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Calderisi Giuseppe - 30 agosto 1993
RELAZIONE SU NUOVE LEGGI ELETTORALI DI PEPPINO CALDERISI
SEMINARIO CLUB PANNELLA - SABAUDIA, 30-31 AGOSTO - 1· SETTEMBRE 1993

SOMMARIO: La descrizione dei nuovi sistemi per l'elezione del Senato, della Camera, dei Consigli comunali e dei sindaci.

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LEGGE ELETTORALE SENATO

La nuova legge per l'elezione del Senato (l. 4 agosto 1993, n. 276) ricalca fedelmente il sistema scaturito dal referendum, addirittura con alcuni significativi miglioramenti. Per questa legge, infatti, sono stati battuti i tentativi del PDS di stravolgere il contenuto del referendum con gli stessi meccanismi aberranti ("mammozzi", "poliponi" e annessi) che caratterizzano la legge per la Camera.

(Vale la pena ricordare che per il Senato la legge era sostanzialmente inutile perchè bastava il referendum: per la revisione dei collegi sarebbe stato sufficiente aggiungere poche righe alla delega al governo già prevista nella legge per la Camera. Il motivo per cui è stata fatta una legge ad hoc era solo quello di consentire la possibilità di modificare l'esito referendario; per fortuna il tentativo del PDS non è andato in porto - nonostante il totale silenzio e l'incapacità della stampa di comprendere quello che stava accadendo - perchè la seconda lettura del provvedimento, dove in casi del genere si tentano i colpi di mano, è spettata alla Camera, avendo Spadolini voluto che fosse il Senato a iniziare l'iter della legge che più direttamente lo riguardava. Per la legge della Camera la seconda lettura è toccata al Senato e lì Salvi, con l'assenso di Mattarella e della Dc, è riuscito a far passare i suoi emendamenti).

Un miglioramento rispetto al referendum riguarda in particolare l'introduzione delle candidature indipendenti, cioè sganciate da qualsiasi partito o gruppo di candidati. Un piccolo peggioramento è invece dovuto al furtarello di sei seggi dalla quota maggioritaria a quella proporzionale dovuto al meccanismo di arrotondamento nel computo del numero di seggi: i collegi uninominali sono 232 anziché 238 (come prevedeva il referendum) e i seggi complessivamente attribuiti in ragione proporzionale sono 83 anziché 77.

Esaminiamo sinteticamente il meccanismo di funzionamento della legge che è molto semplice.

1. L'elettore dispone di una sola scheda e di un solo voto con il quale concorre a determinare sia il candidato vincente nel collegio uninominale sia i seggi da attribuire in ragione proporzionale ai gruppi di candidati.

2. Il sistema è su base regionale, come se in ogni regione ci fosse un sistema elettorale a sé stante, non c'è alcuna connessione tra le diverse regioni.

3. Le candidature vanno presentate regione per regione, per gruppi (come minimo di tre candidati) o anche singolarmente (in questo caso il candidato singolo non partecipa al riparto proporzionale).

4. Ciascun candidato ha un solo contrassegno sulla scheda (ma è stata mantenuta la norma già esistente che consente ai candidati di uno stesso gruppo di essere contraddistinti, se vogliono, con contrassegni diversi nei vari collegi).

5. Ci si può candidare in un solo collegio in una sola regione. Se si è candidati in una Camera non si può essere candidati anche nell'altra.

6. Tutti, anche i partiti già presenti in Parlamento, devono raccogliere le firme per presentare candidature. Per i gruppi di candidati occorrono: da 1000 a 1500 firme per le regioni con meno di 500 mila abitanti; da 1750 a 2500 firme per le regioni fino a 1 milione di abitanti; da 3500 a 5000 firme per le regioni con più di 1 milione di abitanti. Per le candidature singole occorrono da 1000 a 1500 firme di elettori del collegio (la questione diventa rilevante per le grandi città divise in più collegi, soprattutto per la Camera dove le sottoscrizioni non vanno mai raccolte per gruppi ma in ogni caso collegio per collegio).

7. In ogni collegio è eletto il candidato che ottiene più voti.

8. Per l'attribuzione dei seggi in ragione proporzionale (25 % dei seggi assegnati alla regione) si procede nel modo seguente: per ciascun gruppo si calcola la cifra elettorale, cioè si sommano i voti ottenuti dai candidati ad eccezione di quelli dei candidati vincenti nei collegi (scomputo totale); quindi si ripartiscono i seggi con il metodo d'Hondt (lo stesso vigente prima del referendum): la cifra elettorale di ciascun gruppo viene divisa per 1, 2, 3, 4 eccetera. Vengono scelti i quozienti più elevati.

