di Gianluigi MelegaDai radicali il "servizio pubblico" dell'informazione
SOMMARIO: Ripercorre le tappe dell'impegno radicale sul fronte dell'informazione; dalla prima "Agenzia radicale" a "Liberazione" a "Il partito nuovo", fino a "1994, il quotidiano radicale"; da "Radio radicale", che è un mezzo in continua evoluzione, fino ad "Agorà". Perché i radicali prestano tanta attenzione alla comunicazione? Per affermare "come valore 'politico' il fatto che è possibile, per chi è nonviolento e lo voglia, abolire la prima di tutte le barriere del dialogo: la differenza dei linguaggi". Sottolinea infine la funzione dell'Archivio sonoro di Radio radicale, che mette a disposizione una eccezionale "immagine del parlato politico e culturale italiano".
(1994 - IL QUOTIDIANO RADICALE, 11 novembre 1993)
La "Agenzia Radicale" fu il primo strumento giornalistico di tramite tra il partito, l'informazione e i cittadini. Fu anche il supporto delle testimonianze scritte della teoria e della prassi radicali che consentì agli iscritti e ai non iscritti di confrontare le proprie idee con quelle altrui, di collegarsi con quanti condividessero i singoli obiettivi, le innumerevoli battaglie radicali, di fornire un megafono a quanti, individui o associazioni, non trovassero altro modo per far sentire la propria voce.
Da quella testata storica sono germinati altri fogli, altri giornali, da "Liberazione" nel 1973 a "Il Partito Nuovo" del 1991: pubblicato in quindici lingue, fino a questo quotidiano con cui, ancora una volta, il Partito radicale si addossa un onere primario: portare a conoscenza del maggior numero possibile di cittadini le informazioni "negate" o sommerse, gli indirizzi, i numeri di telefono, i modi di esistere, le idee di minoranze pronte a unirsi ai radicali del 1994.
Il 1976 per il Partito Radicale come partito della comunicazione fu una svolta. Nasceva Radio Radicale, sul nocciolo iniziale di una stazione trasmittente romana; in poche settimane, con collegamenti di fortuna, allacciamenti improvvisati, ponti-radio rudimentali, i radicali riuscirono a mettere insieme una rete privata che copriva quasi tutto il territorio nazionale, da Palermo a Torino, con stazioni collegate a Bari, Napoli, Roma, Firenze, Bologna, Genova e Milano.
Su quella prima radio, nelle ultime ore della campagna per le elezioni politiche del 1976, Marco Pannella tenne un filo diretto di 60 ore consecutive, determinante per assicurare l'elezione in Parlamento, per una manciata di voti, dei primi quattro deputati radicali.
Il partito si era battuto contro il finanziamento pubblico dei partiti. Destinatario, per legge, della quota del finanziamento proporzionale al numero dei suoi parlamentari, decise di investire quel denaro in Radio Radicale, per farla divenire un grande servizio pubblico di informazione ai cittadini.
Nascevano così le trasmissioni in diretta dal Senato e dalla Camera, che diffondevano integralmente quanto i rappresentanti del popolo dicevano e facevano nelle aule parlamentari, per la prima volta offerti nella verità integrale dei loro comportamenti al giudizio dei cittadini. Vennero le trasmissioni dei congressi dei partiti, dal PCI al MSI (Radio Radicale è stata la prima emittente a trasmettere le assemblee della Lega); venne la lunga serie dei processi di valenza politica, dal primo contro la camorra organizzata di Raffaele Cutolo a quello contro il gruppo del 7 aprile, fino ai processi Moro e Tortora.
Alcune trasmissioni furono di enorme rilevanza: le dirette sull'ostruzionismo dei parlamentari radicali per il referendum sull'aborto o contro i decreti Cossiga sull'ordine pubblico; il confronto a distanza con le Brigate Rosse che portò alla liberazione del magistrato D'Urso, sequestrato dai brigatisti; "Radio Parolaccia", la trasmissione non-stop che documentò il sottofondo di violenza etnica (nord contro sud e viceversa), di distorsione sessuale, di pulsioni represse che albergavano tra gli italiani, forse già un sintomo della degenerazione politica che si sarebbe manifestata negli anni successivi.
Nel 1990, di fronte alla decisione di definitiva chiusura della Radio per mancanza di fondi, la maggioranza di tutti i gruppi parlamentari della Camera e del Senato votava l'assegnazione di 20 miliardi una tantum a Radio Radicale perché essa continuasse, in piena indipendenza, a svolgere il suo servizio "pubblico" di informazione.
Il provvedimento raccolse il più alto numero di consensi intergruppo tra tutte le proposte di legge parlamentari.
Con la decisione del congresso del partito del 1990 di trasformarsi in partito transnazionale, i radicali "inventano" uno strumento di comunicazione adatto ai tempi e alla natura del partito: la rete telematica Agorà.
Che significato politico ha, da sempre, questo impegno del Partito Radicale nella comunicazione, al punto da far sembrare quasi maniacale la profusione di danaro e di fatica destinata a questo scopo? Esso afferma, come valore "politico", che è possibile, per chi è nonviolento e lo voglia, abolire la prima di tutte le barriere nel dialogo: la differenza dei linguaggi. Chi parla e ascolta gli altri compie in quello stesso istante un atto concreto di rinuncia alla violenza. Oltre le differenze, i contrasti, gli scontri ideali, il "logos" diventa lo spazio ideale in cui arrivare a una composizione che li trascenda e li liberi dalle scorie dell'irrazionale. La comunicazione è la prima libertà politica.
Acquisizione senza eguali per il patrimonio storico nazionale è infine l'archivio sonoro di Radio Radicale: circa 150.000 nastri di registrazioni di lavori parlamentari, congressi di partito, manifestazioni di associazioni, processi pubblici, interventi di singoli cittadini a commento di avvenimenti politici, documentazioni di organismi internazionali, dalle Nazioni Unite al Parlamento Europeo, testimonianze in diretta di fatti storici, dal crollo del muro di Berlino a Sarajevo. Dal 1976, un'immagine del parlato politico e culturale italiano, unica ed eccezionale.