Intervista a Emma Bonino di Marina MastrolucaPer Emma Bonino i colpevoli forse non si potranno imprigionare ma si trasformeranno in "paria"
SOMMARIO: Emma Bonino replica ai dubbi sollevati dall'intervistatrice sul Tribunale internazionale per i crimini di guerra nell'ex-Jugoslavia in particolare sul fatto che la comunità internazionale tratta con gli stessi personaggi che dovrebbero essere processati. »La diplomazia è scesa a livelli di compromesso intollerabili sull'ex Jugoslavia [....] Deve invece essere chiaro che chi vuole aderire alla Carta delle Nazioni deve assumersene le responsabilità. Non si può essere membri dell'Onu e violare impunemente i confini di un altro Stato
(L'UNITA', 19 settembre 1993)
D. Emma Bonino, il partito radicale insiste perchè si arrivi presto alla costituzione di un tribunale internazionale per i crimini di guerra nell'ex Jugoslavia. Si è già parlato di una nuova Norimberga, dimenticando forse che allora i vincitori giudicarono i vinti. Ora invece si tratterebbe di giudicare soprattutto i vincitori, con la difficoltà che ne consegue a condurre in giudizio persone che in patria sono considerate eroi. Serve davvero un Tribunale del genere o è solo un atto simbolico?
R. Serve da tanto tempo una Corte permanente che giudichi l'applicazione delle convenzioni firmate dagli Stati membri. Sono almeno 20 anni che si lavora ad un tribunale penale internazionale. Ora non c'è nessuno strumento per perseguire violazioni, anche gravi, come quelle sui diritti umani. E' un po' come avere una legge che giudichi reato il furto e l'omicidio e non avere nè poliziotti nè giudici.
D. Il principio di punibilità dei criminali di guerra è fuori discussione. Ma può concretamente trasformarsi in punizione dei colpevoli, specialmente se questi sono capi di stato come Milosevic o leader politici riconosciuti come Karadzic?
R. Ci proviamo. Certo con il tribunale non si risolve tutto. Ed è probabile che nessuno ci consegni Milosevic o Karadzic. Ma possiamo farne dei paria internazionali. L'ordine del tribunale è vincolante per gli stati membri dell'Onu ed un mandato di arresto può essere eseguito da qualsiasi polizia. In ogni caso avrebbe valore anche come segnale di una condanna morale.
D. C'è però una contraddizione tra la diplomazia che tratta con alcuni di quelli che sono già inseriti in una prima lista di criminali di guerra e un tribunale che vorrebbe giudicarli.
R. Diplomazia e diritto non seguono le stesse procedure. La diplomazia è scesa a livelli di compromesso intollerabili sull'ex Jugoslavia. Basti guardare la Cee che ha sempre condannato l'apartheid in Sudafrica e ora lo ripropone in Bosnia. Deve invece essere chiaro che chi vuole aderire alla Carta delle Nazioni deve assumersene le responsabilità. Non si può essere membri dell'Onu e violare impunemente i confini di un altro Stato, per questo è importante rendere vincolanti - e davvero - le convenzioni esistenti.
D. Il tribunale non rischia di diventare la foglia di fico della cattiva coscienza occidentale? Non potrebbe finire con l'evidenziare una volta di più l'incapacità della comunità internazionale di far rispettare i principi che afferma?
R. Questo accadrà se non verrà attuata la risoluzione 827 sulla persecuzione dei crimini di guerra nell'ex Jugoslavia. Sarà una prova dell'inaffidabilità dello stesso Consiglio di sicurezza. Bisogna decidersi. O darsi nuovi strumenti, oppure a questo punto potremmo anche stracciare la convenzione sul genocidio. O magari continuare a ricorrere all'uso della forza quando ci garba, invece di rafforzare gli strumenti della diplomazia preventiva.
D. L'Onu non riesce a mettere insieme i caschi blu necessari per far rispettare le sei zone di sicurezza in Bosnia, decise mesi fa. Non ci sono nemmeno i soldi per gli aiuti: l'Alto commissariato per i rifugiati ha detto e ripetuto che i fondi disponibili basteranno appena fino ad ottobre. Come trovare i finanziamenti che sono ora uno degli ostacoli più grossi per la costituzione del tribunale?
R. I 31 milioni di dollari necessari sono iscritti nel bilancio normale dell'Onu, non dipendono da finanziamenti speciali. E' vero che le Nazioni Unite hanno gravi problemi finanziari. Del resto i compiti dell'Onu si sono moltiplicati in maniera esponenziale da quando è caduto l'ordine creato a Yalta. Dal '47 all'89 ci sono state solo 12 missioni Onu di peace keeping. Negli ultimi quattro anni sono state 13, di cui 5 nel solo '92. Gli strumenti finanziari, politici e militari sono rimasti però gli stessi di 40 anni fa. Il nuovo ordine internazionale in queste condizioni non sarà diverso dalla legge della giungla.