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Il quotidiano radicale - 8 dicembre 1993
L'altra faccia della fame

La sfida posta dall'epidemia al benessere e allo sviluppo dell'umanità è così immane che non può ridursi a mero fatto tecnico-sanitario; la risposta dovrà essere parte di una strategia globale, di una politica transnazionale a tutela dei diritti della persona.

SOMMARIO: L'AIDS si sviluppa tanto più quanto "maggiore è la disparità e la stratificazione" nella società. Perciò l'impatto di epidemia da HIVS nei paesi in via di sviluppo va inquadrato nell'ambito dei problemi socioeconomici di quei paesi: povertà, ecc. In tali condizioni, infatti si ha un terreno "fertile" per la diffusione dell'epidemia e delle sue conseguenze. La "sfida" posta dall'epidemia allo sviluppo dell'umanità richiede interventi "complementari, coordinati, sostenibili e transnazionali".

(1994 - IL QUOTIDIANO RADICALE - 8 dicembre 1993)

Quando si parla di AIDS il primo fattore che emerge è l'ineguaglianza nella distribuzione della ricchezza, del potere e dell'autonomia. Maggiore è la disparità e la stratificazione nella società, più velocemente e più lontano andrà il virus. In questo caso sia l'abbiente che il meno abbiente avranno maggiori probabilità d'infezione.

Il ricco, come il potente, non è stanziale, è meno vincolato alle norme della comunità e può permettersi lo stile di vita che vuole, la qual cosa spesso lo mette a rischio. D'altra parte l'indigente non è in condizione di operare scelte di vita, spesso è anche obbligato a lavorare lontano da casa e dalle famiglie; soprattutto in Africa la sua salute è a rischio e i suoi livelli nutrizionali insufficienti.

Per questo l'impatto dell'epidemia di HIV nei Paesi in Via di Sviluppo può essere capito solo se inquadrato nell'ambito dei gravi problemi economici e sociali esistenti in quei paesi: povertà, carestie, cure mediche e strutture sanitarie inadeguate, subalternità delle donne...

Questi fattori creano un terreno fertile per le conseguenze devastanti dell'epidemia. La dipendenza economica moltiplica il rischio di trasmissione del virus e la gente, soprattutto le donne, sono nell'impossibilità di proteggersi dall'infezione. Strutture di potere inique, l'assenza di protezione legale nonché standard sanitari e di alimentazione inadeguati, aggravano la diffusione del virus, accelerano i tempi del passaggio da sieropositività in AIDS conclamato, inaspriscono la condizione di coloro che sono affetti dall'epidemia.

Da questo ne deriva che non solo l'epidemia deve essere affrontata con l'ausilio di robusti programmi assistenziali, ma che bisogna sin d'ora tener conto che le sue conseguenze si rifletteranno sull'insieme delle iniziative di sviluppo che a loro volta dovranno essere riformulate (numerosi organismi internazionali hanno compiuto delle analisi molto precise sui danni economici dell'AIDS).

La frattura esistente tra il ritmo crescente della pandemia e la tardiva risposta nazionale e globale sta rapidamente e pericolosamente approfondendosi; la sfida posta dall'epidemia al benessere e allo sviluppo dell'umanità è così immensa che azioni complementari, coordinate, sostenibili e transnazionali sono essenziali e indilazionabili.

 
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