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Il quotidiano radicale - 3 novembre 1993
In cerca di giustizia
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SOMMARIO: Riporta le opinioni di alcune personalità sulla istituzione del Tribunale internazionale sui crimini commessi nella ex Jugoslavia. Vengono interpellati Zlatko Dizdarevic direttore di "Oslobodjenje", Zdravko Tomac, Irina Alberti direttrice de "La pensée Russe", Andrew Duff, Massimo Cacciari.

(1994 - IL QUOTIDIANO RADICALE, 3 novembre 1993)

Il tribunale internazionale? "Una delle cose più importanti nella fase attuale in Bosnia Erzegovina", dice Zlatko Dizdarevic, direttore di "Oslobodjenje", il quotidiano di Sarajevo simbolo della resistenza della città all'assedio serbo. "Senza un processo sui crimini di guerra - continua - non potremo avere nessun futuro". Perché? Risponde Zdravko Tomac, ex vice primo ministro croato, iscritto al Pr: "Non è possibile difendere il sistema democratico internazionale senza moralità politica e senza processare coloro che sono responsabili degli omicidi di alcune centinaia di migliaia di civili e di aver organizzato genocidi e migrazioni forzate".

Di moralità e di morale parla anche Irina Alberti, giornalista e scrittrice, direttrice di "La Pensée Russe", collaboratrice e amica di Aleksandr Solgenitsyn. "L'immediata istituzione del tribunale sulla ex Jugoslavia coincide perfettamente con i nostri scopi. Abbiamo sempre cercato di far presente all'opinione pubblica che prima di parlare di problemi economici, politici e addirittura anche sociali bisogna ripristinare nel mondo il concetto di responsabilità, del bene, del male, della netta divisione tra questi due concetti, assieme all'idea che il male fatto non può e non deve rimanere impunito e a un certo punto essere semplicemente dimenticato. Altrimenti il male si propagherà con la forza del fuoco attraverso l'universo travolgendoci tutti".

Sì, ma parliamo anche degli ostacoli concreti che si frappongono all'istituzione del tribunale. Secondo Andrew Duff, responsabile esteri del Partito Liberaldemocratico britannico, "non esiste una consistente forza militare di mantenimento della pace. E il lavoro del Tribunale richiede invece un aumento delle forze di terra in Bosnia per proteggere coloro che debbono condurre le indagini sui crimini commessi nella regione".

Tra i firmatari c'è anche chi, come il filosofo Massimo Cacciari, vede nella messa in opera del tribunale solo un obiettivo minimalistico, seppur necessario. "Non mi faccio alcuna illusione su questi strumenti - dice - i tribunali sui reati contro il diritto internazionale e quello dei popoli hanno, purtroppo, un valore effettuale solo quando sono condotti dai vincitori contro i vinti. Malgrado questo, il tribunale sulla ex Jugoslavia può essere uno strumento per saperne di più, per essere maggiormente informati, quindi per sensibilizzare maggiormente l'opinione pubblica".

 
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