di Tiziana MaioloIl vero caso Toni Negri
In Parlamento contro il "teorema Calogero"
SOMMARIO: Candidando Toni Negri, alle elezioni del giugno 1983, i radicali intesero battersi contro la legislazione di emergenza, che aveva costretto lo stesso Negri ad un carcere preventivo di quattro anni. La candidatura intendeva "sottrarre un imputato a vita al carcere preventivo a vita". Ma i radicali vennero per questo accusati (anche da Giorgio Bocca...) di essere "terroristi" e perfino "ingiusti" perché si occupavano del "prof. Negri" e non degli altri imputati, e ciò nonostante l'adesione entusiasta all'iniziativa di ben 516 detenuti di Rebibbia. Il partito "della fermezza", il PCI, il Parlamento giocarono in questa vicenda ruoli gravissimi. Ma essa resterà "nella storia", insieme alle sentenze sul "7 aprile": "Un piccolo pezzo di storia illuminata dalla presenza di quei 'terroristi' dei radicali".
(1994 - IL QUOTIDIANO RADICALE, 8 novembre 1993)
Il sentimento dominante, quel 7 aprile del 1979, quando una retata incarcerò Toni Negri e gli altri dirigenti o militanti di Autonomia, era la paura. Non la paura che può assalire al momento di una qualunque resa dei conti, giusta o ingiusta che sia. Ma quella, ben più fredda e pericolosa, dovuta alla consapevolezza che qualcosa si sta rompendo nelle regole ordinarie dello Stato di diritto. Toni Negri non è innocente, è un sovversivo. Forse un "cattivo maestro", come è ovvio per chiunque abbia una via maestra da indicare. Ma su di lui, sui suoi compagni, si gioca una partita politica le cui tracce perverse non si sono ancora perdute.
E' nata la prassi dei teoremi giudiziari: prima si cercano i colpevoli, poi si aggiustano i reati da imputare. Toni Negri viene accusato del delitto Moro sulla base di deduzioni logiche. E sulla stessa base di necessità "logiche" si apre la strada a processi liberticidi, legislazione emergenziale, carceri speciali. E' la distruzione della civiltà giuridica. "Il programma di libertà lo abbiamo nel cuore", dice Toni Negri nell'accettare la candidatura al parlamento che il Partito radicale gli offre.
Sono passati più di quattro anni dal 7 aprile 1979. Il processo è stato celebrato sui giornali e nelle TV, il parlamento emana a raffica leggi eccezionali con il significativo aiuto del PCI.
E del resto non era proprio nella federazione padovana di questo partito che era nata l'inchiesta del "7 aprile"? I radicali in grande solitudine si battono contro queste leggi liberticide, contro l'uso vergognoso dei pentiti, contro i tempi più dilatati (si arriva fino a 12 anni) della carcerazione preventiva, contro le procedure eccezionali, l'inversione dell'onere della prova, i mandati di cattura "a grappolo".
Candidare Toni Negri alle elezioni del 26 giugno 1983 è tutto questo. E' sottrarre un imputato a vita al carcere preventivo a vita. Non è una lotta in favore dell'innocenza, è una lotta per il diritto, per i diritti.
E' esattamente tutto questo che il cinismo del potere e dei suoi consociati più servili mette in conto al Partito radicale. Lo scontro pubblico di Marco Pannella con l'ottuso Giorgio Bocca sarà solo un assaggio di ben più consistenti piatti di portata. I radicali sono terroristi, si dice, come il terrorista Negri che porteranno in parlamento. E ancora: i radicali sono ingiusti: improvvisamente tutti si preoccupano per questi "poveri detenuti comuni" che non godono del privilegio concesso al professor Negri. La risposta migliore arriverà da 516 detenuti del carcere romano di Rebibbia, che scriveranno a Marco Pannella la loro gioia, il loro consenso a questa lotta di libertà intrapresa dal Partito radicale. Ma non basterà, questi sono particolari che "non fanno notizia". Il "partito della fermezza" è sempre ferocemente sicuro di sé, ben coadiuvato da fughe di notizie (false) e mirate indiscrezioni giornalistiche, sa sempre come trovare la sua doppia faccia. Così consentirà con compiacenza ai missini di gridar
e "assassino" e impedire l'ingresso in aula al neo-eletto. E il parlamento voterà con sospetta solerzia l'autorizzazione all'arresto di Toni Negri. E il PCI, il partito che aveva agito da sempre per eliminare anche attraverso la via giudiziaria i propri avversari politici, si ergerà a improbabile difensore della libertà. E accuserà i radicali, che avevano deciso in quel periodo l'astensione da qualunque voto, di irresponsabilità, per aver fatto mancare voti decisivi. La fuga definitiva di Negri in Francia chiuderà una porta. Ma l'evidenza del suo caso, quel pronunciamento del popolo sovrano che gli aveva dato con un voto quella libertà provvisoria che lo Stato gli negava, resteranno scritte nella storia, insieme alle sentenze sul "7 aprile" che vedranno sgretolarsi il teorema politico su cui il processo si fondava, insieme alla riduzione consistente dei termini di carcerazione preventiva, insieme alla chiusura delle sezioni speciali di Pianosa e dell'Asinara. Un piccolo pezzo di storia illuminata dalla prese
nza di quei "terroristi" dei radicali.