All'interno di ciascun gruppo vengono eletti i candidati con la più alta cifra individuale (voti ottenuti in rapporto al totale dei voti validi del rispettivo collegio).

9. Di seguito la tabella in cui sono indicati, per ciascuna regione: il numero di seggi assegnati, il numero di collegi uninominali, la differenza tra di essi cioè il numero di seggi da attribuire in ragione proporzionale, l'ordine di grandezza della soglia presumibile per avere almeno un eletto con la ripartizione proporzionale (questo calcolo è ovviamente a spanne).

REGIONE N. SEGGI N. COLLEGI DIFF. SOGLIA QUOTA PROP.

PIEMONTE 24 18 6 circa 11-12 %

VAL D'AOSTA 1 1 - -

LOMBARDIA 48 36 12 circa 6 %

VENETO 23 17 6 circa 11-12 %

TRENTINO A.A. 7 6 * 1 > 20 %

FRIULI V.G. 7 5 2 > 15-20 %

LIGURIA 10 7 3 > 15 %

EMILIA R. 21 15 6 circa 11-12 %

TOSCANA 19 14 5 circa 13-14 %

MARCHE 8 6 2 > 15-20 %

UMBRIA 7 5 2 > 15-20 %

LAZIO 27 20 7 circa 9-10 %

ABRUZZO 7 5 2 > 15-20 %

MOLISE 2 2 - -

CAMPANIA 30 22 8 circa 8-9 %

PUGLIA 21 15 6 circa 11-12 %

BASILICATA 7 5 2 > 15-20 %

CALABRIA 11 8 3 > 15 %

SICILIA 26 19 7 circa 9-10 %

SARDEGNA 9 6 3 > 15 %

totali 315 232 83l

* Per il Trentino A.A. il numero dei collegi uninominali è stato determinato al di fuori della regola dei 3/4- 1/4.

10. In caso di vacanza di un seggio, per qualsiasi causa, si procede ad elezioni suppletive se si tratta di un eletto in un collegio uninominale; nel caso invece di un seggio attribuito con la proporzionale viene proclamato eletto il candidato del medesimo gruppo che segue nella graduatoria con la più alta cifra individuale.

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La soglia molto elevata che di fatto è necessaria per poter avere un eletto con la quota proporzionale, evita che il 25 % di proporzionale produca una grave distorsione nella logica del collegio uninominale, nonostante il voto unico. Dovrebbe cioè essere evitata l'estrema proliferazione di candidature nei collegi uninominali finalizzate non alla vittoria nei collegi stessi ma solo alla conquista dei seggi attribuiti in ragione proporzionale. Chi avesse meno del 9-10 % non otterrebbe alcun seggio (a parte in Lombardia).

Ma la fortissima spinta all'aggregazione non riguarda solo le forze minori. Anche chi sta o pensa di stare attorno al 15-20 %, viene spinto (a meno di non rinunciare a perseguire la vittoria nei collegi) ad aggregarsi e a dar vita a formazioni politico-elettorali più ampie, mettendo pertanto in causa l'uso del proprio simbolo. La forte ostilità del PDS a questo sistema - non essendo riuscito a introdurre la possibilità di contrassegni plurimi, cioè i "mammozzi" - non è certamente casuale. Dietro questo nomignolo si cela una questione di fondo. Non so se vi attribuisco troppa importanza (come ha fatto, del resto, il PDS). Un sistema elettorale con i "mammozzi" favorisce un processo aggregativo tra più forze politiche di tipo confederale in cui ciascuna di esse mantiene il proprio simbolo e la propria struttura partitica; viene così favorito un sistema politico di natura bipolare o comunque fondato su poli. Un sistema elettorale senza "mammozzi" favorisce invece un processo aggregativo tra più forze politiche

di tipo federale con il superamento dei relativi simboli ed una spinta verso un sistema bi/tripartitico (che certamente dipende da tanti altri fattori).

Purtroppo il sistema elettorale con voto unico, soglia molto alta e senza "mammozzi" vale solo per il Senato. E la diversa legge elettorale per la Camera - che avrà necessariamente un ruolo guida nel determinare il processo politico/elettorale - produrrà un effetto di trascinamento negativo anche per il Senato, riducendo fortemente la spinta al rinnovamento che questo sistema avrebbe forse potuto imprimere.

