SOMMARIO: Dopo aver rievocato la vicenda della condanna a morte inflitta dai "mullah" iraniani allo scrittore Salman Rushdie, deplora che l'Italia mantenga ancora, per ragioni economico-affaristiche, rapporti con il regime di Teheran.
(1994 - IL QUOTIDIANO RADICALE, 28 ottobre 1993)
Febbraio 1898: l'ayatollah Khomeini, leader della repubblica islamica dell'Iran, condanna a morte lo scrittore Salman Rushdie. Rushdie ha scritto un libro, "The Satanic verses", giudicato "blasfemo" dai mullah, i sacerdoti dell'integralismo sciita iraniano.
"Il leader di uno Stato sovrano che fa parte dell'ONU - commenta a caldo Marco Taradash, allora presidente del consiglio federale del Partito radicale - sentenzia, senza alcun processo, la pena di morte nei confronti di un cittadino di un altro Stato, e in nome del suo potere religioso dà ordine ad ignoti seguaci sparsi in tutto il mondo, di compiere l'assassinio". Si tratta di un fatto senza precedenti. "La risposta internazionale non può non essere altrettanto forte", conclude Taradash. Immediatamente i radicali organizzano tavoli di solidarietà con Rushdie e manifestazioni contro Teheran. Il 16 febbraio i deputati federalisti europei chiedono al governo italiano la sospensione di tutti i rapporti economici e militari con Teheran.
Ma l'Italia preferisce non rinunciare ai lucrosi affari con il regime dei mullah; altri governi occidentali hanno una reazione parzialmente diversa. Da allora, lo scrittore, per scongiurare la sentenza di morte di Khomeini, si nasconde in un rifugio inglese, protetto dalla polizia e dai servizi di sicurezza britannici.