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Il quotidiano radicale - 22 novembre 1993
Dove nasce Tangentopoli
Sinistra e capitalismo di Stato. La campagna di denuncia dei radicali sul ruolo dell'Eni

SOMMARIO: Si riportano stralci: a) di capitoli del "Libro bianco" del 1967, b) del quotidiano "Liberazione" del 1973 [vedansi in Agorà i testi nella loro interezza, NdR], c) della deposizione resa da Eugenio Cefis nel 1993 al procuratore della repubblica di Milano, in cui vengono denunciati fenomeni che sono all'origine di "Tangentopoli". In particolare, si focalizzano episodi relativi alla campagna radicale sull'ENI del 1964; alle responsabilità di Eugenio Cefis nella corruzione della vita politica italiana e all'atteggiamento dei partiti di sinistra dinanzi a quella campagna radicale; ai comportamenti della "giustizia romana", divenuta "covo di crimini, se non di criminali", con l'analisi delle responsabilità di vari magistrati, ecc. Nella sua deposizione, Cefis illustra fatti e circostanze che riguardano le sue responsabilità nel finanziamento illecito di partiti e correnti.

(1994 - IL QUOTIDIANO RADICALE, 22 novembre 1993)

Nel 1964 il Partito radicale inizia una campagna di denuncia del ruolo dell'Eni come centro di potere e di corruzione nei confronti dello Stato, dei partiti e della stampa, anche quella di sinistra. Le forze politiche, anche di sinistra, boicottano questa iniziativa in nome della contrapposizione fra capitalismo "buono", quello di Stato, e capitalismo "cattivo", quello privato. Si sosteneva infatti che il trasferimento di importanti settori dell'economia dalla mano privata a quella pubblica costituisse comunque un fatto di progresso. Inizia da quel momento l'isolamento del Pr dai vertici della sinistra. Grazie alla campagna politica e giornalistica di "Agenzia radicale", dalla procura generale viene aperta un'inchiesta sull'operato dell'Eni e in particolare di Eugenio Cefis. Ma il vertice della magistratura, gli Spagnuolo, i Vitalone, gli Jannuzzi, bloccano ed affossano l'inchiesta. Trent'anni dopo, i fatti denunciati dal Pr trovano conferma piena nelle dichiarazioni rese davanti ai giudici milanesi, nell'ap

rile '93, da Eugenio Cefis, presidente dell'Eni negli anni '60.

Riportiamo in queste pagine stralci sull'Eni tratti dal Libro Bianco diffuso dal Pr nel 1967, le denunce della magistratura romana definita come un "covo di crimini" pubblicate a più riprese sul quotidiano radicale "Liberazione" e uno stralcio delle deposizioni di Eugenio Cefis.

La sinistra complice del regime

(dal Libro Bianco del Pr, ottobre 1967)

Nel maggio 1964, il capitano dei carabinieri Varisco, su mandato della Procura Generale della Repubblica di Roma (retta in quel periodo dal Procuratore Giannantonio), comunicò ai massimi dirigenti dell'ENI, - senza troppi complimenti e senza preavvisi ufficiali - la convocazione da parte dei sostituti procuratori Saviotti e Bruno. Da Eugenio Cefis a Girotti, da Bartolotta a Niutta a molti personaggi dell'apparato amministrativo dell'AGIP e delle relazioni pubbliche dell'ENI, l'intero stato maggiore del più "potente e prepotente Ente di Stato" (più moderno e efficace dell'altra bestia nera di Ernesto Rossi, il feudo di Bonomi) dovette rispondere alle domande che i due magistrati rivolgevano loro (...) Sorprendentemente, l'opinione pubblica non s'accorse nemmeno degli eccezionali movimenti a Palazzo di Giustizia; di un avvenimento che provocava vorticosi giri di consultazioni e ricatti nelle altissime sfere della politica, della giustizia, dell'economia pubblica, non si seppe nulla.

Cos'era accaduto?

Nel dicembre 1963 il Partito radicale aveva informato le direzioni degli altri partiti di sinistra di avere raccolto elementi e documenti di estrema gravità nei confronti della politica dell'Ente di Stato (...) Le risposte erano state illuminanti quanto incredibili. Da una parte una sorta di monito, con rifiuto di giustificazione, a non inoltrarci in questa iniziativa, pena la rottura di ogni collaborazione. Da un'altra, il lamento che si sarebbe così fatto il "gioco della destra". Da un'altra ancora l'invito ad andare avanti, ma senza contare minimamente, nella fase iniziale, su qualsiasi appoggio o consenso pubblico. (...) Cercammo di convincere i compagni delle direzioni dei Partiti della necessità di considerare con noi l'opportunità di una azione comune. (...) Avevamo insistito ed insistiamo sui seguenti punti:

