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D'Elia Sergio - 7 luglio 1993
NESSUNO TOCCHI CAINO (2) La schiavitù della pena di morte
di Sergio D'Elia

SOMMARIO: Introducendo il fascicolo "Nessuno tocchi caino", Sergio D'Elia indica gli obiettivi della campagna per l'abolizione della pena di morte entro il 2000. Non bisogna infatti limitarsi a ribadire il contrasto di principio fra pena capitale e diritto alla vita ma è necessario che questo principio sia calato concretamente nelle leggi degli Stati e nel diritto internazionale.

(CAMPAGNA PARLAMENTARE MONDIALE PER L'ABOLIZIONE DELLA PENA DI MORTE ENTRO IL 2000 - Partito Radicale/Lega Internazionale per l'abolizione della pena di morte entro il 2000)

E' già successo. A un certo punto della storia dell'umanità, nei confronti della schiavitù si è affermato un nuovo diritto che ha superato tradizioni e costituzioni, sistemi sociali e economie, convinzioni e pregiudizi profondamente radicati. La schiavitù scomparve dalle nostre società secondo un percorso che potrebbe essere quello della pena di morte oggi.

Dalla nascita in Inghilterra, nel 1787, di un movimento per l'abolizione della schiavitù, passano sette anni e la Convenzione decreta l'abolizione della schiavitù nelle colonie francesi. Mentre è generalmente condannata in Europa, tra il 1800 e il 1875, la tratta dei neri continua a essere attiva nelle regioni islamizzate dell'Africa. Essa scompare in America dagli Stati del nord sin dagli inizi del secolo, ma nel sud, ancora nel 1860, 350.000 famiglie bianche possiedono tre milioni di schiavi. Dopo cinque anni, il 13· emendamento alla costituzione degli Stati Uniti abolisce la schiavitù.

Ancora oggi, la stragrande maggioranza dei paesi che siedono alle Nazioni Unite mantiene la pena di morte, anche se appena un poco più della metà la esegue; fra questi gli Stati Uniti, uno dei più antichi paesi di democrazia politica. Opinioni pubbliche, spesso maggioritarie, sono orientate al mantenimento o alla reintroduzione della pena capitale.

I conflitti e gli odii lasciati in eredità dall'impero sovietico nei propri confini come nella ex-Jugoslavia; l'intolleranza integralista e le rivolte dei diseredati, degli affamati di tutto il mondo; i proibizionismi totalitari delle nostre società e le violenze criminali che ne sono l'espressione e a un tempo l'alimento, tutto ciò fa apparire la pena di morte all'orizzonte prossimo della nostra storia, più che come retaggio del passato, come uno strumento possibile di governo delle nuove emergenze, e non solo di regolamento di conti. Vi sono, poi, tradizioni millenarie, culture vive, radicate convinzioni religiose che legittimano la pena di morte negli ordinamenti dello Stato e nella comunità. Non raramente, è un profondo senso di giustizia che anima chi risponde con la pena di morte all'impunità e all'illegalità che lo colpiscono. In questa situazione, è necessaria una strategia abolizionista non proibizionistica, che non pensi di dividere il mondo tra civili e incivili, e che sia attenta a ogni evoluzio

ne sulla via del diritto e della legge.

Con la Campagna parlamentare mondiale per l'abolizione della pena di morte entro il Duemila, non vogliamo occuparci del contrasto di principio tra pena capitale e diritto alla vita, riaffermato in molte risoluzioni dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite. Intendiamo, invece, vedere scritto nei testi fondamentali della comunità internazionale e degli Stati, un nuovo diritto della persona: un diritto civile storicizzato, sintesi evolutiva del nostro tempo.

All'alba del nuovo millennio, il diritto a non essere uccisi a seguito di una sentenza o misura giudiziaria, deve potere divenire coscienza storica, necessità non più dell'individuo, ma di questo tempo e di questa società. Noi vogliamo concorrerre alla formazione di questa coscienza, dalla quale può nascere un diritto universale.

Come è accaduto per l'abolizione della schiavitù o per l'interdizione della tortura, anche per la pena di morte si tratta di concepire una riforma pura e semplice del sistema penale, che riconosca quella soglia di inviolabilità propria a ciascun individuo, ma che è tale solo in quanto sancita nelle leggi. Si tratta di stabilire, come ha detto Boutros Ghali alla Conferenza di Vienna, l'irriducibile umano che fa di tutti noi un'unica comunità umana.

La Risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu, istituendo un Tribunale internazionale contro i crimini di guerra nella ex-Jugoslavia, ha posto una prima pietra di questo diritto positivo: per statuto questo tribunale, pur utilizzando i codici dei paesi di appartenenza dei processati, esclude in ogni caso il ricorso alla pena capitale.

Per ragionare di queste cose e costituire una Lega Internazionale per l'abolizione della pena di morte entro il 2000 l'appuntamento è al Congresso mondiale, nel dicembre prossimo, a Bruxelles, presso il Parlamento Europeo.

 
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