di Peppino CalderisiSOMMARIO: Denuncia i sostenitori del sistema elettorale maggioritario a "doppio turno" che hanno alimentato una campagna di falsificazione tendente ad elevare quella quota di eletti con il sistema proporzionale che la proposta del relatore Mattarella fissa al 25%. Dopo aver criticato i leader dello schieramento referendario come Barbera e Segni che hanno abbracciato un generico doppioturnismo, segnala un aspetto negativo della proposta Mattarella: l'obbligo di collegamento fra i candidati con le liste che DC e Pds difendono »per ragioni di equilibrio interno e timore di candidature tanto autonome quanto prestigiose .
(L'INDIPENDENTE, 17 giugno 1993
Sì, è la quota proporzionale la vera palla al piede della riforma. Potessimo farne a meno, sarebbe eccellente. Ma a metterla in discussione, a parte Pannella, sono stati davvero in pochi. Il punto non è tanto la "lista bloccata", i cui effetti sarebbero in verità assai meno sconvolgenti di quelli descritti, giacché riguardano pochi deputati eletti da ciascun partito (con ogni probabilità eletti anche con le preferenze, che in compenso riaccendono le vecchie e feroci lotte a coltello intestine). L'autentica alterazione del dibattito di questi giorni sta nel tacere che i sostenitori del doppio turno non hanno alcuna intenzione di ridurre quella corposa quota proporzionale del 25%, e alcuni vorrebbero addirittura alzarla!
I doppioturnisti hanno infatti alimentato una vera e propria campagna di falsificazione. Prima hanno sperato, facendo affidamento sulla melina dei "loro" deputati, che le commissione parlamentare si arenasse al fine di invocare l'intervento del Governo. Fallita la manovra, alzano un gigantesco polverone contro la proposta Mattarella, che per quanto non sia l'ideale, al referendum è certamente vicina. Il tutto non confessando che sono loro i più tenaci fautori della quota proporzionale e anche del doppio voto, e spesso istigando i commentatori non a sollecitare a gran voce - in vista del voto in Aula - un responsabile e trasparente voto palese, ma quasi a sperare che il voto a viso coperto faccia saltare tutto per aria. Un gioco allo sfascio, insomma. Attorno al quale, anche in termini scientifici, è ben mettere i puntini sulle i. Intanto esistono almeno tre o quattro versioni di doppio turno, e lor signori non han chiarito quale vogliono. Nessuna di queste, inoltre, garantisce all'elettorato quel totem da es
si sbandierato: ovvero la possibilità di scegliere tra una maggioranza e un'opposizione. Il più atto a garantire simile opzione è il doppio turno con ballottaggio bloccato ai primi due candidati: ma ciò accadrebbe solo nel singolo collegio, sul piano nazionale neppure questo tipo di doppio turno coglie il risultato, i due candidati nei ballottaggi spesso non apparterrebbero alle stesse formazioni politiche. E comunque tale sistema è ormai sponsorizzato da un numero di deputati che si contano sulle dita di una mano. Barbera stesso lo ha abbandonato per inseguire consensi sul modello francese, e qualcuno ha addirittura ipotizzato che basti il 5 o il 7% al primo turno per confermarsi candidato al secondo (in Francia la soglia è il 12,5% degli elettori, ovvero il 18% dei voti validi). Così fosse, è bene dirlo chiaro, non saremmo neppure al "mercato delle vacche" fra i due turni, ma al mercanteggiamento di pecore e sacchi di patate.
Tornando alla quota proporzionale, è ben vero che il recupero del 25% previsto per il Senato dal referendum, è effettuato tra gli stessi candidati nei collegi che hanno ottenuto i migliori piazzamenti (con riparto su base regionale, di fatto una soglia del 10% che impedisce la proliferazione di candidature). Tale sistema è certamente migliore della proposta Mattarella:
Ma il grave è che ad averlo abbandonato, è stato proprio Segni, il leader del movimento referendario. Dapprima Mariotto ha rifiutato di entrare al Governo, dai cui banchi - per usare le parole di Scalfaro - poteva far scrivere al Parlamento la riforma "sotto dettatura della volontà popolare". Poi ha abbandonato la strada maestra della "legge fotocopia" (ossia una riforma per la Camera identica a quella voluta dal referendum) chiudendo in un cassetto persino una proposta di legge a sua firma. Infine, strattonato da un lato dal Pds e dall'altro da Federico Orlando, ha abbracciato il generico doppioturnismo e a tuttoggi non è dato sapere né di quale tipo né con quanto recupero proporzionale. In tali condizioni il testo Mattarella è quello più vicino al referendum: certo vi è una quota proporzionale (157 deputati). Ma attenzione che un partito col 20% dei voti (l'attuale dimensione della DC) con quella quota avrebbe 30 deputati e una forza del 6% ne avrebbe 9: un po' poco anche per i mohicani della partitoc
razia.
Concentriamo allora le critiche sui punti più gravi, quali ad esempio la cancellazione del diritto di candidatura degli indipendenti: si propone infatti l'obbligo di collegarsi per forza a una lista, come DC e Pds a tutti i costi vogliono per ragioni di equilibrio interno e timore di candidature tanto autonome quanto prestigiose. Il resto è davvero polverone, buono per farci cadere dalla padella proporzionale nella brace del papocchio al doppio turno.