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Berti Marco, Pannella Marco - 24 novembre 1993
Pannella: adesso Scalfaro non deve cedere agli ultimatum della piazza
di M. Be.

SOMMARIO: »Il leader radicale commenta i risultati del voto. "Finalmente liquidata la vecchia classe dirigente"..."Sono convinto che molti giovani che hanno votato Fini al ballottaggio sceglieranno Rutelli. Solo con il vero sistema anglosassone chiuderanno tutte le vecchie botteghe, inclusi Pds, Msi e Lega"

Marco Pannella è chiaro. Annuncia che al ballottaggio del 5 dicembre si schiererà con quei candidati che dichiareranno di appoggiare i suoi referendum, per i quali in questi giorni è in corso la raccolta di firme.

(IL MESSAGGERO, 24 novembre 1993)

D.

Onorevole Pannella, appoggerà anche Fini se farà suoi i referendum?

R.

"Il Msi ha storicamente rappresentato, lo sappiano i giovani e lo ricordino gli anziani, una forza ascara e di zuavi pontifici in tutti i referendum per i diritti civili, oltre che partitocratica. Come quando fu contro la nostra proposta di abolizione del finanziamento pubblico dei partiti, assieme a tutti gli altri. Fu contro di noi sul divorzio, sull'aborto, sul diritto all'obiezione di coscienza, via via fino a quest'anno, quando Leoluca Orlando e il tandem Gara - Fini difesero il sistema partitocratico proporzionale nel referendum per l'uninominale che stravincemmo con l'83 per cento. E sul referendum sulla droga, dove il proibizionismo sfrenato di Fini gli fece difendere la legge Craxi - Jervolino. Allora mi sembra poco probabile che, d'un tratto, il Msi da proporzionalista e difensore di un sistema elettorale partitocratico passi a sostenere i tre referendum per andare a votare all'americana nei Comuni, per la Camera e per il Senato. Così un partito statalista e centralista mi sembra difficile che sost

enga i nostri referendum liberali e liberisti, mentre basa la sua campagna elettorale sulla difesa di ordini e corporazioni. Se passerà quindi a sottoscrivere i nostri referendum, contro tutta la sua storia (con l'eccezione della legge Reale, nel 1977), sarà una notizia clamorosa e tutti gli elettori se ne accorgeranno. E decideranno se sia in proposito più credibile Fini o Francesco Rutelli che la maggior parte di quei referendum ha organizzato, anche come segretario del Partito radicale, e sostenuto a suon d'onestà, di povertà, di nonviolenza e di... digiuni".

D.

Come giudica allora il voto dei romani, divisi fra Rutelli e il segretario del Msi?

R.

"E' stata finalmente liquidata in buona parte una classe dirigente contro la quale ho lottato per 40 anni, e che i romani hanno ultravotato per altrettanto tempo, anche se sbuffano quando glielo ricordo, e quasi quasi vorrebbero insegnarmi come si fa a essere democratico e non partitocratico. Un po' più di umiltà e di serietà non guasterebbe. I romani dovrebbero, ora, fare ammenda davvero per il bene loro e del Paese, anziché far peggio di prima: passando cioè a votare per una forza politica che essi hanno condannato e sconfessato per quarant'anni in tutti i principali referendum, nei quali oltre la metà degli elettori missini (il 65 per cento ad aprile di quest'anno) mi hanno fatto l'onore di sostenere con il loro voto referendario le nostre posizioni e quelle di Rutelli, e non quelle del loro partito e di Fini".

D.

Pensa dunque che il voto del 5 dicembre ridimensionerà il successo di Fini?

R.

"Molti di coloro che hanno votato per protesta e per rabbia Gianfranco Fini, soprattutto i giovani, riflettendo e conoscendo la storia, cioè la natura, di ciascuno dei due candidati, voteranno Rutelli. O cadremmo dalla padella nella brace. Io mi ritengo personalmente amico di Fini, e credo di averlo dimostrato quando era difficile il farlo. Ma politicamente e intellettualmente sarei disonesto a non dirlo con nettezza. Non siamo d'altra parte in molti poterlo fare".

D.

Comunque vada, sta verificandosi quello che lei predica da tempo, la nascita di due poli, come nel sistema anglosassone.

R.

"Da quarant'anni predico contro il "bipolarismo", che abbiamo sempre avuto, e che ora si vuol rendere sempre più "perfetto" (Dio ce né guardi!), a favore del bi o tripartitismo all'anglosassone, all'americana. E' possibile che io debba tirare le cuoia prima di farmi capire da questo mio Paese? La gente, in particolare gli elettori missini, sono d'accordo con me, quando ci parlo, sul sistema "americano", non bipolare, ma bipartitico, una persona contro l'altra, chi vince prende tutto, chi perde controlla tutto, se vuole, o se ne va a casa. Poi votano in direzione opposta. Perché li rincoglioniscono, essendo stati in questi anni quasi tutti dal Pds alla Dc, appunto "bipolari". Il che significa far crescere il numero dei partiti e delle liste, come gli elettori, fuoribondi, hanno ben potuto constatare in queste elezioni, con le loro schede, e con migliaia di candidati sicché, ad esempio, quasi nessuno si era accorto che io ero candidato e in questi giorni, unendo al danno la beffa, mi rimproverano di... non ess

ermi candidato!"

D.

Crede che la quota proporzionale prevista per le "politiche" farà risorgere i vecchi partiti?

R.

"Andremo a votare con un sistema che fa ancor più vergogna e rabbia, e rischia di darci il più sgangherato dei Parlamenti degli ultimi quarant'anni. Per questo, per salvare il salvabile, proponiamo i referendum per passare appena possibile fra una settantina di settimane, nella primavera del 1995, se il Parlamento nuovo non avrà saputo o potuto intervenire, a votare il passaggio al sistema americano, anglosassone. E se per una volta i romani, e gli italiani, ci ascoltassero a tempo?"

D.

In un sistema elettorale veramente anglosassone che ruolo avrà il suo Partito democratico?

R.

"Con quel sistema tutte, ripeto tutte, le attuali botteghe, vecchie e nuove, dovranno chiudere: Pds, Msi, Lega inclusi. O scomparirebbero. E se ne aprirebbero due o tre del tutto nuove: ed è quello che i "bipolaristi" e tutti gli altri, "doppioturnisti" inclusi, non vogliono, e che noi vogliamo".

D.

Secondo lei, visti i risultati del 21 novembre, cosa dovrebbe fare Scalfaro?

R.

"Non accettare ultimatum, in primo luogo. E se gli ordinano di sciogliere le Camere, pena la rivoluzione, la secessione, la violenza, la piazza, la guerra, entro il 1· gennaio, di farlo il 1· febbraio. Può, anche, cambiare il Governo. Magari pur sempre con Ciampi, ma capace di governare con il massimo di decisione e di coraggio, pur nei limiti costituzionali che gli sono posti, la crisi economica, politica e istituzionale che la prospettiva di un Parlamento di sfascisti di destra e di sinistra, di demagoghi e di settari, di post-comunisti, di post-fascisti, di post-consociativisti, e di neo-autoritari giacobini tanto quanto impotenti, sta per far scoppiare nei giorni e nelle settimane prossime, grazie ad immancabili speculazioni predatorie internazionali e nazionali".

 
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