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Il quotidiano radicale, Fanello Marcucci Gabriella - 8 dicembre 1993
I volti del transpartito: Gabriella Fanello Marcucci
L'intuizione transnazionale è vincente per i cittadini e per gli Stati

SOMMARIO: "Democristiana anomala", dopo aver costituito e diretto l'archivio storico della DC, nel 1992 si candida nella Lista Pannella e si iscrive al Partito Transnazionale. Si era infatti accorta che la sua presenza come responsabile del settore era "un po' il fiore all'occhiello di malversazioni politiche". Nel 1992 aveva inviato a Forlani uno studio sui collegi elettorali al Senato. Lo studio venne ignorato e si scatenò "ciò che sappiamo" sulle candidature. Si ritrova nel partito radicale perché tante delle sue battaglie la vedono "consenziente". E' "affascinata" dal progetto transnazionale, "intuizione vincente".

(1994 - IL QUOTIDIANO RADICALE - 8 dicembre 1993)

"Molti amici mi avevano ripetuto, nel corso degli anni, 'Tanto tu finirai nel Partito radicale': e così è stato, in coerenza con le cose che ho sempre affermato e scritto". A parlare è Gabriella Fanello Marcucci, storica, studiosa del movimento cattolico e della Democrazia Cristiana, ideatrice e responsabile - fino al 1992 - dell'archivio storico della Dc. Si definisce una democristiana anomala: lo testimoniano la sua vita dentro la Dc e la sua fuoriuscita. A Piazza del Gesù Gabriella Fanello Marcucci ha sbattuto la porta due volte. La prima nel 1988: un allontanamento durato sino all'anno successivo, quando l'allora segretario del partito Arnaldo Forlani le affida (tra mille polemiche interne) l'incarico di costituire e dirigere l'archivio storico della Dc. All'inizio del 1992, quindi, la rottura definitiva con lo Scudocrociato, la decisione di candidarsi alle politiche del 1992 nella Lista Pannella, l'iscrizione al Partito Radicale Transnazionale.

"Quando nel 1989 sono rientrata nella Dc - racconta la Fanello Marcucci - lo avevo fatto a una precisa condizione: di occuparmi dell'archivio storico del partito. Sono bastati due anni, però , per accorgermi che il mio disagio nella Dc non era più sostenibile. Mi sono resa conto che la mia presenza come responsabile dell'archivio storico stava diventando un po' il fiore all'occhiello di malversazioni politiche. C'erano insomma cose che non condividevo assolutamente, che mi costringevano a fare continue precisazioni dicendo che non ero d'accordo sulla legge sulla droga, sulla politica sulla famiglia, sul finanziamento dei partiti."

Qual è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso?

E' stata la campagna interna alla Dc per le candidature alle politiche del 5 aprile 1992. Come responsabile dell'archivio storico, avevo inviato a Forlani nei primi mesi di quell'anno uno studio sui collegi elettorali del Senato. Non era casuale. Già da tempo stavo combattendo l'ennesima battaglia di minoranza per l'uninominale. Lo studio fu del tutto ignorato; parallelamente si stava verificando ciò che sappiamo sulle candidature. Mi decisi allora a fare il gesto clamoroso. A quel punto la scelta di una lista com'era quella Pannella, non una lista radicale ma promossa e fatta da radicali, è stata per me quasi una scelta obbligata. Non potevo uscire da un partito ed entrare in un altro con la sfiducia che ormai nutrivo nella capacità dei partiti di autoriformarsi. Con una decisione improvvisa, mi sono candidata nella Lista Pannella. Non mi sono iscritta in quel periodo al Partito radicale, l'ho fatto il 6 aprile, quando erano ancora in corso le operazioni di voto: il primo giorno utile perché la mia iscrizio

ne non disturbasse, in un certo senso, le elezioni.

Perché la scelta radicale?

Anzitutto perché tante delle battaglie mi vedevano consenziente: il finanziamento pubblico dei partiti, l'abolizione dell'Ordine dei Giornalisti, la contrarietà alla legge Reale, tutte le iniziative sulla giustizia e sulle carceri, l'antiproibizionismo. Cose sulle quali avevo scritto nel corso degli anni sui giornali Dc, da una posizione chiaramente di minoranza. Ad aiutarmi nella scelta è stata anche una cultura familiare antiproibizionista, libertaria, che mi ha fatto aderire spontaneamente a una determinata corrente culturale e politica.

E il progetto transnazionale e transpartitico?

Da quello sono rimasta subito affascinata. Le idee attraversano i partiti e anche le volontà politiche; il transnazionale è l'intuizione vincente che ogni problema non si può chiudere in una logica nazionale, ha dimensioni mondiali. Certo, il progetto transnazionale non può significare una fuga dalla realtà, dalle singole realtà nazionali, ma deve consentire ai radicali di affrontare, nel concreto di ogni paese, i problemi che accomunano la vita dei singoli cittadini e dei singoli Stati.

 
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