Sofia, iniziati i lavori del consiglio generale e dell'assemblea dei parlamentari trasnazionali.Marco Berti
SOMMARIO: La convocazione a Sofia dell'Assemblea dei deputati radicali e del Consiglio generale (15-18 luglio 1993) rappresenta il punto di partenza della sfida trasnazionale del Pr. La necessità di costruire un nuovo ordine internazionale, di accrescere il ruolo dell'ONU e di democratizzare le sue strutture e le sue procedure decisionali. Le prime campagne politiche del Pr: costituzione del tribunale internazionale per i crimini commessi nell'ex-Jugoslavia, abolizione della pena di morte entro il 2000, creazione di una Assemblea parlamentare della Nazioni Unite.
(Il MESSAGGERO, Ed. Abruzzo, 16 luglio 1993)
Sofia - Il futuro del Partito radicale comincia da Sofia. E' qui, nella capitale bulgara, che saranno tracciate le linee operative lungo le quali il Partito transnazionale si muoverà. Partendo da un presupposto: la politica internazionale è in crisi. Crisi aggravata da quello che i radicali definiscono »lo stato confusionario della politica estera degli Stati Uniti, per le scelte dell'amministrazione Clinton, e della Russia, per i suoi problemi interni. Da ieri e fino a domenica Sofia ospita il consiglio generale e l'assemblea dei 400 parlamentari radicali provenienti da oltre cinquanta paesi. Ad illustrare le proposte del Partito transnazionale sarà il nuovo segretario, Emma Bonino, al suo primo grande appuntamento dopo il congresso di febbraio.
Onorevole Bonino, è giunta finalmente l'ora di far capire ai 30 mila italiani che a suo tempo hanno contribuito a far vivere il Partito radicale se hanno spese bene i loro soldi.
BONINO: »La domanda, così come è posta, non mi piace. Io credo che in questi mesi abbiamo fatto molto e che i nuovi 37.000 iscritti lo sappiano benissimo. I risultati ci sono e si vedranno presto... Aver organizzato l'Assemblea di Sofia è già un grande successo: a Sofia sono presenti, per discutere temi di enorme interesse circa 400 deputati provenienti da oltre 30 paesi, più 60 eletti dal Congresso di febbraio al Consiglio generale del Partito. Un evento, direi eccezionale .
Perché la scelta di Sofia per i lavori del Consiglio generale?
BONINO: »Sofia è uno dei centri geografici e politici dei Balcani. Qui, a pochi chilometri da Paesi ancora totalitari come la Serbia o appena usciti dal totalitarismo, si discuterà della Jugoslavia e della crisi dell'Onu ma anche del progetto per l'abolizione della pena di morte nel mondo entro il 2000... Pensiamo sia molto importante che l'opinione pubblica dei paesi balcanici e dell'Est ex comunista possa seguire "in diretta" i lavori di questa Assemblea. Nei Paesi dell'Est, l'Occidente viene identificato con le privatizzazioni e il mercato, con il lusso delle economie dell'automobile, magari con Tangentopoli, un po' meno (e talvolta anche a ragione) con la democrazia della giustizia, della libertà, della responsabilità, dell'umanesimo .
Lei dice che il nuovo ordine mondiale rischia di riprodurre le stesse sofferenze e ingiustizie del passato. Non pensa che la scommessa sia troppo alta per il »piccolo Partito radicale?
BONINO: »Sarebbe troppo alta per qualsiasi partito. Ma noi l'abbiamo accettata. Giorni fa, Occhetto si è precipitato al congresso dei socialisti francesi, per scavalcare il Psi di Del Turco e guadagnarsi un posto al sole nell'Internazionale socialista; lo fa nel momento in cui l'Internazionale non conta più nulla. Noi siamo a Sofia con progetti che favoriscono proprio l'ordine internazionale. Pensi al "progetto Danubio": proporremo un Trattato o una Convenzione internazionale per la gestione economica, ma anche ambientale e culturale, del complesso idrico-fluviale che ha come assi il Danubio, appunto, e il Reno, interessando molti paesi europei, compresa l'Italia. Un progetto gigantesco, a forti contenuti democratici oltreché economici .
Il vostro simbolo oggi è il volto di Gandhi, profeta della non violenza. Non le sembra un'arma spuntata di fronte a quello che sta accadendo, ad esempio, nella ex-Jugoslavia?
BONINO: »Anche lei non distingue tra la non violenza gandhiana e il vecchio pacifismo. E' il pacifismo che è stato sconfitto, durante la guerra del golfo, e poi anche in Jugoslavia, e sopravvive solo per alcune, certo lodevoli, iniziative "umanitarie". Le nostre proposte hanno forte valenza politica: per restare ai Balcani, lavoriamo intensamente ad es. all'isolamento internazionale della Serbia di Milosevic e ad una difesa garantita del Kossovo e della Macedonia da possibili attacchi e invasioni. Se i 400 parlamentari presenti si muoveranno bene... .
Quali saranno le prime iniziative radicali del dopo Sofia?
BONINO: »L'Assemblea deciderà le priorità: oltre alle questioni del Danubio e dell'ex Jugoslavia, puntiamo a fare accrescere il ruolo dell'Onu nella difesa della pace nel mondo. L'Onu dovrà essere dotata di una sua forza, militare e civile, che la sottragga ai condizionamenti degli Stati (come accade anche in Somalia). E sempre per l'Onu, vogliamo anche l'istituzione di una Assemblea, formata di parlamentari dei Paesi membri, che faccia crescere il tasso di democraticità dell'organizzazione e della sua politica. Spingeremo quindi sulla costituzione del Tribunale internazionale permanente per i crimini contro l'umanità e del Tribunale per i crimini commessi nella ex Jugoslavia. Poi ci sono le questioni della abolizione della pena di morte entro il 2000, dell'Aids e persino la proposta di fare dell'esperanto una vera lingua internazionale, "neutra" e non egemone .
E' molto suggestiva la campagna »Nessuno tocchi Caino , per l'abolizione della pena di morte entro il 2000. Non le sembra però pura utopia?
BONINO: »Se è utopia, ha le gambe piantate a terra. Noi "abolizionisti" abbiamo già ottenuto un grosso successo. Nell'approvare lo statuto del Tribunale internazionale per i crimini nella ex Jugoslavia, il Consiglio generale dell'Onu ha stabilito, accogliendo la proposta italiana e nostra, che nessun crimine, nessuna sentenza inflitta al peggior criminale possa prevedere la pena di morte. Ora puntiamo ad una Risoluzione Onu che stabilisca i tempi entro i quali la pena di morte debba essere esclusa dalle legislazioni nazionali .