Intervista a Emma Bonino di Franco IvaldoSOMMARIO: Illustra le motivazioni politiche della campagna radicale per l'istituzione del Tribunale internazionale sui crimini compiuti nell'ex-Jugoslavia. Sarebbe un segnale inaccettabile per il mondo intero consentire che i crimini commessi rimangano impuniti.
(IL MESSAGGERO, 17 settembre 1993)
In Bosnia, malgrado l'ennesimo "cessate il fuoco" firmato a Ginevra tra il presidente musulmano Izetbegovic ed il croato Tudjman, si continua a combattere e a morire. Rimbalzano le consuete reciproche accuse di eccidi, di massacri e di stragi. E la comunità internazionale cerca di comporre i tasselli di un complesso mosaico in grado di riportare la pace nel martoriato paese. Un'iniziativa, in nome della concreta applicazione del diritto internazionale, viene da Roma. Sono oltre tremila (fra cui quelle di diversi capi di Stato e di nove Premi Nobel) le firme raccolte dal partito radicale in calce all'appello alle Nazioni Unite per l'effettiva istituzione del tribunale internazionale sui crimini nell'ex Jugoslavia, il primo organismo di questo genere dopo quello di Norimberga alla cui costituzione ha contribuito con un suo progetto anche l'Italia.
D. Emma Bonino, segretaria del Pr, quali sono gli obiettivi della vostra iniziativa?
R. "L'obiettivo è soprattutto quello della mobilitazione dei parlamentari e dei governi. Abbiamo lanciato queste giornate internazionali del tribunale domani e domenica, quando usciranno tavoli per la raccolta delle firme non solo in tutta Italia ma anche a Tirana, Belgrado, Zagabria, Budapest, Kiev, Mosca, Barcellona e Bruxelles".
D. E poi che cosa avverrà?
R. "Dovranno essere eletti gli undici giudici dell'assemblea generale dell'ONU. Il candidato italiano da noi sostenuto,il professore Antonio Cassese, è stato eletto ieri.Rimane invece fermo il problema del procuratore generale. E' una questione politica di veti contrapposti. Terzo mondo e Stati Uniti sostengono la candidatura di Cherif Bassiouni, Gran Bretagna e Francia si oppongono. Ma il rischio vero è che dopo aver deciso con la risoluzione 827 di fare questo tribunale ad hoc questa risoluzione non venga applicata oppure che in termini ufficiosi, se va in porto l'accordo di Ginevra, si finisca col dire: chi ha dato ha dato e chi ha avuto ha avuto!".
D. Ma l'istituzione di un tribunale internazionale non rischia di intralciare i negoziati di Ginevra?
R. "Non credo proprio perchè quelli della diplomazia e quelli del diritto sono due livelli completamente diversi. Se poi la comunità internazionale dovesse accettare un cessate il fuoco anche a costo di dovere ammettere che i massacratori e gli organizzatori di stupri rimangano impuniti diventerebbe un segnale incredibile dato al mondo intero. Sia ben chiaro che il tribunale non processa i governi, nè fa un processo politico, tanto è vero che sono esclusi i processi e le condanne in contumacia ed è esclusa la pena di morte. E' invece la prima affermazione della Convenzione sul genocidio, firmata nel '49 ma che poi, non avendo gli strumenti di sanzione e di condanna neanche individuale è rimasta lettera morta. E' solo il primo passo politico per l'istituzione del tribunale internazionale permanente dell'ONU che è ormai allo studio da dieci anni. E' drammatico non averlo realizzato prima".