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De Core Francesco, Bonino Emma - 23 febbraio 1993
Una tessera per sopravvivere
Il Pr alla ricerca di 30mila adesioni entro il 28.

Intervista a Emma Bonino di Francesco De Core

SOMMARIO. Tre buone ragioni per iscriversi al Partito radicale: per diventare azionisti del solo partito che può salvare la nobiltà della politica; per adottare politicamente i cittadini di paesi in cui la libertà e la stessa vita è a rischio; per promuovere grandi battaglie internazionali.

(ROMA, 23 febbraio 1993)

Sogno, incubo, speranza o più ministerialmente scadenza: chiamatela come volete questa benedetta quota 30mila che il Partito radicale s'è posto per sopravvivere, forse peccando un po' di presunzione, forse aggrappandosi agli auspici dell'Italia che palpita ancora tra le macerie dei defunti apparati di partito. E poi lo diceva Oscar Wilde: la moderazione è una cosa fatale. Nulla ha più successo dell'eccesso.

Chiamatela come volete, sì: ma ad Emma Bonino, la pasionaria della rosa nel pugno, non pronunciate la parola "realismo". Le dà un senso di fastidio, ancor di più adesso che sotto il tetto della casa radicale si riparano in tanti, non fa nulla se debbono convivere figli e figliastri, adulatori e sostenitori, volponi e idealisti.

D. - Realisticamente, pensa che ce la farete a raggiungere le 30mila iscrizioni per sabato prossimo?

R. - "Che vuol dire "realisticamente"? Fossimo stati realisti, avremmo perduto tutte le nostre battaglie. Per fortuna, non lo siamo. Dunque, avanti fino al 28 febbraio, solo allora si vedrà...".

E il 28 febbraio non è poi così lontano. Anzi è dietro l'uscio di casa la domenica del redde rationem che potrebbe mangiarsi i radicali e decretarne l'addio alle armi. Ma al partito il pessimismo è reato da galera. Emma e Marco, mamma e papà, di morire proprio non vogliono saperne. E girano l'Italia, passano in tv, lanciano messaggi, chiedono adesioni, organizzano dibattiti, producono spot: ventiquattro ore su ventiquattro, se possibile un minuto di più. Una tessera per 365mila lire, lo volete ancor'oggi il partito delle cause vinte e delle mani pulite?, gridano in coro all'Italia strizzata come un panno bagnato dai giudici di Tangentopoli."

D. - Quali sono le ultime carte che intendete giocarvi?

R. - "Quelle di sempre: promuovere informazione, momenti di solidarietà con la campagna iscrizioni. Domenica mattina, a Roma, ci siamo incontrati con la gente, giovani, donne, in una grande manifestazione popolare; una tra le tante, piccole o grandi. Poi, i tavoli per le strade, una mobilitazione straordinaria per raccogliere le iscrizioni via telefono. E sabato saremo anche a Napoli. A proposito, sai che per iscriversi basta telefonare il numero della propria carta di credito allo 06/689791?"

D. - Mi dica tre buone ragioni per iscriversi al Partito radicale.

R. - "Primo, per diventare azionisti del solo modello di partito buono per salvare gli altri partiti ed in primo luogo la stessa nobiltà della politica: il Pr non è un partito-chiesa, non è un comitato d'affari, non prende tangenti e mazzette. Secondo, per adottare politicamente, a distanza, e aiutare a far vivere i cittadini di paesi in cui la libertà e la stessa vita è a rischio, e penso alla gente della Bosnia, della Macedonia, della Somalia, ma non solo...Terzo, per promuovere a livello transnazionale grandi idee e progetti di valore generale, come l'abolizione della pena di morte entro il Duemila, la promozione di una politica dell'ecologia per salvare la terra dal disastro imminente e annunciato, rafforzare le istituzioni dell'Europa e farvi aderire gli Stati nati dal crollo del comunismo".

D. - Nel sistema che frana, quale ruolo potete ancora svolgere?

R. - "Del sistema che ora frana i radicali non hanno mai fatto parte. Il sistema li ha snobbati, scherniti e ricacciati, per oltre un trentennio, nell'inferno dei "diversi". Oggi che tutte le previsioni fatte dai radicali si verificano puntualmente, c'è da augurarsi che il Paese si accorga di loro e affidi il ruolo che si sono guadagnata".

D. - Molte adesioni eccellenti e poche popolari: come mai?

R. - "Ma scherziamo? Il fatto è che il Partito radicale è oggi, letteralmente, un altro. E' un partito unico, senza precedenti. Al congresso, ottocento dei delegati provenivano dalla Russia, dall'Africa, dalle Americhe, dall'Europa. C'erano ministri, parlamentari, ambasciatori di mezzo mondo, tutti con la tessera...Ma si è chiesto perché tanti deputati dc si siano iscritti al Partito radicale? E' una cosa di enorme importanza. Le tv, l'informazione, hanno fatto finta di niente: tocca a loro porsi la domanda che lei mi rivolge".

D. - L'idea del partito transnazionale non ha funzionato molto...

"Lei sa con esattezza cosa significhi un partito transnazionale. Ma la gente comune come fa a saperlo? Chi l'ha mai informata? D'altra parte è vero anche che nei paesi occidentali si è diffuso un egoismo tanto feroce quanto pericolosissimo. "Che ci importa di quel che avviene in Bosnia", è la risposta dei più. Ma costoro non sanno che a partire dalla Bosnia i rischi di un disastro colossale sono tutt'altro che lontani. Come per la Spagna del 1963. Tre anni dopo, scoppiava la guerra mondiale".

D. - Molti vi accusano di aver creato un partito "calderone".

"Il Partito radicale è sempre stato un partito "pullman", al quale chiunque può iscriversi. Il risultato non è un "calderone", ma un luogo di altissimo e civile dibattito e confronto".

D. - Pannella le ha lasciato una bella grana. E se non ce la farete?

R. - "Il problema non è tanto di sapere cosa faremo noi radicali se il partito dovesse chiudere; ma come potranno essere impostati, svolti e portati avanti fino al successo tanti progetti, tante idee, tante speranze della gente comune. Sono queste le grane che ha lasciato Pannella e, mi creda, ci angosciano in queste ore".

D. - Lei ultimamente ha dichiarato che le mancano gli intellettuali ed i politologi. Perché proprio ora, mentre in passato ne ha fatto tranquillamente a meno?

R. - "Occorre intenderci. Non è che noi abbiamo bisogno degli intellettuali e dei politologi. Ma rimproveriamo loro la disattenzione, l'insensibilità, l'irresponsabilità con cui si pongono di fronte alla "questione radicale". Per decenni, hanno applaudito a ogni verbosità pseudomarxista. Tra centinaia di cattedre universitarie, non una che abbia mai dedicato un corso al Partito radicale. Ora, privi di guida, sembrano caduti in uno scetticismo senza speranza. Dobbiamo, o no, rimproverare loro questi errori, che sono dannosi a loro stessi, e alla cultura in generale?".

D. - Come mai proprio non riuscite a rompere la barriera che vi separa dal popolo pidiessino?

R. - "Nei momenti delle grandi battaglie laiche e liberali promosse dai radicali "storici", a partire dal divorzio, dall'aborto o dal referendum sul finanziamento ai partiti, il popolo pidiessino è stato largamente con noi; e se il Pci e lo stesso Pds sono cambiati nel tempo, lo si deve anche a queste spinte unitarie dei loro iscritti. Purtroppo, però, i militanti della Quercia non sono sempre consultati...I rancori, quando ci sono stati, sono venuti dalla voluta, cattiva informazione che le loro classi dirigenti hanno dato alle masse".

 
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