la Sinistra rischia di trovarsi coinvolta nella difesa di una forma di capitalismo di Stato, con fortissime venature corporativistiche che, praticamente, è un anello essenziale della costruzione tecnocratica, neocapitalistica, tendenzialmente autoritaria. Questo capitalismo di Stato, gli Enti in cui si incarna, sono puntuali protagonisti, dinanzi all'opinione pubblica, di scandali e di corruzioni: da potenziale e oggettiva vittima la Sinistra, con il movimento democratico ed operaio, rischia di comparire invece come fautrice di forme di gestione dello Stato che "oggi, qui, in Italia", sono invece strumenti di regime. (...)

Ecco, in sunto, alcuni dei fatti che denunciammo, mai smentiti, anzi spesso confermati dagli stessi interessati:

1) l'AGIP aveva versato, in breve tempo, circa mezzo miliardo al settimanale di estrema destra "Lo Specchio", lo stesso che, lo si ricorderà, costituì un elemento essenziale della campagna contro Ippolito, e contro gli Enti di Stato (tranne l'ENI, naturalmente);

2) l'ENI aveva in pochissimi anni, solo attraverso l'AGIP, con operazioni contabili che avevamo individuato e che potevano e possiamo documentare, distorto dai suoi fini istituzionali, distribuito circa 20 miliardi per soffocare ogni libertà di stampa, indipendentemente dai potenti mezzi di pressione che gli derivavano dalla normale pubblicità commerciale; (...)

Sulla stampa non un solo rigo. Dall'estrema destra all'estrema sinistra, non una sola "fuga". Fu allora, in particolare come razione all'intollerabile comportamento nei confronti delle lotte sindacali in corso, che i radicali appoggiavano anche con picchettaggi, distribuzione di materiale, diffusione di notizie, che fornimmo un primo elenco delle sovvenzioni politiche destinate a provocare questi silenzi: ci limitammo ad un solo anno, ed alle sole voci iscritte nei "bilanci riservati" AGIP come "collaborazioni redazionali", che nulla avevano a che vedere con la normale pubblicità commerciale: la "Voce Repubblicana" era presente con circa 130 milioni, "Il Paese" per una somma molto maggiore e, per somme minori variabili, "Il Tempo" e "La Civiltà Cattolica", "Il Mondo" e tutto l'arco, insomma, della politica italiana.

I petrolieri hanno fatto scuola

(Liberazione, 12 ottobre 1973)

IRI, ENI, Montedison, Rovelli, Pesenti, Federconsorzi, lobby dei petrolieri: sono queste le corporazioni che dettano legge al governo, alle forze politiche, al parlamento. (...) Ciò che è inammissibile è il meccanismo di ricatto e di pressione che viene attuato sistematicamente nei confronti del governo, che il governo si limita a subire e di cui fanno le spese le piccole e medie industrie che hanno bisogno dei rifornimenti e, di riflesso, i consumatori. Ciò che è inammissibile è il gioco degli accaparramenti, delle speculazioni al rialzo, della borsa nera. IRI ed ENI appartengono allo Stato, Montedison e Rovelli sono due »privati che vivono ormai grazie al capitalismo di Stato, Pesenti prospera in una situazione di protezione di Stato, ai petrolieri lo Stato ha concesso di trasformare l'Italia nella »raffineria d'Europa , la Federconsorzi ha una rendita di regime sulla distribuzione monopolistica dei prodotti per l'agricoltura.

Giustizia romana:

un covo di crimini

(Liberazione,7dicembre '73)

"La giustizia romana è divenuta un covo di crimini, se non di criminali.

E' un fatto: la cronaca lo conferma quotidianamente. Un covo di crimini, che si proseguono ininterrotti da anni, regolarmente impuniti. (...) In una Repubblica fondata sul peculato, sulla prevaricazione, sulla difesa del privilegio, sul potere e sulle lotte delle corporazioni pubbliche e private (che o »dettano , letteralmente, le leggi o le colpiscono a morte eludendole e squalificandole), sull'alleanza organica fra Dc e mafia, con i racket assistenziali e finanziari, le leggi sono eluse. Sono necessari o magistrati corrotti da ricattare, o magistrati »politici che corrompano l'amministrazione »leale della giustizia, sia pure borghese, per usarla piegandola direttamente alle proprie ed altrui esigenze di potere. (...) Alla vigilia d'una probabile incriminazione da parte del Procuratore Generale di Roma, Giannantonio, Eugenio Cefis decise all'improvviso di trasferire, nottetempo, mobili e documenti di nove piani di uffici Eni e Agip da Roma a Milano. Mentre il sostituto Saviotti svolgeva l'indagine roman

a, al Palazzaccio già si parlò di radiospie per sorvegliare l'inchiesta e gli interrogatori. Cefis, guardacaso, usava in quel periodo contemporaneamente, come collaboratori, Allavena e Rocca (SIFAR) e Tom Ponzi! Si disse allora che Milano dava garanzie di maggior serenità rispetto alla Roma del procuratore generale dell'epoca, Giannantonio.