Ovviamente, un sistema elettorale, anche il più auspicabile, anche quello anglosassone puro, non può mai produrre di per sé la riforma del sistema politico creando, come d'incanto, il partito democratico. La riforma elettorale - non dico niente di originale - è una condizione necessaria ma non sufficiente, il resto deve farlo la politica. Credo che, anche qualora avessimo ottenuto l'uninominale-maggioritario puro, PDS, Lega e DC - nelle condizioni politiche attuali - sarebbero rimasti comunque i partiti chiave del sistema, sia pure con difficoltà e contraddizioni molto maggiori.

Mario Segni, in ogni caso, ha una grave responsabilità nell'aver rinunciato in partenza a battersi per la legge fotocopia anche per la Camera (la fotocopia vera con le soglie molte alte, non la finta fotocopia con la soglia dello 0,6 % che avrebbe prodotto una proliferazione di candidature capace di distruggere completamente la logica del collegio uninominale). Il motivo della scelta di Segni, come forse non è noto, sta nel fatto che sulla strada della legge fotocopia avrebbe incontrato solo la DC di Martinazzoli e la Lega e avrebbe invece trovato l'aperta ostilità del PDS.

LEGGE ELETTORALE CAMERA

La legge elettorale per la Camera (l. 4 agosto 1993, n. 277) pur nel rispetto formale dei contenuti del referendum (75 % di collegi uninominali, 25 % di quota proporzionale) sconfessa profondamente il voto del 18 aprile.

Non c'erano le condizioni politiche per approvare, per la Camera, lo stesso sistema elettorale del referendum. Oltre alla scelta di Segni e alla posizione del PDS, bisogna infatti tener conto che Rifondazione e MSI avrebbero fatto un duro ostruzionismo contro una legge elettorale con una soglia di fatto al 10 %. La scelta del doppio voto si è imposta come male minore non solo per battere il doppio turno, ma per evitare che il voto unico con soglia bassa inquinasse completamente la competizione elettorale nei collegi uninominali e anche per evitare che venisse introdotto il sistema dei "mammozzi" nella sua versione più hard: la scelta del candidato attraverso - e solo attraverso - il voto ad uno dei contrassegni che lo contornano (come, e anzi peggio, della legge per l'elezione dei sindaci e dei consigli comunali).

Come è noto non è riuscito il tentativo di separare nettamente il 75 % di uninominale-maggioritario dal 25 % di proporzionale. Con lo "scorporo" e gli altri marchingegni bizantini (ottenuti dal PDS per accrescere il proprio potere di coalizione) è stata realizzata una forte commistione tra i due ambiti (obbligo di collegamento dei candidati nei collegi uninominali con una o più liste del proporzionale, contrassegni plurimi - fino a cinque - che contornano i nomi dei candidati sulla scheda per l'uninominale, eccetera). Addirittura si è arrivati al divieto di candidature indipendenti, cioè non collegate ad una lista presente nell'ambito proporzionale. La persona, con la sua storia e il suo rapporto con il territorio - che è l'essenza del sistema uninominale - conterà ben poco. I candidati saranno tenuti stretti ai partiti con il morso e le briglie. Le candidature nei collegi uninominali saranno anch'esse una sorta di lista bloccata contrattata tra i partiti. I simboli partitici riempiranno entrambe le schede

previste per l'elezione della Camera. Gli elettori saranno spinti a votare più per i simboli che per le persone.

Esaminiamo sinteticamente il meccanismo di funzionamento della legge che è notevolmente complesso.

1. L'elettore dispone di due voti da esprimere su due schede: un voto per la scelta del candidato nel collegio uninominale, un voto per la scelta della lista nell'ambito proporzionale. Non c'è voto di preferenza.

2. Il sistema è su base nazionale, diviso in 26 circoscrizioni più il collegio uninominale della Val d'Aosta. In ogni circoscrizione il 75 % dei seggi assegnati è attribuito in altrettanti collegi uninominali, il 25 % è ripartito tra liste concorrenti in ragione proporzionale. Il totale dei collegi uninominali è 475. I seggi attribuiti proporzionalmente sono 155. Queste le circoscrizioni con i relativi numeri di seggi:

CIRCOSCRIZIONE

1. PIEMONTE I (To)

2. PIEMONTE II (Altre prov.)

3. LOMBARDIA I (Mi)

4. LOM. II (Va-Co-So-Lc-Bg-Bs)

5. LOM. III (Pv-Cr-Mn-Lo)

6. TRENTINO A.A.

7. VENETO I (Vr-Vi-Pd-Ro)

8. VENETO II (Ve-Tv-Bl)

9. FRIULI V.G.

10.LIGURIA

11.EMILIA-R.

