Radicali.it - sito ufficiale di Radicali Italiani
Notizie Radicali, il giornale telematico di Radicali Italiani
cerca [dal 1999]


i testi dal 1955 al 1998

  RSS
lun 25 nov. 2024
[ cerca in archivio ] ARCHIVIO STORICO RADICALE
Archivio Partito radicale
Bonino Emma - 25 febbraio 1993
Occorre un modo nuovo per poter vivere insieme
Di fronte alle grandi questioni che sconvolgono il mondo

di Emma Bonino

SOMMARIO: »La posta in gioco è rendere possibili quelle cose ragionevoli che ognuno di noi vorrebbe fare, vorrebbe che fossero fatte per fermare la guerra, per affermare la giustizia, per sconfiggere la violenza nel mondo. Ma da solo non ce la può fare. E non ce la possono fare da soli neppure i governi italiani piuttosto che americani o i russi senza una mobilitazione di cittadini e di parlamenti di ogni parte del mondo .

(NOI, 25 febbraio 1993)

Durante il congresso radicale quattordici deputati democristiani italiani annunciavano la loro iscrizione al Partito radicale. Si aggiungevano ai 170 deputati del Pds, Psi, Pri, Pli, rifondazione comunista, Psdi. Erano presenti molti dei 305 parlamentari non italiani iscritti al Pr, provenienti da 37 paesi diversi, esponenti di 71 partiti o gruppi politici. Una cosa unica al mondo, senza precedenti. Ma dov'è la notizia, si chiedevano disperati molti giornalisti accecati dall'evidenza. "Ma quando viene Bossi? E Occhetto?" domandavano all'esterrefatto delegato della Moldavia. Ottocento congressisti radicali provenienti dalla Russia, dall'Africa, dall'Europa, dalle Americhe discutevano sui modi per fermare la guerra in Bosnia o nel Nagorno Karabakh, della campagna per l'abolizione della pena di morte entro il duemila, del tribunale internazionale contro i crimini di guerra. C'erano ministri, parlamentari, ambasciatori. Ma dov'è la notizia? Finalmente trovavano quello che secondo loro interessava i lettori: »Bos

si e Occhetto hanno snobbato il congresso radicale, non verranno all'Ergife .

Il tempo sembra non aver insegnato nulla. Pochi sono stati sfiorati dal dubbio che, anche questa volta, i radicali potrebbero aver ragione, potrebbero aver individuato l'essenziale della crisi delle nostre società, di ciò che sconcerta l'opinione pubblica in tutti i paesi: la scienza ha fatto miracoli in tutti i campi ma la politica si mostra invece impotente, si ferma, alle soglie del duemila, anche davanti al modesto problema di sfamare una popolazione o d'impedire lo stupro di centinaia di donne bosniache. Per non parlare dei più limitati problemi nazionali.

Nessuno ha riconosciuto il nuovo, nessuno si è accorto che il partito "italiano" dei radicali "storici" è stato soppiantato da un altro soggetto politico che non segue la moda delle "trasversalità" che pretendono di condizionare l'esistente ma annuncia un nuovo modo di essere partito, all'altezza delle grandi questioni che sconvolgono l'Europa e il mondo, che non nasce da scismi ideologi ma si nutre interamente del meglio che le diverse famiglie politiche, socialiste, cattoliche, liberali hanno dato alla democrazia occidentale.

Faranno in tempo i giornalisti a scoprire questo partito nuovo prima di doverne celebrare con "rimpianto" la chiusura?

"Non mi sono mai iscritto nella mia vita ad un partito", rivendicano con orgoglio i più. Bravi!, così avete consegnato quello strumento a cui la Costituzione affida il compito di concorrere a determinare la politica nazionale ai tanti faccendieri di cui sono piene le cronache giudiziarie.

Mi rivolgo proprio a quelle persone che "non si sono mai iscritte", che nel passato hanno magari ascoltato con fastidio gli appelli pressanti del Partito radicale ad iscriversi, a versare il proprio obolo per la democrazia: ma ci voleva "tangentopoli" per scoprire come si finanziavano gli altri partiti? Non era sufficiente, per capirlo, chiedersi come facevano a pagare le loro campagne elettorali miliardarie senza mai chiedere un soldo ai cittadini?

Oggi finalmente tutti possono spiegarsi perché non c'è mai stato un radicale coinvolto negli scandali. La politica costa: o viene finanziata volontariamente dai cittadini oppure con le tangenti. Noi abbiamo scelto sempre e solo la prima strada.

Oggi il Partito radicale rischia di morire proprio perché molti "non si sono mai iscritti" al partito che ha fatto della mendicità, della povertà, della onestà la sua bandiera. C'è tempo fino al 28 febbraio. Se per quella data non ci saranno almeno 30 mila iscritti si chiuderà bottega. E adesso segnatevi questo indirizzo a cui potete inviare un vaglia telegrafico con la quota d'iscrizione che è di mille lire al giorno, un caffè in meno al giorno: Partito radicale, via Torre Argentina 76, 00186 Roma. Se volete, potete farlo anche con la carta di credito telefonando al numero (06)6864233.

Ma cosa potrà cambiare nella nostra vita se il Partito radicale dovesse riuscire a superare questa sfida? Cosa potrebbe succedere se coloro che mi stanno leggendo dovessero decidere finalmente di darci una mano per riuscire, insieme, a vivere? La posta in gioco è rendere possibili quelle cose ragionevoli che ognuno di noi vorrebbe fare, vorrebbe che fossero fatte per fermare la guerra, per affermare la giustizia, per sconfiggere la violenza nel mondo. Ma da solo non ce la può fare. E non ce la possono fare da soli neppure i governi italiani piuttosto che americani o i russi senza una mobilitazione di cittadini e di parlamenti di ogni parte del mondo. Qualche esempio? C'è solo l'imbarazzo della scelta. Vorremmo tutti che ci fosse una autorità, un tribunale, un polizia internazionali, investiti democraticamente di poteri d'ingerenza, che potessero intervenire dovunque la sopraffazione, l'arbitrio, la tirannide umilia la dignità e i diritti della persona. Cosa occorre per trasformare questo sogno in realtà?

Vorremmo tutti che le nostre città tornassero ad essere vivibili, fossero affrancate dagli effetti perversi provocati non dalla droga ma dal proibizionismo, da quella folle politica dei governi che trasforma un trafficante di modeste quantità di prodotti facilmente reperibili sul mercato internazionale in un potente criminale con profitti miliardari. Vorremmo essere liberati da quella spirale che trasforma un consumatore in uno spacciatore, in un criminale, in uno scippatore. Vorremmo leggi, a livello nazionale e internazionale, che aboliscano il proibizionismo e riconducano il problema del tossicodipendente alla sua dimensione sanitaria e sociale.

Anche questo è destinato a rimanere un sogno?

No, è possibile. Occorre un partito trasnazionale e transpartitico. Occorre la tua voglia di costruirlo.

 
Argomenti correlati:
trasnazionale
onu
scioglimento pr
stampa questo documento invia questa pagina per mail