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La Stampa, Bonino Emma - 7 aprile 1993
"Qualcuno non vuole quel Tribunale"
"Inerzia e ritardi all'Onu sui crimini di guerra"

Intervista a Emma Bonino

SOMMARIO: Denuncia le resistenze poste in essere nei confronti della istituzione del tribunale internazionale contro i crimini di guerra e lancia un appello perché la risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che ne prevedeva la nascita non rimanga lettera morta.

(LA STAMPA, 7 aprile 1993)

"Le notizie che provengono da New York non sono affatto confortanti", ammonisce Emma Bonino, presidente del partito radicale. Grande sostenitrice del Tribunale internazionale contro i crimini che dovrebbe nascere sulla base della risoluzione 808 approvata a febbraio dal Consiglio di sicurezza Onu, ora lancia un appello per evitare che la risoluzione diventi lettera morta.

D. Che cosa la preoccupa, onorevole Bonino?

R. "La risoluzione dava 60 giorni di tempo a Boutros Ghali per mettere insieme un testo che prendesse il meglio delle tre proposte - francese, svedese, italiana - inviate all'Onu".

D. E a che punto siamo?

R. "Mancano due settimane al termine del 22 aprile e ci sono ancora parecchi problemi che non sono stati risolti. Peggio, non sono nemmeno stati discussi".

D. Per esempio?

R. "Non è stata decisa la sede del tribunale ad hoc, embrione del futuro tribunale permanente sul genocidio. E non è stato deciso chi paga. I rischi di arrivare al 22 aprile in queste condizioni sono evidenti".

D. Sembra che ci sia un altro nodo irrisolto: la raccolta delle testimonianze.

R. "Devono ancora decidere che tipo di cooperazione sarà istituita, soprattutto tra i Dodici, per la raccolta delle prove. Che dovranno venire prevalentemente dai profughi che sono sparsi in Europa".

D. Dei tre progetti presentati a Boutros Ghali lei predilige quello italiano, preparato da una commissione presieduta dal ministro della Giustizia Giovanni Conso. Perché?

R. "Perché è un testo eminentemente giuridico, non politico. Non prevede la condanna in contumacia che invece era prevista a Norimberga ed esclude la sentenza di morte".

D. Quale pena per il reato di stupro?

R. "C'è un esplicito riferimento al reato di stupro, che viene finalmente considerato alla stregua di altri strumenti di guerra. Del resto l'obiettivo in Bosnia è la pulizia etnica: in quella guerra i civili sono il target militare".

D. Quali problemi vede nella proposta francese?

R. "Prevede, tra l'altro, la condanna in contumacia".

D. E in quella svedese?

R. "E' piena di aspetti non chiari, ancora da risolvere. Si andrebbe all'anno 3026".

D. Lei ha anche proposto che l'Italia ospiti il tribunale ad hoc. Perché?

R. "Perché la sede è ancora un nodo irrisolto e non deve in nessun modo diventare un alibi per Butros Ghali. Abbiamo chiesto al Guardasigilli Conso di offrire quantomeno la disponibilità ad ospitare il tribunale".

D. Dove?

R. "La sede potrebbe essere Trieste, per la vicinanza dei testimoni. Oppure Roma, Firenze, Assisi. Magari l'Italia non va neanche bene perché è un Paese confinante, ma intanto offriamo la nostra disponibilità".

D. Pensa che Boutros Ghali trascini il passo?

R. "Boutros Ghali ha cercato di tenere le Nazioni Unite fuori dalla guerra nell'ex Jugoslavia il più a lungo possibile. Comunque, le resistenze maggiori in questo momento vengono soprattutto dalla Russia nel Consiglio di sicurezza".

D. E il governo Amato? Siete sulla stessa lunghezza d'onda anche su questa vicenda del tribunale?

R. "Conso è appassionato all'idea e se ne occupa molto. Ma come sempre la politica la politica estera rimane il fanalino di coda delle preoccupazioni del governo".

 
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