Una marea di merda

("Liberazione", 17 gennaio 1974)

Spagnuolo smentisce, »Il Mondo e Caprara confermano. Il magistrato che assisteva all'intervista era Romolo Pietroni - estromesso dalla Commissione Antimafia in relazione al caso Jalongo, Coppola, bobine manipolate - braccio destro, ora, del Procuratore Generale. L'Ente Pubblico accusato da Spagnuolo di spiare, grazie al marchingegno messo nel divano dell'ufficio del giudice Squillante, l'istruttoria a carico dell'Edison e di Valerio, è l'ENI. (...) Non è »Lotta Continua o »Il Manifesto non siamo noi, questa volta, a dichiarare che corpi interi dello Stato usano deliberatamente e coscientemente la violenza dei ricatti, politici e no, della corruzione: è Carmelo Spagnuolo, uno degli uomini più potenti e pericolosi del regime. Non siamo più solo noi radicali, soli da un decennio per questo settore, a indicare nell'Eni un centro di potere politico e di ricatto: solo che Spagnuolo lo fa da quando Cefis è altrove. Ma che fa, il Procuratore generale, oltre che raccontarlo a Massimo Caprara, e poi smentirlo?

Cefis: come finanziavo i partiti

Eugenio Cefis, presidente dell'ENI negli anni '60, descrive in modo dettagliato i meccanismi di finanziamento dei partiti nel corso dell'interrogatorio reso il 22 aprile 1993, a Milano, davanti al sostituto procuratore della Repubblica Pier Luigi Maria Dell'Osso.

1. I cinque partiti di governo (Dc, Psi, Psdi, Pri, Pli) venivano finanziati regolarmente attraverso l'ITALCASSE (Arcaini) mediante l'operazione di emissioni di obbligazioni ENI. Lo scarto sul valore facciale dei titolo veniva destinato ai partiti.

La distribuzione non era necessariamente proporzionale al peso elettorale: »Ricordo che, ad esempio, si sottolineava che i repubblicani, sovente, riuscivano ad ottenere versamenti di entità superiore a quella che sarebbe stata strettamente proporzionale alla loro rappresentanza parlamentare. Ad occuparsi di tutto era, peraltro, direttamente Arcaini, che costituiva il referente specifico e anzi l'incaricato all'uopo dei partiti politici di governo .

2. Fondi per la pubblicità sulla stampa di partito. Venivano finanziati anche i partiti di opposizione attraverso la pubblicità sui loro giornali. Cita due giornali che ricevevano questa forma di finanziamento: "Il Borghese" e "Paese Sera".

»L'esigenza di versamenti anche a favore di partiti d'opposizione nasceva dal fatto che talvolta avevamo bisogno che determinati provvedimenti di particolare importanza riguardanti l'ENI in sede legislativa non incontrassero forti opposizioni; inoltre qualche partito, come quello comunista, all'opposizione in sede nazionale, era al governo in sede regionale o provinciale in zone dove noi avevamo insediamenti industriali ed interessi importanti .

Cefis racconta poi la vicenda del gas siberiano, gli incontri con Kossighin e l'aiuto determinante del Pci (Luigi Longo, Giorgio Amendola, Giancarlo Pajetta).

»...le trattative ripresero con vigore: quando io andavo a Mosca per portarle avanti, Pajetta mi precedeva di qualche giorno per preparare il terreno .

Suslov chiese l'erogazione di una certa somma per il successo dell'operazione. »Peraltro un ruolo importante nella conclusione della trattativa ebbe l'ambasciatore Rijov: i contatti fra me e lui erano tenuti da Amerigo Terenzi, responsabile all'epoca di tutta la stampa comunista italiana . (...)

»Vi fu un mercanteggiamento fra me e Terenzi, il quale mi diceva che provvedeva a riferire a Rijov e mi riportava le relative richieste: alla fine si concordò il versamento di oltre 12 milioni di dollari a titolo di contributo da parte del gruppo ENI per il buon esito delle trattative . (...)

»Fu Terenzi a comunicare a me o a Fornara, non ricordo bene, i dati del conto svizzero sul quale effettuare i versamenti . (...)

»Ricordo che il conto faceva capo ad una anstalt del Liechtenstein denominata "RODETTA" . (...)

 
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