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Il partito nuovo, Signorino Mario - 19 marzo 1993
Il diritto verde

SOMMARIO: Due delle possibili azioni del Pr sul tema ambientale. La prima riguarda la questione del Danubio, con l'ipotesi di creare un'autorità sovranazionale come unico strumento che può evitare gli esiti catastrofici che comporterebbero i conflitti delle politiche nazionali. La seconda riguarda la sicurezza nucleare nell'Europa dell'Est. Intervenire su questo problema risponde anche alla necessità più generale di trattare correttamente la questione del nucleare civile e delle sue connessioni con gli usi militari a livello sovranazionale e globale e non più soltanto nazionale.

L'interdipendenza di molti dei problemi che il mondo vive comporta l'urgenza di avviare una grande azione federalista. Libertà e autonomia, efficacia del diritto e sussidarietà, sono i principi che devono essere alla base del nuovo ordine internazionale e della nuova società democratica.

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"Una politica per l'ambiente deve avere oggi come primo obiettivo quello di ristabilire l'efficacia del diritto, individuando le condizioni della sua effettiva applicazione". E' quanto scrive Mario Signorino, presidente della sezione italiana degli "Amici della Terra".

(IL PARTITO NUOVO, 19 marzo 1993)

Un evento ufficiale, il Summit della Terra di Rio del 1992, ha chiuso il ventennio fondatore della questione ambientale ed ha avviato una fase nuova, quella delle realizzazioni incisive o della crescente incontrollabilità delle crisi.

Allo stesso modo si chiude l'epoca dell'ambientalismo pioneristico, quello delle oasi e delle grandi azioni di protesta e si pone l'esigenza di costruire un ambientalismo maturo, che sappia attrezzarsi convenientemente, come cultura e metodo politico, per essere co-protagonista delle trasformazioni concrete.

Viviamo questo momento di passaggio gravati dallo squilibrio tra l'urgenza dei problemi e le forze d'inerzia, l'inadeguatezza degli strumenti istituzionali, la primitività delle culture politiche, l'oggettiva complessità delle questioni.

Non c'è, nè è pensabile, uno strappo netto tra vecchio e nuovo. I processi positivi si manifestano in mezzo ai detriti del vecchio mondo e sono tutti accompagnati da controtendenze, ritardi e carenze che li minacciano costantemente.

E' vero: in questi anni la questione ambientale è diventata materia di lotta politica in tutti i paesi sviluppati. Tuttavia, se ha portato alla nascita di nuovi partiti (i verdi), condiziona troppo poco i programmi delle principali forze politiche e le attività dei governi.

Di ambiente si discute ormai in tutte le sedi internazionali rilevanti e persino nei vertici esclusivi del G-7, ma a questo si accompagna un'incapacità pressochè totale di attuare gli impegni formalmente assunti.

La maggior parte dei paesi si è dotata di amministrazioni specifiche per l'ambiente, ma queste rischiano di diventare strutture separate senza poteri di influenza sulle scelte generali dei governi; mancano spesso di strategie certe oppure hanno una strumentazione operativa insufficiente.

Le problematiche ambientali vengono sempre più associate alle questioni dello sviluppo, con la conseguente elaborazione del concetto di "sviluppo sostenibile". Ma si tratta di un'acquisizione teorica ancora fumosa, priva di esiti concreti e comunque messa già in crisi dalla recessione che investe le economie sviluppate. C'è il rischio che abbia lo stesso destino di sterilità pratica del concetto di "interdipendenza". Allo stesso modo, sono insignificanti le ricadute concrete dei riconoscimenti formali dei diritti umani e delle identità culturali.

Associazioni e movimenti hanno visto aumentare in misura significativa le proprie possibilità d'influenza. Stentano, tuttavia, per inadeguatezza di risorse, per scarsa maturazione e soprattutto per la mancanza di strumenti politico-istituzionali, a dare risposte adeguate.

In questo contesto, molti hanno giudicato fallimentari gli esiti della Conferenza di Rio. Il problema vero, però, non è questo: il lungo - quasi tre anni - lavorio diplomatico dell'UNCED (United Nations Conference on Environment and Development) ha aperto un processo che è tutto da giocare. Rio è stato solo il momento della sanzione ufficiale di tale processo e ha dato quel che ragionevolmente ci si poteva attendere dagli Stati nella situazione presente. I successi o le sconfitte si decidono adesso, giorno dopo giorno ed è chiaro che senza grandi novità politiche nessun obiettivo serio potrà essere raggiunto.

Una politica per l'ambiente deve avere oggi come primo obiettivo quello di ristabilire l'efficacia del diritto, individuando le condizioni della sua effettiva applicazione. La dottrina ha individuato da tempo gli embrioni di un "diritto internazionale dell'ambiente". E in verità, tra norme consuetudinarie, dichiarazioni di principio, trattati a carattere mondiale e trattati regionali, protocolli, si è ormai creata un'impalcatura di dimensioni colossali, che evidenzia ancor più la pochezza dei risultati pratici. Chi tiene le fila di questo complicatissimo puzzle? Non il potere politico, finora costantemente in affanno e in ritardo, sperso in un labirinto burocratico di procedure, comitati, programmi, fondi. Non c'è via d'uscita se non si riuscirà a dare alle norme del diritto internazionale forza coercitiva e strumenti sanzionatori.

Nella commissione del Congresso dedicata al tema ambientale, sono emerse due possibili future azioni del Pr.

La prima riguarda la questione del Danubio, con l'ipotesi di creare un'autorità sovranazionale come unico strumento che può evitare gli esiti catastrofici che comporterebbero i conflitti delle politiche nazionali.

La seconda riguarda la sicurezza nucleare nell'Europa dell'Est. Questa questione ha già interessato i vertici internazionali, senza però dar luogo a programmi d'intervento effettivi. Sicchè oggi vi sono nel territorio dell'ex Urss e nei paesi che fino a poco tempo fa subivano l'influenza dell'"impero", un parco di centrali nucleari ad altissimo rischio. Bisogna, quindi, provvedere, almeno in una prima fase, rispetto alle centrali la cui pericolosità è paragonabile a quella di Chernobyl. Intervenire su questo problema - sia nell'est che nell'ovest europeo - risponde anche alla necessità più generale di trattare correttamente la questione del nucleare civile e delle sue connessioni con gli usi militari a livello sovranazionale e globale e non più soltanto nazionale.

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Sviluppo democratico, sviluppo umano, ambiente

Numerosi sono stati gli interventi nella commissione congressuale "Sviluppo democratico, sviluppo umano, ambiente", presieduta da Alfonso Pecoraro, parlamentare italiano del gruppo verde e da Maria Ivanian, segretaria del Partito dei Verdi di Mosca. Tra questi: Laurent Akoun, segretario nazionale per le relazioni con l'estero del Partito ivoriano dei Lavoratori; Walter Mac Lean, deputato al Parlamento canadese e presidente del Consiglio di "Parlamentarians for Global Action"; Basile Guissou, già Ministro del Burkina Faso; Iokubas Minkiavicius, rappresentante dell'Accademia delle Scienze della Lituania; Bashir Mountasser, membro dell'UNFPA (United Nations for Population Activities); Roberto Savio, direttore esecutivo di "Interpress Service"; Antun Skenderovic, membro dell'Unione Democratica dei Croati di Vojvodina; Marco Vianello Chiodo, direttore esecutivo dell'UNICEF.

 
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