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Pannella Marco - 22 luglio 1993
Nobile e giusta rivolta allo strapotere dei giudici
di Marco Pannella

SOMMARIO: Dopo aver denunciato le aberrazioni del'ordine giudiziario italiano che ha sottratto al Governo e al controllo del Parlamento la politica criminale, Marco Pannella afferma che per decenni la magistratura italiana ha affermata una giurisprudenza diretta a favorire tutte le articolazioni del regime ed a coprire i reati contro la pubblica amministrazione. A questa giurisprudenza basata sulla incertezza e sulla parzialità del diritto si sono adeguati i grandi funzionari dello Stato. La rivolta e la protesta di Cagliari deve essere valutata in questo contesto. L'ordine giusdiziario persegue oggi soltanto illeciti legati alla corruzione ignorando i ben più gravi attentati contro i diritti civili e politici dei cittadini, le associazioni a delinquere volte al sovvertimento della Costituzione, la sistematica alienazione del patrimonio pubblico a favore dei partiti.

(IL GIORNO, 22 luglio 1993)

L'Ordine giudiziario italiano è l'unico al mondo, fra i Paesi democratici o che pretendono d'essere in qualche misura Stati di diritto, a favore del quale la politica criminale è sottratta ai Governi ed al controllo dei Parlamenti. In taluni casi, e per decenni, l'Ordine giudiziario ha giudicato sistematicamente anche "contra legem" e non solamente ad libitum, contro la legge e non solamente con sovrana indifferenza.

Ho contestato per molti anni, un congresso dei magistrati dopo l'altro, senza mai avere una qualsiasi forma di risposta, il fatto che la difesa dell'immagine, dell'identità, dell'onore e della reputazione dei singoli e delle associazioni fosse amministrata contro i due soli riti procedurali conosciuti dalle nostre leggi, il "direttissimo" e l'ordinario. Così la difesa del diritto e delle leggi, in un tema letteralmente vitale per la persona e per la verità, per la società e per la politica, è stata amministrata dalla giustizia in prevalente, e poi assoluta logica di regime.

Contemporaneamente, grazie al mito menzognero e ipocrita della cosiddetta obbligatorietà dell'azione penale, per decenni, l'Ordine giudiziario nel suo insieme non ha mai dovuto rispondere, in nessuna sede, del suo comportamento, delle sue scelte all'interno di milioni di denunce, di notiziae criminis, e gli è stato meglio consentito l'uso dei carri armati della normalizzazione nei confronti delle decine di magistrati che, generazione dopo generazione, cercavano di far uso giusto o quanto meno limpido di questo privilegio pseudogiacobino, o di questa falsa servitù al diritto.

Progressivamente si è così imposto al Paese ed ai cittadini rassegnazione, sottomissione agli abusi, la convinzione che denunciare crimini di potenti e prepotenti alla giustizia significava esporsi a rappresaglie di ogni tipo, e fosse non solamente inutile ma anche controproducente.

Sottomesso anche il Parlamento che ha per un trentennio serbati i codici fascisti, ed ha poi sempre legiferato in modo antigarantista, partitocratico, classista, secondo logiche emergenziali che sono e sono state semplicemente antigiuridiche. La sinistra ufficiale è sempre stata, in ogni occasione, l'antesignana, la vera autrice e profittatrice di questo assieme di situazioni, e di azioni.

Si è sviluppata così, nel corso dei decenni e in modo sempre più accelerato, una giurisprudenza aberrante, a favore del regime, dell'amministrazione pubblica, del parastato, di enti pubblici e connessi. A favore della Rai-Tv, dell'Eni e dell'Agip, degli enti partitici, sindacali, assistenziali, detti di volontariato, cooperativi, si è venuto statuendo che i reati contro la pubblica amministrazione e ogni altro non dovessero essere fatti valere.

I decenni trascorsi sono stati caratterizzati dalla assoluta incertezza e parzialità del diritto e dell'amministrazione della giustizia: ai grandi boiardi di Stato è stato spiegato in ogni modo che la legalità di regime e di quella giurisprudenza era quella alla quale dovevano adeguarsi. E si sono adeguati. Oggi essi devono pagare anche per questo, anche i più onesti e meno furbi.

La rivolta, la protesta, la dignità di Cagliari, il suo gesto disperato di lotta civile e umana, devono esser riposti in questo contesto.

L'Ordine giudiziario, oggi, persegue una politica criminale ben chiara: attentati contro i diritti civili e politici dei cittadini, associazione per delinquere volta a imporre il non rispetto delle leggi, alti tradimenti della Costituzione, attività sovversive caratterizzate, tentativi di colpi di Stato ("democratici" naturalmente), assassini eccellenti nel quadro di un unico disegno criminoso (come quello del generale Mino, comandante dell'Arma dei carabinieri), alienazione del patrimonio pubblico a favore dei partiti, come quello della Rai-Tv (sono centinaia di migliaia di miliardi di propaganda, di menzogna, di violenza attribuiti a Dc, Psi, Pci, Pds), non lo riguardano.

E' come se gli antifascisti di libertà e di giustizia, non quelli che lottavano per un'altra dittatura, avessero combattuto contro i gerarchi corrotti sul piano del denaro, e non contro Mussolini e Giovanni Gentile, Bottai e l'immensa maggioranza dei senatori del Regno. Così, oggi, dilagano il potere e la politica delle fronde del regime, dei badogliani, dell'opposizione interna, contro quel tipo di reati cui erano meglio esposti i membri delle maggioranze ufficiali, e molto spesso nominali, a favore di quella parte e di quella continuità che rappresentano Pds, "Repubblica", Ordine giudiziario del quarantennio; che costituiscono la mappa degli eredi, e non certo degli oppositori, e degli avversari del regime.

Complici di ieri contro questo, anche, da Moroni a Cagliari si sono pronunciati. Contro quest'aberrazione, contro questa ingiustizia, contro questa discriminazione si sono rivoltati, e hanno dato corpo all'estremo e dignitoso rifiuto. Onore a loro. Essi tragicamente tentano di dire, così, quel che a noi - colpevoli d'aver sempre compreso e sempre lottato - torna ad esser impedito di dire.

 
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