12.TOSCANA

13.UMBRIA

14.MARCHE

15.LAZIO I (Roma)

16.LAZIO II (Vt-Ri-Lt-Fr)

17.ABRUZZI

18.MOLISE

19.CAMPANIA I (Na)

20.CAMPANIA II (Ce-Bn-Av-Sa)

21.PUGLIA

22.BASILICATA

23.CALABRIA

24.SICILIA I (Pa-Tp-Ag-Cl)

25.SICILIA II (Ct-Me-Rg-Sr-En)

26.SARDEGNA

3. Ogni candidato deve collegarsi ad una o più liste (non c'è alcun limite al numero di liste) presentate nell'ambito proporzionale. Nel caso di collegamenti con più liste, questi devono essere i medesimi in tutti i collegi della circoscrizione (possono invece variare da circoscrizione a circoscrizione). Ogni candidato è contraddistinto sulla scheda da uno o più simboli, con un massimo di cinque (se i collegamenti sono di più, ad esempio undici, potranno essere scelti, collegio per collegio, cinque di questi undici). Per ogni candidato occorrono da 500 a 1000 firme di elettori del collegio (per le grandi città sorge il problema di individuare gli elettori dei singoli collegi). Non ci sono esenzioni, tutti devono raccogliere le firme per presentare candidature.

4. Le liste per la parte proporzionale possono essere presentate anche senza essere collegate ad alcun candidato. Esse devono contenere un numero di candidati da uno fino ad un terzo dei seggi attribuiti in ragione proporzionale alla circoscrizione (con arrotondamento all'unità superiore). Maschietti e femminucce vanno posti in ordine alternato (ma, in base ad un ordine del giorno voluto dal MSI, sembra che motivandolo - !?!? - si possa farne a meno).

Le firme da raccogliere (da parte di tutti) variano in funzione della popolazione della circoscrizione: da 1500 a 2000 firme per le circoscrizioni con meno di 500 mila abitanti, da 2500 a 3000 fino a 1 milione di abitanti, da 4000 a 4500 con più di 1 milione di abitanti.

5. Ogni candidato può presentarsi, al più, in un collegio uninominale e in tre circoscrizioni. Non si può essere candidati sia alla Camera che al Senato.

6. In ogni collegio uninominale è eletto chi ha più voti.

7. Alla ripartizione proporzionale partecipano solo le liste che hanno ottenuto più del 4 % sul piano nazionale (senza effettuare alcuno scorporo).

8. La cifra elettorale nazionale è data dalla somma delle cifre elettorali circoscrizionali. Quest'ultima si calcola sottraendo dai voti riportati dalla lista una parte dei voti ottenuti dal candidati collegati risultati vincenti nei collegi (tale parte corrisponde ai voti del secondo arrivato nel collegio più uno, ma comunque non meno del 25 % dei voti validi del collegio). Nel caso di candidati collegati a più liste la detrazione avviene pro quota in misura proporzionale alla somma dei voti ottenuti nel collegio da ciascuna lista collegata.

9. Il riparto dei seggi tra le varie liste avviene sul piano nazionale con il metodo proporzionale puro. Per ogni lista la distribuzione dei seggi nelle singole circoscrizioni avviene con un metodo complicatissimo (vigente per le provinciali siciliane) che evita una sotto-rappresentazione per le circoscrizioni più piccole. Essendo la distribuzione dipendente anche dalle altre liste, è in buona parte impossibile ipotizzare in quali circoscrizioni scattino gli eventuali eletti. Sono proclamati i candidati in ordine di presentazione.

10. Nel caso in cui il numero di seggi ottenuti sia maggiore del numero di candidati, sono proclamati i candidati collegati nei collegi con i migliori quozienti (ma è molto difficile che si verifichi tale eventualità, in genere ogni lista avrà al più uno o due eletti).

11. In caso di vacanza di un seggio, per qualsiasi causa, si procede, come per il Senato, ad elezioni suppletive se si tratta di un eletto nel collegio uninominale; nel caso di un seggio attribuito con la proporzionale viene proclamato il candidato della lista che segue nella lista (se non segue nessuno si sceglie il candidato meglio piazzato nei collegi).

