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Il quotidiano radicale - 23 novembre 1993
Uninominale per governare
Anche in Italia un sistema istituzionale di stampo europeo

SOMMARIO: Si discute molto in che misura il proporzionalismo abbia favorito in Germania la caduta della Repubblica di Weimar e l'avvento del nazismo. Ma è certo che la Francia della IV Repubblica stava "affogando" nel proporzionalismo quando De Gaulle introdusse a forza una carica di presidenzialismo che operò profondi cambiamenti. In Italia la crisi è figlia del proporzionalismo. Per decenni, isolati, i radicali hanno cercato di "rompere" questo "modello". Non solo per il richiamo storico all'esperienza anglosassone, ma per la necessità, in una società moderna, di avere strutture capaci di consentire "rapide scelte e di garantire altrettanbto efficaci controlli".

(1994 - IL QUOTIDIANO RADICALE, 23 novembre 1993)

Si discute molto in che misura il parlamentarismo proporzionalistico favorì in Germania la caduta della Repubblica di Weimar e l'avvento del nazismo negli anni Trenta, analogamente a quel che un decennio prima era accaduto in Italia con il fascismo. Ma certo è che la Francia della IV Repubblica stava progressivamente affogando negli anni Cinquanta fino a quando, con la crisi d'Algeria, la V Repubblica, con il presidenzialismo e l'abolizione della proporzionale, indicò un modello di democrazia che, certo, non era quello britannico a prova di crisi, ma faceva uscire il paese dalle secche.

Se l'Italia è oggi in ginocchio lo deve al regime partitocratico. E se la partitocrazia ha potuto dominare e consolidarsi per quarant'anni fino alla sua ultima espressione, Tangentopoli, lo deve al proporzionalismo che ne è stata la struttura originaria ed il meccanismo di perpetuazione per quasi mezzo secolo. Il compromesso costituente che fu stretto alla prima Assemblea elettiva dal 1946 al 1948, ad opera soprattutto della Democrazia Cristiana e del Partito Comunista, aveva come presupposto che nessun partito dovesse essere abbastanza forte da governare senza impedimenti e che nessun partito dovesse esercitare l'opposizione senza poter mettere bocca anche negli affari del governo.

Cominciava così il dominio della consociazione. Il suo complemento stava nel fatto che i rappresentanti del popolo in Parlamento non dovessero rispondere direttamente ai loro elettori, bensì ai partiti che li avevano eletti. Il proporzionalismo sulla base delle liste di partito era la "Magna Charta" del regime; i partiti i nuovi prìncipi; il Parlamento solo il luogo di registrazione di decisione assunte altrove ed il tavolo del negoziato continuo; il Governo non doveva essere sufficientemente forte ed autonomo da poter fare a meno dei condizionamenti; e i parlamentari dovevano rendere omaggio ai loro mandatari, i partiti.

Per decenni la battaglia radicale, dapprima isolata e poi con sempre maggior ascolto tra i cittadini, si è indirizzata a rompere questo "modello" italico: parlamentarismo onnivoro, proporzionalismo generalizzato, e consociativismo pervasivo. L'indicazione del sistema elettorale anglosassone - uninominale maggioritario - come il più adeguato a ricostruire una democrazia fondata sul rapporto diretto tra elettori ed eletti, con la distinzione tra maggioranza ed opposizione e tendenzialmente pochissimi partiti portatori di grandi opzioni politiche, è stata l'idea forza del Partito radicale per l'Italia come per le nascenti democrazie esteuropee.

Non è solo l'esperienza di paesi come gli Stati Uniti e l'Inghilterra che, pur con meccanismi istituzionali profondamente diversi, sono entrambi riconducibili a tale modello, a indicare un tale orizzonte come l'unico valido per il futuro della democrazia, ma anche la necessità di compiere rapide scelte e di garantire altrettanto efficaci controlli nelle moderne società, economicamente, socialmente e civilmente sviluppate.

 
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