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Pannella Marco - 15 agosto 1993
"Così la Grande Roma"
Intervista a Pannella sul progetto di una capitale italo-vaticana

Subito il sì di Rutelli: si realizzerebbe il riscatto da un degrado ormai consolidato.

SOMMARIO: Ampia puntualizzazione dei temi sollevati dalla proposta della "Roma metropolitana", "unica soluzione", secondo Pannella, per "strappare questa città al degrado" e nmetterla in condizione di affrontare i terribili problemi del Bimillenario. Pannella ricorda anche che la "città-regione" a doppia cittadinanza "non è un ampliamento di confini politici" per il Vaticano: è una forma "etica e non soltanto economica" per affrontare il maggior problema urbano italiano e per invitare l'UNESCO e le Nazioni Unite a collaborare per "salvare" questa città. Nulla a che vedere con il rivendicazionismo del cattolico Vittorio Messeri: nessuna "resa ideologica", ma solo un modo moderno e laico per affrontare "problemi assolutamente pratici". Pannella difende infine Rutelli, mai stato comunista ma, semmai, liberaldemocratico, libertario...

(IL GIORNALE, 15 agosto 1993)

"La Grande Roma? E' una cosa serissima. Dobbiamo realizzarla, senza risposta non si può restare". Il giorno dopo aver lanciato l'idea di una Roma "città-regione" cogestita dallo Stato e dalla Chiesa, Marco Pannella chiarisce in un'intervista al "Giornale" i contenuti della sua proposta. "Una metropoli dalla periferia meridionale di Roma fino ai confini della Toscana, con doppia cittadinanza per i suoi abitanti. Una enorme città-regione guidata assieme da Stato e Chiesa, una forma etica e non soltanto economica di affrontare il maggior problema italiano di aree metropolitane". Per Pannella è l'unica soluzione: "Da sola, Roma non ce la fa; da solo non ce la fa neppure lo Stato. Se la Roma laica e quella cattolica operano insieme, forse possiamo strappare questa città al degrado". Rutelli, candidato sindaco della Capitale, ha subito detto si. Per lui quella indicata da Pannella è la strada giusta per il riscatto della Capitale. Tanto più, aggiunge, che "anche da Oltre Tevere è lecito attendersi novità e apertur

e".

D. - Marco, non sarà un'altra trovata di mezz'agosto?

R. - "Ma no, è una cosa serissima. Se non la si realizza, bisognerà contrapporle un altro progetto. Senza risposta non può restare".

Così Marco Pannella al Giornale che gli chiede qualcosa di più sulla proposta, lanciata venerdì da Bruxelles, di trasformare Roma in una capitale bicipite, italiana e vaticana, per affrontare il risanamento storico della città e metterla in condizioni di sopportare il peso del Duemila, quando milioni di uomini di tutti i continenti l'invaderanno per ricordare il secondo millennio della nascita di Cristo.

D. - Come dovrebbe essere, secondo lei, la nuova Roma?

R. - "Una città metropoli o città-regione, dalla periferia meridionale di Roma fino ai confini della Toscana, incorporando Viterbo, coi suoi ricordi, anzi le sue testimonianze religiose vive di seconda città dei papi, di testimonianze religiose come quelle delle chiese romaniche da Tuscania a Tarquinia e delle battaglie laiche di Civitavecchia. Una città - regione cogestita dallo Stato italiano e dalla Chiesa cattolica, con doppia cittadinanza per i suoi abitanti, con la sua natura salvaguardata e le periferie risanate, con un programma ecologico e ambientalista, l'intervento di consorzi internazionali, il ritorno degli architetti dopo gli scempi degli urbanisti (purché Dio ci perdoni la moschea dell'architetto Portoghesi)".

D. - Se questo progetto fosse realistico, ci sarebbe il tempo per realizzarlo, da qui al Duemila?

R. - "Da sola, Roma non ce la fa. Da solo, non ce la fa nemmeno lo Stato italiano. Se la Roma laica e quella cattolica operano insieme forse ce la facciamo. Non ho molte frequentazioni Oltretevere, ma credo che in Vaticano presterebbero attenzione a questo progetto. Oggi sono più preparati al nuovo, che non in passato".

D. - Anche a uscire fuori dalla Città Leonina, dall'esiguo confine entro il quale l'ex Stato della Chiesa fu rinchiuso prima della legge liberale delle Guarentigie, poi dai Trattati di Mussolini?

R. - "Quell'esiguo confine politico pensato dai liberali venne poi accettato dalla stessa Chiesa come una liberazione dai condizionamenti temporali. Ma la città-regione a doppia sovranità e a doppia cittadinanza, che io propongo, non è un ampliamento di confini politici. E' una forma etica e non soltanto economica di affrontare il maggior problema italiano di aree metropolitane. Non è soltanto una conciliazione fra Stato e Chiesa nell'impegno a difesa di valori e di interessi comuni, ma è il presupposto per invitare l'Unesco, cioè le Nazioni unite, e la Comunità economica europea a fare la loro parte per salvare questa città troppo grande per essere solo italiana".

D. - Sembra di sentire il cattolico Vittorio Messori, che ieri ricordava compiaciuto l'ammonimento di D'Azeglio a Quintino Sella: la tradizione di Roma schiaccerà quella del Piemonte.

R. - "Il cattolico Messori vede in tutto questo la resa di un'ideologia, l'ideologia della rivoluzione liberale, che credette di poter essere più forte di Roma fino a incorporarla nel nuovo Stato come una delle tante città della penisola. Ma qui non c'è nessuna resa di nessuna ideologia. Qui c'è solo un modo moderno di affrontare problemi assolutamente pratici, anche se implicano riconoscimento di valori, cioè cultura. Io dico che una cogestione italo-vaticana di una parte del Lazio, comprendente Roma, sarebbe la condizione istituzionale per consentire a capitali e forze multinazionali di finanziare il progetto".

D. - Insomma, non la resa di uno Stato troppo piccolo a una città troppo grande (dove piccolo e grande indicano valori, non misure), ma una riflessione laica su ciò che è bene e ciò che è male per la città, per il Paese, per la Chiesa, per lo Stato?

R. - "Sì, una visione laica, tollerante, civile: doppia cittadinanza, potere decentrato alla regione metropolitana, più autonomie, non ritorno all'Italia preunitaria ma avvio all'Italia "regionale" fondata sulla cittadinanza".

D. - Il candidato delle sinistre al Campidoglio, Rutelli, ha già detto che sarebbe questo un modo per celebrare con concretezza e saggezza i duemila anni di Cristo e i tremila di Roma.

R. - "Rutelli non è il candidato della sinistra, se per sinistra s'intende il Pds. Conosco Rutelli da quando aveva i pantaloni corti e non è mai stato comunista: semmai liberaldemocratico, libertario. Egli ha ragione quando dice che la comunità internazionale deve guardare con fiducia e speranza all'appuntamento del bimillenario-trimillenario. Non mi scoraggia il pessimismo di chi, come l'architetto Della Seta, dice che questo progetto sarebbe realizzabile se avessimo la Chiesa trionfante del Seicento, non quella di oggi che ha perduto il controllo del territorio. Come ho spiegato, non è solo questione di territorio".

 
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