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Come si è visto per le elezioni comunali, l'elettorato tende sempre più a cercare il voto utile, il voto che può essere determinante per far vincere Tizio o Caio, sia a livello di singolo collegio, sia per la formazione di maggioranze di governo.

Anche se il nuovo sistema elettorale non consente questa scelta, l'aspettativa a poter votare in questo modo è cresciuta moltissimo. L'elettorato si indirizzerà decisamente verso chi sarà o apparirà o verrà fatto apparire dai mezzi di informazione più credibile al riguardo.

Una presentazione di liste solo nell'ambito proporzionale o accompagnata da una presenza nella parte uninominale - sia della Camera che del Senato - solo di bandiera o comunque limitata ad un numero ridotto di collegi, si scontrerebbe frontalmente contro la tendenza sopra accennata. Sarebbe impossibile, credo, superare la soglia del 4 %.

Questo non deve significare la rinuncia alla ricerca del massimo possibile di forza politica autonoma. Al contrario questa è un'esigenza imprescindibile da costruire attraverso iniziative (referendarie e non) con obiettivi e contenuti programmatici estremamente chiari e forti sui grandi problemi del paese e attorno alla leadership ben visibile di Pannella.

Questa forza politica autonoma deve però essere spesa e finalizzata alla costruzione di un soggetto politico più ampio (il Partito democratico) per il quale va delineato un percorso da proporre a tutti i possibili interlocutori (non entro qui nel campo di altre relazioni). Le difficoltà sono certamente grandissime, ma non riesco sinceramente a vedere alternative.

Ciò è necessario anche al fine di trovare i candidati da poter proporre per i collegi uninominali. Ben difficilmente, infatti, coloro che possono o ambiscono ad essere candidati di uno schieramento più ampio accetterebbero di essere proposti da parte di una forza minore che oltretutto tendesse a ridurre il proprio orizzonte politico a sé medesima.

LEGGE ELETTORALE COMUNI E SINDACI

La legge (del 25 marzo 1993, n. 81) ha eluso profondamente il referendum che chiedeva il sistema maggioritario per tutti i comuni. Tale sistema è stato previsto solo per i comuni fino a 15 mila abitanti (prima era fino a 5 mila abitanti).

Per i comuni con più di 15 mila abitanti il sistema si basa sul premio di maggioranza, che è cosa ben diversa dal maggioritario.

Questa legge contiene anche le norme sulla campagna elettorale per le elezioni comunali (per le politiche vorrebbero prendere come base questa normativa apportando varie aggiunte).

Esaminiamo sinteticamente il funzionamento della legge per i comuni con più di 15 mila abitanti (per la Sicilia vale una legge ad hoc che fissa il limite a 10 mila abitanti e che è diversa in vari punti rispetto alla legge nazionale).

1. Il sistema è a due turni. Ci si ferma al primo turno solo se un candidato a sindaco ottiene almeno la metà dei voti validi, caso altamente improbabile (anche perchè, se il sindaco vince al primo turno, rischia di non far scattare il premio di maggioranza e di rimanere in minoranza nel Consiglio, come vedremo più avanti).

2. Al secondo turno partecipano i due candidati a sindaco che hanno ottenuto il maggior numero di voti.

3. Ciascun candidato a sindaco è collegato ad una o più liste i cui contrassegni affiancano il suo nome nella scheda elettorale (i collegamenti devono essere dichiarati in modo convergente da candidati a sindaci e delegati di lista).

4. Entro sette giorni dalla prima votazione possono collegarsi ai candidati a sindaco nel ballottaggio ulteriori liste che al primo turno avevano sostenuto altri candidati a sindaco. Anche questi collegamenti hanno efficacia solo se dichiarati convergentemente da parte dei candidati a sindaco e dei delegati di lista.

5. La scheda di votazione è unica. L'elettore, al primo turno, votando per uno dei contrassegni di lista, vota automaticamente anche per il sindaco collegato (sistema dei "mammozzi" hard). Però l'elettore può anche votare per un candidato a sindaco e per una lista ad esso non collegata. L'elettore può altresì esprimere una preferenza per uno dei candidati della lista votata.

6. Per la presentazione di una lista, che viene effettuata congiuntamente alla presentazione di una candidatura a sindaco, occorre raccogliere il seguente numero di sottoscrizioni: da 2000 a 3000 per i comuni con più di 1 milione di abitanti, da 1000 a 2000 sopra i 500 mila abitanti, da 700 a 2000 sopra i 100 mila ab., da 400 a a 1500 sopra i 40 mila ab, da 250 a 800 sopra i 20 mila ab, da 200 a 500 sopra i 10 mila abitanti. Bisogna presentare contemporaneamente anche il programma amministrativo che viene affisso all'albo pretorio. Il programma deve essere lo stesso per tutte le liste collegate.

