di Antonio PapiscaDirettore del Centro per i diritti umani dell'Università di Padova (Italia)
SOMMARIO: La Vienna dei popoli ha smentito la tesi - che fa comodo ai governi dispotici del Sud e ai potentati economici e finanziari del Nord - secondo cui i diritti umani restano ancora, in grande misura, un'invenzione degli occidentali
(CAMPAGNA PARLAMENTARE MONDIALE PER L'ABOLIZIONE DELLA PENA DI MORTE ENTRO IL 2000 - Partito Radicale/Lega Internazionale per l'abolizione della pena di morte entro il 2000)
Come è accaduto a Rio nel 1992 sui problemi dell'ambiente, anche a Vienna in materia di diritti umani si è verificata la divaricazione tra società civile internazionale e club degli Stati. Le organizzazioni nongovernative - oltre un migliaio, di ogni parte del mondo - si sono riunite in "Foro mondiale", dal 10 al 12 giugno, nella stessa sede della Conferenza intergovernativa. La loro presenza si è accresciuta, in termini di numero e di capacità di pressione, dal 14 al 25 giugno, durante i lavori appunto della Conferenza "ufficiale". Particolarmente attiva e progettuale la rappresentanza delle donne.
In sede di società civile internazionale sono bastati tre giorni, articolati in sedute plenarie e in lavori di gruppo, per elaborare un documento ricco di contenuti e di proposte. Nel mondo dell'associazionismo che opera a fini di promozione umana dal villaggio all'Onu, è dato registrare non la contrapposizione tra Nord e Sud, ma la distinzione basata sul diverso grado di intensità nel sostenere la causa dei diritti umani: molto più alto e appassionato da parte dei numerosissimi rappresentanti dei paesi del Sud. La Vienna dei popoli ha smentito la tesi - che fa comodo ai governi dispotici del Sud e ai potentati economici e finanziari del Nord - secondo cui i diritti umani restano ancora, in grande misura, un'invenzione degli occidentali. Ha quindi reso ancora più evidente quanto grande sia la distanza che separa la cultura della "solidarietà transnazionale" dalla cultura "dell'interesse nazionale" dei governi e delle diplomazie. Il documento finale della Conferenza intergovernativa riflette specularmente que
sta distanza: tanto il documento del Foro delle Ong è specifico e progettuale quanto il documento finale della Conferenza intergovernativa è generico e privo di indicazioni di tipo immediatamente operativo. Nel primo figurano, tra le altre, le proposte relative alla creazione di un Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani e di un Tribunale penale internazionale, nonché alla elaborazione di Protocolli aggiuntivi al Patto internazionale sui diritti civili e politici e alla Convenzione internazionale contro la discriminazione nei riguardi della donna, coi quali sia consentito agli individui di avanzare, presso gli esistenti comitati internazionali, 'comunicazioni' circa presunte violazioni dei diritti umani da parte degli stati. Un'altra importante proposta riguarda la democratizzazione di organi e processi decisionali del sistema delle Nazioni Unite. Su un punto coincidono, pur con diversa enfasi, i due documenti: nell'affermare il duplice principio di universalità, indivisibilità, interdipende
nza e interrelazione di tutti i diritti umani e di interdipendenza fra diritti umani, democrazia e sviluppo.
Nel documento intergovernativo meritano particolare attenzione i paragrafi dedicati all'autodeterminazione dei popoli, ai diritti delle minoranze, alla tipologia dei gruppi più vulnerabili, all'educazione. Il diritto di autodeterminazione è incondizionatamente riconosciuto ai popoli sotto dominio coloniale o occupazione straniera. In tutti gli altri casi, viene invece per così dire temperato col diritto degli stati all'integrità territoriale. Per le popolazioni autoctone si parla di "gente", con ciò escludendosi il riconoscimento di diritti fondamentali per i soggetti collettivi "popoli indigeni", in particolare il diritto all'autodeterminazione. Per quanto riguarda le minoranze, non si innova affatto: i diritti riconosciuti restano quelli delle persone appartenenti alla minoranza, non ci sono diritti per la minoranza in quanto soggetto collettivo. Neppure il paragrafo sull'educazione innova rispetto a quanto già enunciato in altri documenti, però è importante che venga ribadito che "gli stati hanno l'obblig
o di assicurare che l'educazione sia finalizzata a rafforzare il rispetto dei diritti umani" e si faccia riferimento al Programma d'azione mondiale dell'Unesco per l'educazione ai diritti umani e alla democrazia, lanciato a Montreal nel marzo 1993.
Dell'"evento" di Vienna fanno parte, significativamente, le decine di seminari e workshops tematici gestiti all'Austria Center da associazioni, centri di studio, università. Il Centro per i Diritti umani dell'Università di Padova ne ha tenuto uno sul tema "Diritti umani, statualità sostenibile, territori transnazionali" e ha fatto circolare documenti di studio in materia. Il problema posto è quello dell'adattamento della "forma stato" alle implicazioni delle norme giuridiche internazionali sui diritti umani nell'era dell'interdipendenza planetaria. E' stato abbozzato un primo identikit dello "stato sostenibile" composto da elementi quali: subordinazione dell'ordinamento giuridico nazionale al sistema internazionale dei diritti umani; riconoscimento dell'autorità sopranazionale dell'Onu e sua democratizzazione; disarmo; cittadinanza multietnica. E' stata anche discussa l'idea di "territorio transnazionale", ovvero di una nuova entità politica territoriale con riferimento a quelle zone in cui convivono più gru
ppi etnici e micro-nazionalità: queste zone devono essere considerate "bene comune dell'umanità".