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Pannella Marco - 6 maggio 1993
Voterò sì a Ciampi, anche se avevo fatto il tifo per Amato
di Marco Pannella

SOMMARIO: Se si dovesse giudicare il governo presieduto da Carlo Azeglio Ciampi sulla base delle sue intenzioni programmatiche e non del contesto nel quale si pone - scrive Marco Pannella - il voto per un parlamentare antipartitocratico non potrebbe che essere negativo. Ma annuncia che probabilmente votà a favore di questo governo perché »le alternative esistenti sono infinitamente peggiori, sfasciste, plebee, e partitocratiche . Propone infine che il Parlamento approvi immediatamente la riforma del sistema elettorale della Camera »con "fotocopia" della legge ora valida per il Senato in modo da togliere alibi al governo Ciampi e costringerlo ad occuparsi delle vere urgenze politiche ed economiche del paese.

(IL GIORNO, 6 maggio 1993)

Arriviamo al voto parlamentare sul Governo in condizioni inedite, singolari. Se un parlamentare antipartitocratico dovesse esprimere o no la propria fiducia a un Governo come questo, a prescindere dal contesto nel quale s'iscrive, e sulla base della sua opera nei giorni di vita, voterebbe - a mio avviso - sicuramente un "no!" sonoro e sereno.

Questo Governo sembra non avere nemmeno coscienza di quel che vuole o non vuole, occorre volere o non volere. Vuole l'apertura al Pds e ai Verdi, non sa bene perché. Sicché apre una falla, che ripara rifiutando qualsiasi altro apporto o consiglio o accordo politico. Vuole occuparsi di riforme legislative istituzionali, per prima cosa, mentre nulla qualificava la scelta del governatore della Banca d'Italia e di un prestigioso gruppo di economisti per far questo.

Si ripara la falla con materiale di prestigio, ottimo per fare mobili di lusso per il salotto buono, poco per riparare saldamente la chiglia, e non si fa nemmeno caso che alcuni dei nuovi pezzi sono notoriamente tarlatissimi. Si lascia spazio a "conversioni" clamorose, e in pochi minuti Lega, Pds, Verdi, che vogliono elezioni al più presto, e un Governo di ordinaria amministrazione nel frattempo, passano dall'insulto dell'uno e dal ripudio degli altri, al quasi-sostegno.

Compare all'orizzonte una sorta di presidente del Consiglio-ombra, una specie di statua del Commendatore, e non si fa fatica a scorgere la barba e il sussiego di Eugenio Scalfari, e la cultura civile, politica e di potere che gli è propria.

Sull'altra grande questione nazionale, quella della giustizia, le forze di governo, e quelle che hanno praticato il gioco dell'"avant'indré, che bel divertimento", il partito dei giudici, quello degli antigiudici tremebondi e rabbiosi, gli editorialisti "appositi" dai tempi della rigidità cadaverica (detta "fermezza"), dell'emergenza, di sessanta leggi e leggine in tema di procedura penale e di giustizia, su questa questione nazionale - dunque - nessuno dice e pensa alcunché.

In realtà, sotto la coltre dell'"apoliticità" di tanti suoi membri, e del suo indirizzo generale, e delle sue omissioni programmatiche probabili, rischiamo di avere un Governo all'ombra del quale le politiche si svilupperanno di fatto, irresponsabili e incontrollate. Mentre sulla Banca d'Italia stessa, come con grande onestà intellettuale e coraggio civile ha scritto sul "Corriere della Sera" Mario Monti, potrebbero gravare la formazione e la cultura dell'egregia, onestissima e capacissima persona chiamata a sostituire Carlo Azeglio Ciampi, che potrebbe apparire più omogenea al quarantennio passato che ai rischi e alle speranze di un periodo di radicale riforma democratica e liberale dello Stato e del mercato.

Per questo mi rammarico di non aver saputo e potuto difendere la mia convinzione che un secondo Governo Amato, con vicepresidenza Ciampi, e un rinnovamento e rilancio politico attraverso un progetto di "nuova frontiera" italiana ed europea ad altissime ambizioni, sia venuto a mancare anche, forse, a causa di un momento di stanchezza e di rivolta del presidente liberal-socialista, proprio quando sarebbe invece occorso mettere l'opinione pubblica e il Parlamento dinanzi a una scelta chiara, antica e nuova, senza rischi tecnocratici, di nuove caste e delle loro vecchie coperture o illusioni, Per tutto questo voterò, se appena ci sarà reso possibile, molto probabilmente per il Governo Ciampi. Per tutto questo, nel senso che le alternative esistenti sono infinitamente peggiori, sfasciste, plebee, e partitocratiche.

Occorre che il Parlamento voti, entro fine maggio, prima delle elezioni di giugno, con procedure di assoluta urgenza, la riforma della legge elettorale della Camera, con "fotocopia" della legge ora valida per il Senato. Il Governo, in tal caso, non avrebbe alibi. Dovrebbe governare, se ne è capace, e non illudersi di poter sguazzare nel pantano delle riforme istituzionali dove vogliono attirarlo Pds, Lega e troppi altri. La proposta di Mino Martinazzoli a Occhetto, ma in realtà al Parlamento e alle forze politiche, è saggia, forte e percorribile. Il problema delle autorizzazioni a procedere è di fatto già risolto. Allora?

 
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