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Strik Lievers Lorenzo - 26 ottobre 1993
Uninominale, all'inglese
di Lorenzo Strik Lievers

SOMMARIO: Collega la battaglia per l'uninominale lanciata dal Partito radicale nel suo ultimo impegno "italiano" con la trasformazione del partito in struttura transnazionale: la proposta uninominalista "esprime una scelta di cultura e di civiltà politica:il rifiuto del primato del partito sopra le istituzioni", e dunque "si proietta sulla scena europea". La riforma "anglosassone" è la "contestazione della forma di partito [...] generalmente prevalsa nell'Europa continentale a partire dall'esempio della socialdemocrazia tedesca". Se in Italia questo sistema ha prodotto i guasti peggiori è anche a causa della "debolezza storica dello Stato italiano", aggravata dal "crollo dell'8 settembre 1943".

(1994 - IL QUOTIDIANO RADICALE, 26 ottobre 1993)

Al centro del confronto su se e come uscire dal regime partitocratico sta l'esito di quella che è stata l'ultima grande battaglia "italiana" del Partito radicale: quella per la riforma elettorale uninominale che Pannella, con il Pr, fu il primo a lanciare, ideando e promuovendo il referendum. Ed è forse il segno più vistoso di quanto abbia pesato in Italia, quand'era forza "italiana", il Partito radicale.

Eppure: mirata a trovare una soluzione di democrazia rispetto alla specificità italiana costituita dalla degenerazione corporativo-partitocratica del sistema politico, questa battaglia recava e reca in sé implicazioni che vanno ben oltre la dimensione nazionale. Non per nulla essa venne promossa nella stessa fase in cui si elaborava la svolta transnazionale del Pr. L'una e l'altra nascevano dalla presa d'atto dei limiti ormai insuperabili che stringevano, soffocanti, l'azione politica radicale in Italia.

La proposta di riforma uninominale esprime una scelta di cultura e di civiltà politica: il rifiuto del primato del partito sopra le istituzioni e sopra il momento della rappresentanza, ossia sopra le forme in cui si esprimono e vengono tutelate la cittadinanza, la sovranità dei cittadini e la garanzia dei loro uguali diritti. Primato del partito che è prodromo e sostanza della partitocrazia; e che, strutturalmente incompatibile con il modello anglosassone, è invece profondamente omogeneo al sistema proporzionale, da cui viene alimentato.

Letta in questa chiave, la battaglia radicale contro la proporzionale - connessa alla prospettiva transnazionale del partito - assume il rilievo di un'indicazione e una proposta politica generale che, a partire da quello che può essere inteso come il "laboratorio" italiano, si proietta sulla scena europea. A partire magari dalla gravità del caso italiano, intanto c'è da prendere consapevolezza dei guasti che, seppure in misura minore, le dinamiche partitocratiche hanno prodotto anche in tante altre parti d'Europa, e c'è da organizzare la battaglia politica - come per la verità il Pr transnazionale per quanto poteva ha fatto - sui pericoli che l'adozione di modelli proporzionalistici comporta per le fragili democrazie dell'Europa postcomunista. Ma poi, sul piano cruciale del modo di concepire, fare e interpretare la politica, la battaglia per il "modello anglosassone" diventa la contestazione della forma di partito, ossia della forma delle relazioni politiche, generalmente prevalsa nell'Europa continentale a

partire dall'esempio della socialdemocrazia tedesca e spinta poi alle sue conseguenze estreme dai partiti comunisti e fascisti. Mi riferisco al modello del partito-Stato, che suppone ed esige nei militanti adesione incondizionata alle "leggi" del partito e alle decisioni dei suoi organi, e insomma comporta il primato della disciplina di partito sugli altri obblighi politici; modello che nei partiti comunisti e fascisti è giunto al partito-esercito con etica e disciplina militari, e ha fatto sì che i partiti-Stato comunisti e fascisti, giungendo al potere, trasformassero gli Stati in Stati-partito. Se la partitocrazia proporzionalista, insomma, in Italia ha raggiunto un livello di degrado più elevato che altrove per molte ragioni - non ultima la debolezza storica dello Stato italiano, e il suo crollo l'8 settembre 1943, che ha lasciato campo incontrastato al primato dei partiti-Stato cui gli italiani già erano stati abituati dal fascismo - la battaglia contro di essa ha valenza di progetto politico per la de

mocrazia liberale in Europa.

 
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