SOMMARIO: Muhamed Kresevljakovic, Sindaco di Sarajevo, iscritto al Pr, membro del Partito di Azione Democratica del presidente Izetbegovic, prima forza politica al Parlamento bosniaco, mussulmano, è riuscito ad uscire, per una settimana, agli inizi di marzo, da Sarajevo assediata. Un Falcon dell'aviazione militare italiana lo ha prelevato dalla capitale bosniaca e lo ha portato in Italia per rafforzare quel "filo di speranza" che il suo impressionante ottimismo non gli ha fatto perdere.
(IL PARTITO NUOVO, 19 marzo 1993)
L'impegno dei radicali, sia nel Parlamento italiano sia con altre iniziative politiche - fra le quali quella del gemellaggio tra le città di Roma e Sarajevo - per consentire al Sindaco di Sarajevo di uscire dalla sua città, è stato determinante. Kresevljakovic sarebbe dovuto arrivare in Italia già in occasione del Congresso radicale. Emma Bonino e Sergio Stanzani, rientrati a Zagabria da Sarajevo dopo aver incontrato il Sindaco, il 29 gennaio scorso dichiaravano che egli aveva accolto l'invito ad aprire i lavori del Congresso e che a quel punto solo un intervento del Governo italiano avrebbe potuto garantire l'autorizzazione e le adeguate condizioni di sicurezza per l'uscita ed il rientro del Sindaco e della sua scorta. L'ONU negava il permesso per la sua partenza, perchè "obiettivo sicuro" dei cecchini serbi. Finalmente, il 27 febbraio scorso, dopo altre pressioni dei radicali sul Governo italiano, Muhamed Kresevljakovic giungeva a Roma.
"Sono arrivato qui dopo aver lasciato il più grande campo di concentramento che ci sia oggi in Europa". Queste le prime parole del Sindaco al suo arrivo.
Molti e autorevoli i suoi incontri. E' stato ricevuto dal Presidente del Consiglio Amato per concordare un piano di aiuti umanitari per la Bosnia e per ottenere maggiori impegni per evitare il genocidio in atto.
Ha incontrato i Presidenti delle due Camere italiane, che si sono impegnati a promuovere una campagna internazionale per la ricostruzione del Parlamento bosniaco. Ha esposto ai Ministri della Difesa, della Giustizia, del Commercio Estero e degli Affari Esteri, le richieste di aiuto urgenti per il suo paese e ha ottenuto il loro appoggio.
Ha partecipato a Firenze alla terza conferenza internazionale sulla cooperazione regionale e municipale, ricevendo dalla città di Firenze una onorificenza "in segno di speranza per una rapida cessazione della guerra fratricida e per il ristabilimento di una pace giusta".
Il Presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, gli ha confermato l'impegno di investire la Comunità Europea e l'ONU della necessità di soluzioni di interventi di massima urgenza nella Bosnia.
Prima di ripartire per Sarajevo, Muhamed Kresevgliakovic è stato
ricevuto dal Papa in una lunga e commossa udienza privata.
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Intervista al Sindaco di Sarajevo
D. Gli uomini di Karadziz hanno voluto boicottare la missione Usa? O vogliono dimostrare che essi posssono prendersi i territori che vogliono?.
R. Gli aggressori serbi, siano essi cetnici, elementi dell'ex armata o mercenari si sono posti un obiettivo, la "pulizia etnica" dei territori che vogliono conquistare e tentano di realizzarlo con tutti i mezzi. Fino ad oggi la passività del mondo ha dato loro ragione. Li ha convinti che tenere in piedi trattative e intanto usare le armi sia una strategia che paga. Che la forza delle armi sia più importante della forza della ragione.
D. L'Europa appare incapace di risolvere le divisioni interne, di uscire dall'impotenza e dall'immobilismo...
R. La comunità europea ha una grande responsabilità. La causa prima della guerra è stato il nostro desiderio - forse espresso troppo presto - di far parte dell'Europa. E' questo il peccato che la dirigenza politica serba non ci ha perdonato e per il quale ha voluto la guerra.
D. Lei si è espresso contro il piano elaborato dall'americano Vance e dall'inglese Owen e discusso dalle Nazioni Unite.
R. Noi siamo faverevoli ad ogni iniziativa diplomatica: qualunque trattativa è meglio della guerra. Ma ogni soluzione negoziata deve basarsi su un punto fermo che non può premiare l'aggressore.
La divisione della Bosnia in zone etnicamente omogenee va incontro alla volontà di Belgrado, ovvero che i serbi devono vivere tutti in un medesimo Stato. Questa tesi è alla base della pulizia etnica.
D. Lei ha proposte alternative?
R. Formularle ufficialmente è compito politico della Bosnia. Da parte mia indico due linee di principio: assicurare l'uguaglianza ai tre popoli - musulmano, serbo e croato - che abitano la Bosnia Erzegovina: non richiudiamoli in enclaves etniche. In secondo luogo, garantire amplissimi controlli internazionali sul rispetto di questo diritto all'eguaglianza con la garanzia, vera garanzia, che le violazioni saranno punite.
D. La Bosnia-Erzegovina rappresenta una sorta di isola in Europa, dove convivono diverse etnie e diverse religioni, musulmana, cattolica ortodossa. Questa tolleranza è finita? Vi è pericolo di una fiammata di fondamentalismo islamico?
R. Ancora una volta dipende dall'Europa. Se essa continuerà a restare alla finestra, a essere passiva di fronte alla guerra e alle stragi del nostro paese, allora sarà lo stesso istinto di sopravvivenza a spingere il popolo bosniaco verso scelte estremiste, fasciste, fondamentaliste... Ma io sono ottimista, ritengo che la 'specificità' della Bosnia potrà sopravvivere.
(da "Il Messaggero" del 5 marzo 1993)