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Baget Bozzo Gianni - 18 agosto 1993
Il Tevere e Pannella
di Gianni Baget Bozzo

SOMMARIO: Analizza la proposta Pannella sulla "cogestione" di una "Grande Roma" da parte dello Stato e del Vaticano. "Come autore di un attacco al Risorgimento, Pannella ha superato Bossi". Pannella ha "fiutato" il ritorno del religioso sul laicismo, della laicità. Sviluppa poi una serie di considerazioni sul prossimo Bimillenario, che rischia di divenire un evento politico, celebrazione dell'imperialismo culturale del Cristianesimo sul mondo e il suo sviluppo: sarebbe una scelta assai delicata e pericolosa, come si è visto in occasione delle colombiadi. Per un modesto Giubileo, non è invece necessario "che lo Stato a Roma torni ad essere Chiesa e che la Chiesa ritorni a Roma ad essere Stato."

(LA REPUBBLICA, 18 agosto 1993)

"Capitale corrotta, nazione infetta": non è uno slogan antiromano della Lega Nord, ma fu il titolo che inaugurò nel 1954 l'Espresso. E accanto al titolo, spiccava il volto del sindaco democristiano dell'epoca, Salvatore Rebecchini, personaggio molto gradito alla Curia romana. Da allora, con buona pace di Spadolini, il Tevere si è fatto tanto stretto, che il leader del radicalismo politico, Marco Pannella, può immaginare un ente Lazio a mezzadria tra Stato italiano e Santa Sede: cioè il ritorno del potere temporale a Roma oltre la città del Vaticano. Come autore di un attacco al Risorgimento Pannella ha superato Bossi. Ha ridotto Roma da città a territorio, da simbolo a spazio, da misura del tempo a caso ecologico. Raramente il corpo di Roma aveva avuto tanto la meglio sulla idea della città. Il Foro romano ritorna campo Vaccino. Pannella fiuta l'aria: siamo passati dalla secolarizzazione alla religione in tutto il mondo. L'età moderna è finita, le religioni definiscono il nemico e organizzano le guerre come

prima dell'Illuminismo. Alla tesi di Pannella forse è vano obiettare in nome della laicità. E' essa ancora un valore? E poi non si può essere più realisti del re: chi, più di Marco Pannella, ha impersonato la figura del politico laico? Ma si può obiettare a Pannella in nome del Cristianesimo: i tempi oggi lo consentono in sovrabbondanza. La Chiesa celebra nel Natale il Dio che si è fatto uomo. E' una memoria del mistero divino che sta oltre la ragione umana. I cristiani hanno contato gli anni a cominciare dal Natale, si sono definiti come cristianità. Ma gli anni cristiani non sono anni pagani, non vogliono esaltare la durata di una istituzione nel tempo. Per la fede cristiana, il tempo non è ciò che deve durare, ma ciò che deve finire. La Scrittura e l'Eucarestia si compiono con l'invocazione del ritorno del Signore e della fine della storia umana. Il primo millennio cristiano venne vissuto come l'inizio della fine del mondo. I cristiani di mille anni fa non videro l'imponenza della durata del Cristianesim

o, ma si entusiasmarono dell'imminenza della seconda venuta di Cristo. Cosa devono fare i cristiani del secolo millennio? abbiamo più ragioni morali, culturali e politiche per aspettare ora la fine del mondo di quelle che le esegesi e i testi sacri fornivano ai credenti dell'anno Mille. Da decenni l'uomo ha in sè le parole che posson porre fine alla vita sulla terra. Ma quale Papa avrebbe il cuore di dire agli uomini: il ritorno del Cristo è più vicino, il tempo si è fatto più stretto, questi tempi che viviamo sono "tempi ultimi"? Vi è un altro modo meno drammatico di vivere l'anno Duemila. Si può esaltare il compimento storico della cristianità; il mondo cristiano copre la faccia della terra, nel suo ambito sono nati i pensieri le scienze e le tecniche che governano il mondo. La terra è unita dai modi di comunicazione che il Cristanesimo ha pensato e diffuso e che tutti i popoli hanno adottato. Cristo grande eroe storico,che è creatore di civiltà: questa sarebbe una possibile celebrazione del secondo millen

nio cristiano rispetto alla quale forse l'ipotesi di Pannella avrebbe senso. Ma quanti in Asia, in Africa e in America Latina accetterebbero un tale imperialismo della cristianità? Essi accuserebbero la cristianità di essere imperialista per essenza. Questo si è già visto in occasione delle celebrazioni colombiane. A un sentimento cristiano ciò ricorderebbe una memoria pagana: il "nec tempora pono", "non pongo termine di tempo", del poema augusteo, l'Eneide. Si applicherebbero così al Cristianesimo le categorie del suo avversario antico e moderno:il potere divino dei re, degli stati e delle rivoluzioni.

Da cristiani si può sperare che la festa del bimillenario del Cristo non si farà: essa appare fuori dello spirito e della lettera del Cristianesimo. Pannella può osservare: dì queste cose a Wojtyla e alla curia che pensano così: ed è quel che faccio. Lo ringrazio però perchè la sua proposta ha la capacità di dimostrare che una simile commemorazione civile del bimillenario non potrebbe essere che un evento politico, quindi interistituzionale. Il leader radicale ha sempre la capacità di cogliere il risvolto spirituale degli eventi. Per un modesto giubileo, che è un pellegrinaggio di penitenza e di conversione, non è necessario che lo Stato a Roma ritorni a essere Chiesa e che la Chiesa ritorni a Roma ad essere Stato. Dopo Tangentopoli l'ironia scenderebbe greve sul nuovo "potere misto". Basterebbe rilevare l'utilità di considerare il turismo come opera sacra e di affidarlo all'Istituto vaticano per le opere di religione. Del resto, da cinquant'anni, Roma è già "cosa mista": e il "nuovo", che Pannella invoca se

mbra il vecchio trasformato da realtà in incubo.

 
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