dc e al Pds. E questo è desolante".
D. E lei pensa che i partiti maggiori stiano ragionando allo stesso modo anche per la riforma elettorale....
R. "Io ho una certezza. Di quelle di cui tra dieci anni si dirà "Pannella aveva ragione", accrescendo così, come le altre volte, il mio dolore e il mio scoramento...".
D. Pannella, la sua certezza.
R. "La certezza è che nella Bicamerale, dove pure per ore e ore sono presenti, e attenti, Occhetto, De Mita, Martinazzoli, Fanfani, Gava, nonché Cossutta, Magri, Miglio, La Malfa, dal contesto drammatico in cui si calerà il testo che alla fine scriveremo si prescinde totalmente. Ancora giovedì ho preannunciato loro quello che accadrà nelle prossime venti settimane...".
D. Un Pannella profetico....
R. "Macché, sono previsioni per le quali non c'è proprio da accampare meriti particolari. Dunque. Almeno altre dieci o quindici procure, comprese quelle dove fin qui non si è mossa foglia, entreranno clamorosamente in campo. Borrelli e il suo pool saranno sempre più al centro di iniziative giudiziarie che investiranno i più alti colli di Roma...".
D. Ho sentito bene, i più alti colli?
R. "Sì, tranne quello che tutti comprendono. E colpiranno altri tentacoli della piovra parastatale-partitocratica. Non escludo e non dispero che comincino ad essere "avvisati", ufficialmente e non mafiosamente, alti magistrati del passato e del presente, qualche segno si è già visto".
D. Uno scenario oscurissimo....
R. "Non è finita. Tenga in conto la rivolta sociale, tanto comprensibile quanto ingiustificata e perniciosa. E non dimentichi una politica che resta incredibilmente ancorata alla sola vicenda socialista. E i nove referendum, con annessa campagna elettorale. E l'annuncio da parte di Rifondazione e del Msi di un attacco disperato, stile 1953, contro il Parlamento, per impedire la riforma elettorale".
D. Risultato?
R. "E me lo chiede? Non vi basteranno più le pagine per rovesciare la nausea e la rivolta contro "la politica". Già vedo il Tg3, una piazza tutta in lacrime, bandiere rosse e invettive contro il governo del freddo del buio e della fame".
D. In sintesi, lei profetizza il crollo del regime.
R. "Non profetizzo, constato. Che lo vogliano o no, i partiti, questi partiti, sono per la gente "il male" da cui occorre liberarsi".
D. E allora, che cosa pretende da loro? Come può pensare che i bersagli della sollevazione si trasformino in protagonisti della riforma?
R. "Dico un'altra cosa. Dico che proprio questa disgrazia potrebbe costituire un punto di forza e di continuità di gran parte dello stesso attuale ceto politico".
D. Un bel paradosso.
R. "Mah. Concepire, preparare, assicurare partiti "altri", altri partiti, consentirebbe forse di governare il cambiamento, di renderlo meno violento e distruttivo, di dargli un esito democratico, migliore, non peggiore, della situazione attuale. Per questo, abbiamo un'unica risorsa, la democrazia anglosassone, soprattutto americana. Per questo, bisogna passare a quel sistema elettorale, cominciando dal Parlamento. Il primo risultato sarebbe l'impossibilità di ripresentare i vecchi simboli degli attuali partiti. Di girare pagina ma senza condanne, senza ignominia per l'una o per l'altra storia".
D. E questo lo ha ricordato ancora una volta alla Bicamerale?
R. "Già. Ho chiesto a Martinazzoli, a Occhetto, a La Malfa: perché non adottare questa soluzione? Come sempre, l'unico che ha avuto la dignità del rispondere senza soppesare le armate dell'interlocutore è stato Mino Martinazzoli, alla cui Dc sarebbe stato intelligente e prudente riconoscere già di aver compiuto i passi avanti più netti verso la riforma".
D. E cosa le ha risposto, Martinazzoli?
R. "Con un aforisma, natura non facit saltus. Il che non è vero, come mostrano le più letali "grandi rivoluzioni" del secolo: senza forza e determinazione della ragione, di salti se ne fanno, e tremendi. Ma a Mino resta un punto di riferimento da onorare. Perché all'aforisma ha aggiunto: "Quindi, per ora, accontentiamoci del primo passo". Il che mi consente di pensare: sulla scelta finale siamo d'accordo".