7. Per l'attribuzione dei seggi tra le varie liste si procede nel modo seguente:

a) se il sindaco è stato eletto al primo turno, alle liste collegate spetta (se non abbiano già ottenuto di più) il 60 % dei seggi, ma a condizione che le liste collegate abbiano superato complessivamente il 50 % dei voti validi (insomma se un sindaco vince al primo turno con il 51 % o anche con il 70 %, ma le liste collegate hanno preso solo il 49 % dei voti, non scatta il premio di maggioranza e il sindaco è in minoranza nel Consiglio !);

b) se il sindaco è eletto al secondo turno, alle liste collegate spetta (se non abbiano già ottenuto di più) il 60 % dei seggi (il premio non scatta solo se un'altra lista o gruppo di liste abbia avuto il 50 % dei voti nel primo turno). Il 40 % dei seggi è attribuito a tutte le altre liste o gruppi di liste;

c) l'attribuzione dei seggi tra le liste o gruppi di liste viene effettuata con il metodo d'Hondt; una volta effettuata tale ripartizione, i seggi vengono attribuiti all'interno dei gruppi di liste collegate con lo stesso sistema d'Hondt.

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Per ottenere seggi nel Consiglio comunale, come si è visto, c'è una gran differenza a seconda che si faccia parte o no del gruppo di liste collegate al sindaco vincente.

Bisogna anche considerare che è stato ridotto il numero dei consiglieri (sono 60 per i comuni sopra 1 milione di abitanti, 50 sopra 500 mila abitanti, 46 sopra 250 mila abitanti, 40 sopra 100 abitanti e via via calando).

Il 40 % di seggi è un numero relativamente basso (24 per comuni come Roma, 20 per comuni come Genova e Palermo, 18, 16 eccetera per le altri classi di comuni).

Non si possono stabilire a priori le soglie necessarie per avere almeno un eletto nel Consiglio; a spanne si può dire che, mentre può bastare 1,5 - 2 % se si fa parte del gruppo di liste collegate al sindaco vincente, occorre almeno il 3,5 - 4 % nell'altro caso.

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NORME SULLA CAMPAGNA ELETTORALE

1. Dal trentesimo giorno precedente le votazioni, giornali, periodici ed emittenti radiotelevisive (che intendano diffondere propaganda elettorale), ad eccezione degli organi ufficiali di informazione dei partiti e movimenti politici, devono riconoscere a candidati e liste parità di condizioni per l'accesso, a qualsiasi titolo. Modi, tempi, spazi e tariffe (se a pagamento) sono disciplinate dal Garante per l'editoria, dalla Commissione di vigilanza e dai comitati regionali per i servizi giornalistici (!?).

2. Candidati, rappresentanti di partiti e membri delle giunte degli enti locali interessati dalla consultazione non possono essere presenti alle trasmissioni radiotelevisive di intrattenimento, culturali e sportive. Per quelle informative la presenza deve essere limitata alla solo esigenza della completezza e imparzialità dell'informazione. La norma vale per le emittenti pubbliche e private.

3. Dal trentesimo giorno prima delle votazioni, è vietata la propaganda con inserzioni pubblicitarie su quotidiani e periodici, con spot e altra forma pubblicitaria radiotelevisiva per il voto a liste, a candidati a sindaco e per il voto di preferenza a candidati.

4. Non rientrano nel divieto di cui al numero precedente: gli annunci di dibattiti, tavole rotonde, conferenze, discorsi o interventi comunque denominati; e inoltre le pubblicazioni di presentazione dei candidati a sindaco e delle liste nonché l'illustrazione dei loro programmi elettorali.

5. Tutte le pubblicazioni di propaganda elettorale con qualsiasi mezzo devono indicare il nome del committente responsabile.

6. I comuni disciplinano la dichiarazione preventiva ed il rendiconto delle spese per la campagna elettorale dei candidati e delle liste.

7. Nei Comuni con più di 50 mila abitanti, il deposito delle liste e candidature deve comunque essere accompagnato dalla presentazione di un bilancio preventivo di spesa cui liste a candidati intendono vincolarsi. Tali documenti nonché i rendiconti successivi devono essere affissi all'albo pretorio.

 
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